Pelo Malo, regia di Mariana Rondon. Con Samuel Lunge e Samantha Castillo.
Il film venezuelano che ha vinto al festival spagnolo di San Sebastian e si è preso altri due premi al Torino Film Festival (migliore sceneggiatura, migliore attrice). Una giovane madre vedova alle prese con il figlio di dieci anni ossessionato dal suo pelo malo, i suoi capelli ricci, che invece lui vorrebbe lisci e vaporosi. Un’ossessione narcisistica che è il segnale dell’incerta identità di Junior (così si chiama il ragazzino). La regista tocca un tema assai sensibile, ma poi come spaventata se ne ritrae. Ne esce un film oscillante e irrisolto. Voto tra il 5 e il 6
Un film venezuelano che approda finalmente nei nostro cinema (lo distribuisce Cine Club Internazionale) dopo la vittoria al festival di San Sebastian 2013 e un paio di premi al Torino Film Festival dell’anno scorso. Non una primizia, ma un film di rispetto sì. Pelo Malo – potremmo tradurre con Ricci ribelli – narra di una giovane madre vedova di Caracas di nome Marta (il marito è rimasto ammazzato in una qualche sparatoria) con due figli a carico, il grandicello Junior – a occhio sui dieci anni – e un altro poco più che neonato. Ma il nocciolo duro del film sta nella relazione burrascosa tra Marta e Junior. Il fatto è che lei non sopporta l’ossessione del figlio di volersi allisciare quei capelli ricci, quell’attenzione spasmodica a quel pelo malo, o forse non sopporta quello che tale ossessione rivela e porta a galla, ovvero il rifiuto del bambino della propria parte black ereditata dal padre. E, soprattutto, ad allarmarla è il narcisismo del ragazzino, il suo volersi rendere seducente come una femmina. È l’incerta identità sessuale, messa a nudo da quell’attenzione spasmodica ai capelli, a inquietare Marta, è l’estasiarsi di Junior di fronte a un ragazzo parecchio più grande di lui dagli occhi grandi e dalle ciglia lunghe. Come se già la povera donna non avesse abbastanza guai, visto che ha perso il lavoro e adesso non sa come mantenere i figli, tant’è che si prostituisce all’immondo capo per riacchiappare il suo posto di vigilante (che in Venezuale è professione diffusa e ben remunerata, anche se rischiosa, per via di interi pezzi di territorio in mano a bande criminali armate). La presenza più perturbante del film è però la nonna di Junior, la suocera di Marta, una signora black con l’aria di averne vissute e viste di ogni e adusa a ogni arte della sopravvivenza. Lei quel narcisismo femmineo di Junior lo asseconda, anziché ricacciarlo indietro, mettendosi in urto con la nuora. Proponendole poi uno scambio: Junior lo lasci a me, ci penso io a mantenerlo, tu occupati solo del figlio piccolo. Lo fa per amore del nipote? O perché vuole sfruttarne le propensioni?
Pelo Malo è brusco e duro al punto giusto, un film di quelli che guardano alle miserie senza paraocchi e senza contarsela su, e quei lividi falansteri già rovinati e rovinosi non si dimenticano. La pur brava regista Mariana Rondon disegna due piste narrative (almeno due), quella della madre single che si deve arrangiare a sopravvivere e quella della confusa identità sessuale di Junior, e purtroppo non sceglie ma le segue tutte e due, sovrapponendole e confondendole, e non riuscendo a percorrerne davvero fino in fondo nessuna. L’impressione è che la regista si sia trovata per le mani un tema assai sensibile come quello di un bambino effemminato, però poi se ne sia ritratta, ne abbia distolto gli occhi. Forse temendo di essersi spinta troppo in là a un certo punto fa dietrofront, e fa gridare a Junior “io mi sento un maschio, non una femmina!” (è quando rifiuta l’abito da spettacolo che la nonna gli ha confezionato, giudicandolo troppo femminile). Si osa, poi però si arretra. E allora, scusate, di che parla Pelo Malo? Cosa vuole dirci Mariana Rondon?
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Recensione: PELO MALO. A Caracas, una madre e la confusa identità di genere del figlio
Creato il 02 novembre 2014 da LuigilocatelliPossono interessarti anche questi articoli :
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