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Recensione-O.S. Pensa un numero, di Anders Bodelsen

Creato il 09 febbraio 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Pensa un numero, di Anders Bodelsen – ed. Iperborea – 2011.

Recensione-O.S. Pensa un numero, di Anders BodelsenTrama. Piccolo-borghesi si nasce. Criminali si diventa. Una fredda sera di dicembre, nei sobborghi di Copenaghen, Flemming Borck, prima di lasciare lo sportello della banca dove lavora da lunghi, monotoni anni e tornare alla sua grigia vita da scapolo senza speranze, scopre in maniera del tutto casuale il piano di un rapinatore che da giorni fa la posta al suo sportello travestito da Babbo Natale. E se fosse l’occasione della sua vita? Quando arriva il fatidico momento, il cassiere non si fa trovare impreparato e grazie a un geniale stratagemma s’intasca il grosso del bottino. Né la banca, né la polizia, né i colleghi sospettano di essere stati raggirati dall’inedito malvivente, ma purtroppo Sorgenfrey, lo squilibrato rapinatore, sì. Scatta così una serrata caccia ai ladri tra doppi giochi e tripli inseguimenti, in cui Flemming, pericolosamente affiancato dall’interessata femme fatale Alice, scopre di aver superato un rischioso confine, e di non poter più tornare indietro. Azione e humour in un giallo psicologico di atmosfere retrò che ha i solidi ingranaggi dei grandi classici del genere. [Quarta di copertina]

Scrittore. Anders Bodelsen, prolifico autore classe 1937, è considerato il maggiore rappresentante della corrente neorealista danese degli anni Sessanta. I suoi romanzi esplorano le ripercussioni sociali del materialismo, le contraddizioni della classe media, e spesso colgono persone comuni spinte a varcare i confini della moralità. [Quarta di copertina]

Osservazioni speciali di Patrizia.
Dicembre 1964. Borck era rimasto in banca per ultimo.” In queste battute iniziali è racchiuso il giallo di Anders Bodelsen, Pensa un numero.
Flemming Borck lavora come cassiere in una banca alla periferia di Copenaghen e alle soglie del Natale il caso decide di metterlo di fronte ad nuova vita. La carta copiativa di un coupon della banca, la scelta di scardinare la monotonia e le radici di una vita senza vizi nè virtù, la figura ossessiva di un Babbo Natale dietro cui si cela il malvivente Sorgenfrey, una fuga che si trasforma in una lotta senza esclusione di colpi, tutti contro tutti, non solo per proteggere il bottino di una rapina ma per salvare l’illusione che è possibile tornare indietro: questi gli elementi che si affiancano ai più classici stereotipi, non per questo noiosi, del romanzo giallo.
La sensazione crescente di Borck, sempre più intensa nello svolgersi della storia, di aver lasciato una porta aperta dietro di sè; una cassetta di sicurezza a nome Hjulmand (Julemand, Babbo Natale); una bottiglia di succo di ribes che contiene la chiave del destino; la richiesta ricorrente ”Pensa un numero“, rivolta a Borck dal suo avversario, il carceriere dei suoi pensieri; una scatola del pranzo azzurra che incarna la sua astuzia ma anche la sua ossessione; questi e molti altri sono gli ingredienti originali tra cui si dipana il romanzo di Bodelsen.
L’ingenuo ed anonimo colletto bianco si trasforma in uno scaltro ricercato e lo spietato malvivente nel suo più acerrimo inseguitore: tra loro un gioco di caccia al ladro in cui tra il principiante ed il veterano si instaura un rapporto quasi simbiotico (“Alzò gli occhi e vide nell’altro la paura: una palese e genuina paura. Incontrò il suo sguardo e per un istante ebbe la sensazione che tra loro si fosse creata una strana corrente: non erano più due cervelli, ma uno solo.“)
Essere un malvivente non è solo questione di azioni, ma anche una sottile linea psicologica, di confine, che separa la difesa dall’attacco, la corsa dalla fuga.
Flemming Borck pensa di prendersi gioco dell’astuto Sorgenfrey (che porta sempre occhiali da sole e cappello, “Era il ritratto vivente del più stereotipato rapinatore di banche che si potesse immaginare, pensò Borck.“), crede di gestire le fila della complicità criminale instaurata con la donna del mistero, Jette Merrild, ma la sua è solo una perversa convinzione in un gioco al massacro (psicologico) tra inseguito ed inseguitori, in cui i ruoli non sono definiti come Borck crede: “Poteva esserci benissimo un’altra persona nella catena, un altro falso fondo nella scatola, a rendere la faccenda ancora più intricata.
Un romanzo giallo in cui l’autore, servendosi del crimine, tesse pagine di intrecci psicologici e sviscera lo scambio di ruoli tra i personaggi.
Raccontato in terza persona, con un’attenzione quasi maniacale per i dettagli (non tanto quelli materiali quanto quelli relativi alla psicologia del dilinquere) attraverso i quali viene data un’immagine a tratti grottesca ed “irriverente” della figura del malfattore: a questo è dovuto il ricorso ad uno humour sottile e pungente che frena l’azione per conferirgli immediatamente nuovo vigore narrativo.
Se come me non amate sangue a fiumi e atmosfere disseminate di cadaveri, ma cercate quei gialli classici ed avvincenti, non cruenti e che non cedono alla brutalià, eccovi accontentati.

Anders Bodelsen
Pensa un numero
ed. Iperborea
Anno 2011, pagg. 192
ISBN 9788870914108

Dal romanzo…

“Nella sua mente guizzavano le immagini più svariate: la scatola azzurra del pranzo, la cassetta di sicurezza del signor Hjulmand, la chiave dello schedario di Miriam, e un qualcosa… ancora vago, ma luminoso, caldo… un cambiamento che per tutta l’infanzia gli era parso ovvio e a portata di mano, ma che poi si era allontanato sempre più…
Cambiamento. La parola aveva un suono magico mentre la ripeteva dentro di sé.” (p. 55)
“Il fatto che Borck non avesse la più pallida idea di quello che presto gli sarebbe successo lo divertiva. Lo divertiva sapere quello che nessun altro poteva sapere.” (p. 149)


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