Ho passato qualche settimana a domandarmi come mai tanti opinionisti di storie e provenienze anche molto differenti fra di loro individuassero in “Open”, la biografia di Andrea Agassi, un libro da leggere quasi ad ogni costo.
Percepivo come una grossa mancanza l’assenza dello stesso negli scaffali della mia libreria dedicati allo sport, ma una tale unanimità mi inquietava leggermente. Poi, giusto un paio di giorni fa, mi é capitato tra le mani l’ultimo libro di Alessandro Baricco che raccoglie gli articoli di consigli letterari pubblicati da Repubblica. Salto la prefazione e… ZAC… Ecco che anche lo scrittore torinese mi implora di affrontare l’autobiografia di Agassi. Evidentemente era giunto il momento.
L’ho iniziato con quella vena di lieve prevenzione che da sempre mi caratterizza quando vengono sommate la parole “biografia” e “atleta”: considero la letteratura sportiva – o almeno quella di un certo livello – come una vera e propria arte, e le uniche biografie accettabili mi erano sembrate quelle dedicate a Grandi del passato. La relativa contemporaneità di uno scritto su un tennista moderno mi sembrava non poter ritentare nel novero. Il primo dubbio in realtà mi avrebbe dovuto assalire fin dalla copertina: un intenso scatto di Martin Schoeller, fotografo di meritatissima fama mondiale ottenuta con una interpretazione davvero personale dell’arte del ritratto. Il libro non tradisce il suo illustre accompagnamento iconografico: le notizie su tornei e partite leggendarie faranno la felicità degli appassionati, ma anche chi non abbia mai preso la racchetta in mano troverà ampia soddisfazione.
“Open” é prima di tutto la storia di un uomo e della lotta contro i suoi demoni: poco importa se essi siano rappresentati da una macchina spara palle o da una figura paterna eccessivamente militarista, o se si manifestino in una delle sue travagliate storie d’amore. Quella che emerge è una figura complessa, decisamente più ricca di sfumature di quanto il campo e la rete che lo divide abbiano potuto far sospettare: l’Agassi sbruffone, capelli al vento e mise rivoluzionarie, e l’Agassi più maturo capace di rimettersi in gioco acquistano così un significato – anche sportivo – del tutto nuovo.
Il racconto dell’ultima stagione diventa così una sorta di preludio consapevole alla nuova vita: il riscatto di un’esistenza che passa anche da uno splendido contrappasso, con l’Agassi adulto impegnato a creare una scuola da cui l’Agassi ragazzino sarebbe con ogni probabilità fuggito…
In definitiva un buon prodotto in cui si intravede la penna felice di J.R. Moehringer - un premio Pulitzer, per intendersi – che ha ben collaborato ad una scrittura che potrebbe essere fonte di ispirazione per i più giovani.