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Recensione Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni

Creato il 07 dicembre 2015 da Lightman
    Recensione Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni

Uno scatenato gruppo di studenti cha in mente di perdere la verginità è al centro di Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni, teen-sexy comedy (s)cult diretta nel 1981 da Bob Clark.

Recensione Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni

Tre anni dopo Animal House, gli eighties partoriscono un altro cult generazionale, primo di una trilogia (escludiamo volutamente lo spin-off Pimpin' Pee Wee del 2009) amata ed odiata. Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni (stendiamo un velo sull'inutile e fastidioso sottotitolo nostrano) esce nel 1981 per la regia di Bob Clark, regista proveniente dal cinema porno ma già all'attivo da qualche anno ad Hollywood (notevole il suo Tribute - Serata d'onore con Jack Lemmon), che tornerà dietro la macchina da presa anche per il sequel, realizzato poco tempo dopo visto il grande successo di pubblico dell'originale. Ma quali sono i motivi che hanno consacrato una pellicola così eccessiva e sboccata tra i "classici" dei teen movie?

Bollenti spiriti?

Recensione Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni

Un gruppo di studenti liceali ha intenzione di perdere la propria verginità. I ragazzi si recano così da Porky's, un nightclub di una vicina contea, con l'intento di pagare delle ballerine con cui avere un rapporto sessuale. Il proprietario del locale però si prende beffa di loro e li deruba di tutti i loro risparmi. Sarà solo l'inizio di una guerra a distanza che porterà le rispettive parti in campo ad un confronto finale, mentre intanto le attività scolastiche e i rapporti interpersonali procedono tra i classici problemi dell'adolescenza.

La fiera del nulla

Se almeno ai tempi poteva risultare interessante come "oggetto di studio" sui desideri più segreti e censurabili della gioventù contemporanea, oggi Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni è un titolo sorpassato che, proprio per via della diversa stratificazione sociale, mette in evidenza ora più che mai tutti i suoi profondi limiti, narrativi e non. Perché a differenza di altre produzioni similari, il film di Bob Clark palesa al suo interno un vuoto globale che risucchia storia e personaggi in un calderone di luoghi comuni e volgarità assortite, infilando nel contesto improbabili tematiche drammatiche, dal razzismo verso gli ebrei al rapporto genitori-figli, senza mai mordere con convinzione. Un erotismo all'acqua di rose, con scene scult di rara idiozia (parodiate in molte pellicole posteriori, saga di American Pie inclusa) messe lì per allungare il brodo e suscitare qualche possibile prurito tra i giovani del periodo, accompagna sotterraneo tutta la visione, limitandosi però a mostrare soltanto pochi lembi di pelle nuda. Goliardico nell'accezione peggiore del termine, il racconto si snoda su vicissitudini improbabili (nel pre-finale i nostri sembrano attrezzati con armamentari da guerra) e trova nel personaggio del boss Porky, che da il titolo all'operazione, l'esatto emblema della sua pochezza contenutistica.

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