Titolo originale: Eleanor&Park
Autore: Rainbow Rowell
Editore: Piemme
Pagine: 349
Anno: 2012
Eleanor è appena arrivata in città. La chioma riccia rosso fuoco e l’abbigliamento improbabile, ha lo sguardo basso di chi, in pasto al mondo, fa fatica a sopravvivere. Park ha tratti orientali che ha preso dalla madre coreana e veste sempre di nero. La musica è il suo rifugio per tenersi fuori dai guai. La loro storia inizia una mattina, sul bus che li porta a scuola. Park è immerso nella lettura dei suoi fumetti e perso tra le note degli Smiths, Eleanor si siede accanto a lui. Nessun altro le ha fatto posto, perché è nuova e parecchio strana. Il loro amore nasce dai silenzi, dagli sguardi lanciati appena l’altro è distratto. E li coglie alla sprovvista, perché nessuno dei due è abituato a essere il centro della vita di qualcuno. Tra insicurezze e paure, Eleanor e Park si scambiano il regalo più grande: amare quello che l’altro odia di sè, perché è esattamente ciò che lo rende speciale. Sarà la loro forza, perché anche se Eleanor non sopporta quegli sfigati di Romeo e Giulietta, anche il loro legame deve fare in conti con un bel po’ di ostacoli, primo fra tutti la famiglia di lei, dove il patrigno tiranneggia incontrastato. Riusciranno, per una volta nella vita, ad avere ciò che desiderano?
Rainbow Rowell, bestioline: cos’altro posso dire?
Questo libro, intitolato originariamente “Eleanor&Park“, mi si è infilato dentro in maniera subdola, facendo leva su tutti i miei punti più sensibili, rivoltandomi come un calzino e lasciandomi completamente senza fiato, con gli occhi pieni di lacrime e un mezzo sorriso sulle labbra. Un libro stronzo, ma in maniera talmente adorabile che arrabbiarsi è assolutamente fuori discussione. Un libro dal messaggio importante, fondamentale, che non viene mai ribadito abbastanza o con abbastanza convinzione. Un libro da amare ebbbasta – e adesso cercherò di spiegarvi perché.
“Perchè ti piaccio?”
“Tu non mi piaci, io ho bisogno di te. Puoi chiedermi perchè ho bisogno di te. Ma non lo so. Mi manchi, Eleanor. Voglio stare con te tutto il tempo. Sei la ragazza più intelligente che io abbia mai incontrato, e la più divertente, e tutto quello che fai mi sorprende. E vorrei poter dire che queste sono le ragioni per cui tu mi piaci, perchè questo mi farebbe sembrare un essere umano davvero evoluto. Ma penso che abbia più a che fare con i tuoi capelli rossi e la tua pelle soffice e il fatto che profumi come una torta di compleanno fatta in casa.”
Eleanor vive una situazione terribile, di quelle che nessun adolescente dovrebbe mai vivere. È una ragazza a cui hanno rubato non solo l’innocenza, ma anche la possibilità di crescere vivendo i problemi che ogni teenager affronta: incastrata in una cornice familiare terrificante, scandita dalla costante paura di abusi che non vengono mai nominati ma che è facile intuire nelle abitudini di un quotidiano organizzato al millimetro per suscitare nulla più di una vaga indifferenza. Park, al contrario, vive in una famiglia dalle consuetudini radicate, circondate da un padre, madre, fratello e nonni. Le sue giornate seguono un ordine stabilito, teso al non farsi notare perché se nessuno ti vede, allora nessuno ti può prendere in giro. Pratica il taekwondo, legge fumetti, studia. Non si sente speciale, non vuole esserlo. E quando Eleanor, la nuova stramba ragazza che frequenta la sua scuola, si siede accanto a lui sullo scuolabus, la sua prima reazione è di orrore pure nei confronti di questa strana creatura paffuta, bianca come il latte e con un incendio indomato al posto dei capelli. Il loro primo incontro è impacciata, arrabbiato, al limite dell’indifferenza: nulla lascia presagire l’affetto e l’amore che li unirà, una mattina dopo l’altra, nella paradossale intimità di un sedile doppio di un autobus gremito di liceali. Eppure, proprio una mattina dopo l’altra, Eleanor si avvicinerà a Park e Park ad Eleanor, con una tenerezza che stringe il cuore e un’ingenuità innocente, pulita, lontana mille miglia dalla sporcizia del mondo in cui vivono.
«Mi dispiace di avere quest’aria così stupida, oggi» disse lei.
«Sei come sempre» rispose lui. Cercò di prenderle la cartella che le penzolava dal braccio, ma lei non glielo permise.
«Ho sempre l’aria stupida, quindi?»
«Non intendevo questo…»
«È quello che hai detto, però» brontolò lei.
Avrebbe voluto chiederle di non arrabbiarsi proprio adesso. Andava bene qualunque altro momento, ma non quello. Il giorno dopo avrebbe potuto tenergli il broncio quanto voleva.
«Sai bene come far sentire speciale una ragazza, a quanto pare» commentò Eleanor.
«Non mi sono mai fatto passare per un esperto in materia di ragazze» rispose lui.
«Avevo capito il contrario. A quanto ne so, eri autorizzato a portartele in camera…»
«Sarà, ma non ho mai imparato niente.»
Si fermarono sulla veranda. Lui le prese la cartella e cercò di mascherare l’agitazione. Eleanor continuava a fissare il vialetto, come se volesse darsela a gambe da un momento all’altro.
«Intendevo che non sei diversa dal solito» spiegò lui sottovoce, nel caso che al di là della porta ci fosse sua madre. «E sei sempre carina.»
«Non sono mai carina» rispose lei, dandogli quasi dell’idiota.
«A me piace come sei» insistette lui. Sembrava più una discussione che un complimento.
«Questo non vuol dire che io sia carina.» Parlava a bassa voce anche lei.
«E va bene, sembri una vagabonda.»
«Una vagabonda?» Le si illuminarono gli occhi.
«Sì, una zingara. Sembri una del cast di Godspell.»
«Non so nemmeno cosa sia.»
«Una roba orribile.»
Eleanor gli si avvicinò. «E così sembro una vagabonda, eh?»
«Peggio» disse lui. «Una pierrot vagabonda.»
«E a te piace?»
«Da matti.»
Appena sentì la sua risposta, gli sorrise. E quando Eleanor sorrideva, gli si spezzava qualcosa dentro.
Sempre.
Il 1986 non vi sembrerà mai bello come in questo libro. Le musicassette, i walk-men, i vestiti dalle spalline troppo grandi, la musica… tutto è assolutamente come dovrebbe essere, costruito ad arte per suscitare nostalgia verso un periodo storico dove la stragrande maggioranza dei lettori di YA odierni non erano neppure nati. Io che l’ho mancato di poco, quanto meno, ho accusato il colpo di un periodo che mi è sempre stato caro e che ho amato visceralmente proprio negli anni del liceo. Per una volta nella vita, insomma, riunisce in un unico romanzo tutti gli elementi che son stati colonne portanti della mia adolescenza, declinandoli in una maniera che definire superlativa è poco. Al di là della componente romantica in sé, che da sola vale la lettura per la delicatezza con cui si sviluppa, restituendoci la fotografia di un primo amore impacciato e confuso – come ogni primo amore dovrebbe essere, del resto – vissuto e respirato da due personaggi indimenticabili in ogni loro singola sfaccettatura, questo libro è importantissimo per il messaggio che trasmette. La possibilità che una ragazza possa salvarsi da sola, lottando per uscire dal fango in cui è invischiata proprio come riesce a fare Eleanor, è un’idea – una possibilità, una certezza – che non viene mai ribadita abbastanza e troppo spesso, nella letteratura, è sempre un ragazzo ad accorrere in soccorso della damigella in difficoltà, vestendo i classici panni dell’eroe delle fiabe classiche. Certo, Park non manca di sostenerla nelle difficoltà che vive in casa, con la sua presenza così cheta e costante, ma è Eleanor che prende in mano la sua vita, nel momento in cui si accorge di volerlo fare davvero, e ribalta una situazione terribile. Ed è una cosa dal valore inestimabile, perché mai come oggi è fondamentale che si ritorno a pensare che noi donne non abbiamo necessariamente bisogno di un uomo per essere felici/complete/salve: noi siamo abbastanza anche da sole, senza nulle togliere alle gioie dell’amore e della vita di coppia. Noi siamo, anche senza di loro, e senza di loro possiamo salvarci, possiamo farcela, possiamo avere una vita piena ed appagante.
E se a questo aggiungiamo anche una scrittura magistrale, il racconto di due adolescenti che di speciale hanno solo il loro essere normali, la particolarità del loro amore – così pulito, così innocente, così puro – ne viene fuori un romanzo che non mi limito a consigliarvi: ve lo impongo proprio.