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[Recensione] Outlast + Outlast: Whisteblower

Da Jark85 @LandOfRust

[Recensione] Outlast + Outlast: Whisteblower

La recensione si riferisce sia alla campagna “base” di Outlast sia a quella proposta dal DLC Whistleblower.

Non è più un mistero che il modello di riferimento dei moderni survival horror sia molto diverso rispetto al passato: molto meno cinematografico, narrativamente più scriptato e visivamente più immersivo. Tuttavia l’unico esempio eccellente di questo modello riguarda i lavori di Frictional Games (che proprio lei ha contribuito alla popolarità di questo modello), il resto sono esperimenti a basso costo che raramente si dimostrano veramente interessanti. L’eccezione è rappresentata da Red Barrels, un piccolo team di una decina di persone fondato da veterani dell’industria provenienti da case quali Ubisoft e Naughty Dog, che grazie ad Outlast conferma il fatto che questo modello, se ben studiato, può regalare esperienze mai noiose e sempre concitate.

Sia in Outlast che nel suo DLC (che rappresenta un prequel), interpreteremo uno sventurato protagonista ritrovatosi (per motivazioni essenzialmente giornalistiche) all’interno dell’ospedale psichiatrico Mount Massive, gestito da una potente organizzazione (la Murkoff Corporation)  che avrebbe svolto misteriosi esperimenti sui pazienti. Non c’è molto altro da aggiungere sulla trama di Outlast dato che si basa totalmente sulla ricerca di documenti e dossier sparsi all’interno del manicomio con colpi di scena che si contano sulla punta delle dita. Trama che comunque nel suo piccolo sa rendersi interessante quanto basta per spingerci a conoscere l’esito finale.

Il protagonista perciò si dimena tra stanze e corridoi ridotti in completo disordine, fatiscenza e soprattutto in oscurità quasi perenne. Un pregio vero del gioco riguarda proprio la gestione delle luci e delle ombre: grazie all’utilizzo di una videocamera capace di attivare una modalità infrarossi al fine di poter osservare le aree buie. Sarà proprio la videocamera a essere l’elemento fondamentale per la nostra sopravvivenza: senza di essa e senza la relativa raccolta delle pile disseminate nelle location, non ci sarà possibile terminare Outlast. La frenesia di cercare batterie e fare economia sull’utilizzo della modalità infrarossi (che è appunto quella che porta il consumo di batterie) si mescola ovviamente con l’ansia di trovarsi faccia a faccia con i folli pazienti che popolano il manicomio. Nel gioco non è possibile usare armi e perciò abbiamo a disposizione due opzioni: nasconderci da loro uscendo dal loro campo visivo oppure, e questa è forse la fase più divertente e più ansiogena, dare vita a una rocambolesca fuga spesso e volentieri condita da ostacoli e dove è necessario prestare attenzione al corretto percorso da seguire (ma il gioco in questo si dimostra essenzialmente molto lineare e difficilmente troverete grandi difficoltà). Come detto, queste fughe si dimostrano spesso molto spettacolari, avvincenti e appaganti grazie soprattutto a un gameplay che si dimostra ben sviluppato e sempre reattivo.

Sull’aspetto prettamente artistico, bisogna fare una netta distinzione tra Outlast e Whistleblower: il primo per lunghissimi tratti si dimostra poco ispirato e spesso infarcito di banali jumpscare che non vanno ad aggiungere niente di importante. Al termine di Outlast insomma potreste essere soddisfatti ma non così tanto (anche considerando il finale che non andremo a spoilerare). Discorso differente invece per il DLC: ambientazioni più varie, tensione perenne, senso di angoscia elevato e molto più malato. Un raro caso in cui il DLC (riduttivo chiamarlo anche così dato che è un contenuto davvero molto corposo) si dimostra migliore della campagna principale. Assolutamente indispensabile e non averlo è un delitto.

Grande lode anche per il comparto audio: anche se la colonna sonora si dimostra poco presente, Red Barrels ha implementato una cura per gli effetti acustici davvero pregevole. Da gustare tutto assolutamente con le cuffie in quanto senza non è possibile godere dei minimi dettagli che sanno comunque fare la differenza.

Cosa portebbe non andare in Outlast quindi? Sicuramente la trama poco originale e poco intrigante (ma non per questo noiosa) e il fatto che, per chi ovviamente non riuscisse ad apprezzarla, certe situazioni (come il fuggire o nascondersi dai nemici) tendono a ripetersi continuamente. Come già detto poi, nelle parti centrali della campagna principale si riscontra poco ispirata rispetto a Whistleblower. Problemi che potrebbero esserci come non esserci se si apprezza appieno invece la buona bontà tecnica.

Commento finale
Atroce, malato, disgustante e senza pietà. Red Barrels supera alla grande il battesimo di fuoco pubblicando un’opera avvincente e che sa tenere il giocatore sempre sulle spine. Probabilmente l’assenza di una trama veramente incisiva farà poco felici coloro che sono alla ricerca di esperienze narrative esaltanti ma, se considerando come un puro titolo di intrattenimento, per tutti gli altri c’è solo grande soddisfazione.


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