Libro
intervista a dodici vignaioli italiani del nostro ineguagliabile maestro del
marketing che trasforma in oro tutto quello che tocca. Farinetti ha un dono prezioso. Riesce a
intuito a riconoscere dove sta andando il mondo, cosa sta diventando di moda e,
sfruttando la debolezza e il vento del momento, ci costruisce sopra della
strepitose macchine da soldi. Da quando ha avvertito che il bisogno disperato
di ritorno al passato, alla natura, al new age, al
teobiolisticodinamicoecologico, sia diventato necessità insopprimibile in una
società sempre più tecnologica, ci si è buttato a pesce, ben comprendendo che
seguire un fiume in piena è molto più facile che andare controcorrente. Così ha
inventato Eataly, una macchina da soldi straordinaria che pur basandosi
moltissimo sulla fuffa (sapete bene come la penso sul bio e tutto il circo
fasullo che c’è intorno) ha il grandissimo merito di valorizzare uno dei
settori in cui il nostro paese è fortissimo e quasi senza rivali e sul quale
certamente si deve puntare, con probabilità di successo per crescere. Farinetti
ha ben compreso che in giro per il mondo, il nostro modo di vivere e di
mangiare è invidiato e non ha bisogno neppure di pubblicità o di lancio, perché
i futuri clienti sono già convinti a priori che i nostri prodotti siano tra i
migliori in assoluto, basta saperglieli presentare nel giusto modo e con una
corretta cornice.
Certo che, a mio modo di vedere, puntare tutto sul
biomionchioKmzerologico, presentandolo come il vero futuro dell’agricoltura per
sfamare il modo, invece di essere una ricerca di eccellenze produttive che
anche se contenitori di plus minimi, per le loro rarità e gradevolezza, trovano
sicuramente una fetta corposa di clientela di gastrofighetti disposta a
strapagarle, presenta il rischio che nel momento in cui passerà questa moda
insensata e basata sul falso, tutto si smonti, ma io penso che questo non
accadrà molto presto e che come si avvertirà un minimo cambiamento di vento, il
nostro salterà su di un altro cavallo. Le doti per capirlo le ha sicuramente.
Nel libro in questione, in cui si parla in toni estatici di vino, emerge bene
la sua impostazione di marketing: far pagare e bene a chi vuole permettersi
rarità e differenze qualitative pur minime, al di là dell’ottimo, per il
raggiungimento delle quali la crescita dei costi diventa esponenziale. D’altra parte ci sarà sempre chi vuole una
Ferrari e può permettersela. Dalle chiacchierate coi vignaioli, anche qui una
magnifica e perfetta marchetta pubblicitaria (ti verrebbe voglia di correre
subito a comprarli tutti, i vini descritti, avendone i dané naturalmente), traspare
bene quanto il nostro autore vuole mostrare di sé e del suo business. Quale sia
davvero la sua statura di uomo e non di mercante, molto discussa da qualcuno
che ha modo di averci a che fare direttamente, questo non è dato di saperlo e
forse non è neppure importante.
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