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Titolo: Per una volta nella vita Autrice: Raibow Rowell Editore: Piemme “Open” Numero di pagine: 350 Prezzo: € 15,00 Sinossi: La loro storia inizia così, una mattina, sul bus che li porta a scuola. Park è immerso nella lettura dei suoi fumetti e perso tra le note degli Smiths, quando Eleanor si siede accanto a lui. Nessun altro le ha fatto posto, perché lei è nuova e parecchio strana, con quel cespuglio di capelli rossi e quell'abbigliamento improbabile. Il loro amore nasce dai silenzi, dagli sguardi lanciati appena l'altro è distratto. E li coglie alla sprovvista, perché nessuno dei due è abituato a essere il centro della vita di qualcuno. Tra insicurezze e paure, Eleanor e Park si scambiano il regalo più grande: amare quello che l'altro odia di sé, perché è esattamente ciò che lo rende speciale. Sarà la loro forza, perché, anche se Eleanor non sopporta quegli sfigati di Romeo e Giulietta, anche il suo legame deve fare i conti con un bel po' di ostacoli, primo fra tutti la famiglia di lei, dove il patrigno tiranneggia incontrastato. Riusciranno i due ragazzi, per una volta nella vita, ad avere ciò che desiderano? La recensione “Aveva il classico sorriso da pubblicità di dentifricio, con tutti i denti in mostra. 'Dovrebbe sorridere così tutto il tempo' pensò Park. Da strana che era, la sua faccia diventava uno splendore con quel sorriso. Fosse stato per lui, l'avrebbe fatta sorridere così per sempre.” Capita di innamorarsi di un libro al primo tocco. Capita di innamorarsi di una persona al primo sguardo. Non è stato così tra me e Per una volta nella vita, non è stato così tra Eleanor e Park. I colpi di fulmine sono un lusso per pochi eletti e noi tre, figli di un Dio minore, - io di carne e ossa, loro di carta e non solo - non eravamo evidentemente tra i fortunati. Forse perché tutti noi ci siamo sentiti, a volte o sempre, strani, incompleti, fuori posto: persone a metà. Io, ragazzo un po' di carta, come in una versione al maschile del dolce libro di Guillaume Musso; loro, adolescenti con cuori veri che pompavano sangue rosso, vivo. Non d'inchiostro. Sangue pazzo all'interno di vene, braccia, arterie e organi disegnati a penna da un'autrice con un dono portentoso: dare vita a chi non ne ha una.
Non parlo di magia nera, ovviamente; solo di purissimo e lampante talento. Ho scoperto questo romanzo per caso, quando mancava pochissimo alla sua pubblicazione. I lettori americani lo lodavano, quelli italiani lo bramavano come il pane in una carestia senza inizio e senza fine, io tardi l'avevo scoperto e tardi avermo cominciato a nutrire il desiderio forte di averlo tutto per me. Sembravano conoscerlo tutti tranne il sottoscritto, che eppure ero uno dei pochi ad averlo intercettato tra tante, invitanti e irrestistibili nuove uscite. Eleanor & Park lì... Eleanor & Park qui... E poi c'ero io, fuori dal mondo, fuori posto come il cavolo a merenda, che non sapevo bene dove collocarlo. Devo ringraziare Dio, la mia naturale ritrosia verso Goodreads e quella santissima pigrizia che, solo in casi assai rari, mi porta a studiare le trame di qualche romanzo straniero: l'attesa di leggerlo, altrimenti, sarebbe stata spasmodica. Lo so bene. La visione di me in attesa, tipo sfigatissima vedova di guerra, o ottantenne in coda alle poste, puntualmente, alla fine di ogni mese, è chiara e lampanta come il sole. Accecante. Avrei aspettato Per una volta nella vita praticamente unavita; magari tutta quanta. Invece, come Park, ho compreso di amare quando il danno già era fatto e quando, innamorato come la proverbiale prima volta di un romanzo che non si scorda mai, ero ormai alle prese con un sentimento scoperto, per fortuna e sfortuna, quando c'era già di suo. Park, una mattina come tante, sul solito pullman sgangherato e polveroso, non era in cerca dell'anima gemella: se ne stava sulle sue, a leggere fumetti e ad ascoltare vecchie, intramontabili canzoni rock. Non voleva essere amico di Elenor, la strana e appariscente ragazza nuova che, schernita come da copione dai più popolari dello scuolabus, quel primo giorno di scuola, si era seduta accanto a lui, con la voglia di sprofondare sul sedile, e sparire, e morire. Lui era stato strano e appariscente ogni giorno dei suoi tormentati e noiosi sedici anni, con le sue T-Shirt nerissime, i suoi occhi vagamente a mandorla, i suoi tratti delicati come quelli di un'antica bambola giapponese.
Ma faceva di tutto per confondersi nella folla, per integrarsi. Quella Eleanor accanto a lui era un caso a parte: i capelli rossi e spettinati, i chili di troppo, i vestiti sformati e spaiati, i ciondolini, i braccialetti, gli orecchini da gitana. Era come un gigantesco semaforo che urlava al mondo "guardatemi" e che poi aveva paura degli sguardi altrui. Strana, anche più di lui. Consolante, imbarazzante, triste... e tutto insieme. Passeranno settimane prima che i due, vicini di posto ogni giorno nel solito tragitto verso casa, si scambino qualche parolina di convenienza. Il primo giorno lui la insulta apertamente, il secondo lascia che lei sbirci le sue letture, il terzo le presta antiquate cassette e fumetti già letti. In seguito, le accarezzerà timidamente la mano, le regalerà belle canzoni, farà a botte per lei, la amerà come un pazzo. Per una volta nella vita racconta la loro assurda, tenera, curiosa e crudele storiella d'amore adolescenziale, sussurrata nella cornetta del telefono, scritta in breve su una cartolina, alimentata da mille silenzi e mille malinconie. Le loro riflessioni sull'esperienza dell'amore sono imbarazzantissime e imbarazzatissime, surreali e comuni, sognanti e strazianti. Mi hanno riempito, dai piedi alla punta dei capelli, dal cuore al cervello, di una vorace fame d'amore e di una tenerezza che non saprei spiegare a parole, solo per emoticons, forse. Mi piacerebbe parlarvi di questa storia per messaggio, su Facebook o Whatsapp, invenzioni che Eleanor e Park – vissuti negli anni '80 degli U2 e degli Smiths – scopriranno solo da adulti, in un futuro che nel libro di Rainbow Rowell non c'è scritto. Sarebbe, allora, un tripudio di faccine sorridenti, cuoricini o, volendo, di faccine sorridenti con gli occhi a cuore, per non farci mancare niente; un'invasione barbarica di emozioni colorate senza parole aggiunte.
Sarebbe, allora, tutto semplicissimo ed immediato, come da bambini. Come presso un asilo gestito dal Dottor Stranamore di turno in cui, se interrogati sul significato e l'importanza del desiderio e dell'affetto, i piccoli alunni darebbero risposte secche, spiazzanti e oneste che, più o meno, farebbero eco a quelle di questi due sedicenni che si sono riempiti il cuore tra loro e che mi hanno riempito il cuore di loro. Mi hanno emozionato così, senza bisogno di parole ad effetto e senza ricorrere a dialoghi pieni di miele. Senza parole, basta. Leggendo di loro, sorridevo al libro che avevo tra le mani e tutti coloro che mi circondavano. Sorridevo a Eleanor e Park con l'aria fintamente vissuta di chi, più grande, guarda chi è più piccolo di lui cadere familiarmente negli stessi errori, negli stessi atti di rivalsa, nella stessa rete leggera tessuta da angeli dalle ali pesanti. Cadere, come dicono gli anglofoni con un'espressione che adoro particolarmente, in amore: una voragine senza fondo a forma di cuore. Vengono da mondi diversi, hanno due famiglie disastrose a modo loro e bruscamente, senza grazia e tatto, si dicono cose stranissime, inaudite; cose che i normali essere umani non percepirebbero, forse, come complimenti galanti, ma che fanno sciogliere i lettori come ghiaccioli al limone che, in mano a Paolo e Francesca, attraversano invano l'inferno. Non è forse una delle esperienze più poetiche e belle del mondo leggere di Park che a una Eleanor schiva e pungente dà dell'antipatica cronica, per poi aggiungere che ha bisogno necessariamente di lei perché profuma come le torte alla vaniglia fatte in casa dalla nonna? La dichiarazione d'amore più stupida e fantastica del mondo, secondo me. Sono il più grande spettacolo dopo il Big Bang, insieme. Sempre loro, solo con il volume al massimo. Uniti, quando tutto il mondo li vuole separati, da un fumetto di fantasia e dalle cuffie del preistorico mangianastri di Park: stretti, tra le pagine, dalle pagine stesse e da un cordoncino nero targato Sony attraverso cui passa una musica che sembra cantare il suono dei loro addii. Ad aver parlato con voce piena di entusiasmo e di emozione di questo secondo romanzo dell'autrice, negli Stati Uniti, è stato il nostro amato John Green. Di lui vi fiderete, probabilmente più di me. Lui è il verde, Rainbow Rowell è un arcobaleno vivente: spiriti affini che si completano. C'è solo un prerequisito per leggere e trovare sè stessi in Per una volta nella vita: avere un cuore. Il resto verrà da sé. "Infilò la penna in tasca, le prese la mano e se la tenne sul petto per qualche istante. Era la cosa più carina che potesse farle. Eleanor provò il desiderio di avere dei figli da lui e di donargli entrambi i reni." Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Taylor Swift feat. Ed Sheeran – Everything has changed
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