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Alcune famiglie possono diventare tossiche, se ci si sottopone a prolungata esposizione. E la famiglia Foxman, in particolare, può raggiungere un livello di tossicità letale. Ecco cosa sta pensando il trentenne Judd Foxman mentre, di fronte al suo piatto di salmone e patate, cerca di estraniarsi dalle urla dei nipotini. Il telefono del cognato non smette mai di squillare, la sorella non fa che scoccargli frecciatine acide, in combutta con il fratello minore, mentre la madre, stretta in un vestito troppo provocante, gli rivolge solo sguardi di commiserazione. L'unico desiderio di Judd è scappare lontano e non pensare più a tutti i guai della sua vita. Perché Judd è senza casa, senza moglie, che l'ha appena tradito con il suo capo, e ora anche senza più un padre, morto all'improvviso. Per questo è dovuto tornare a casa e non può fuggire. Le ultime volontà del padre richiedono che venga celebrata la Shiva, il periodo di lutto prescritto dalla religione ebraica: per sette giorni consecutivi tutta la famiglia dovrà riunirsi sotto lo stesso tetto. E sette giorni possono essere un tempo infinito, soprattutto se i componenti della famiglia sono tutti fuori di testa e non riescono a stare per più di ventiquattr'ore insieme senza scannarsi. Ne bastano molte meno perché la casa diventi una polveriera pronta per esplodere a causa di vecchi rancori, passioni mai sopite e segreti inconfessabili.
Questo è il primo romanzo che leggo scritto da Tropper e, devo dire che mi ha ricordato un po’ “Io che amo solo te” di Luca Bianchini, non tanto per i fatti narrati, quanto per la scelta di voler parlare di un contesto come tanti: una famiglia riunita con tutti i suoi casini ed i suoi segreti, ma in modo ironico e soprattutto senza riserve né peli sulla lingua! Ciò che deve essere detto, viene detto, senza finte censure, senza ricami per rendere il tutto più digeribile. No, niente di tutto ciò, solo la verità, nuda e cruda, come molte ce ne sono nelle famiglie di tutti i giorni. I dialoghi sono eccezionali e, a tratti esilaranti, proprio per il loro non-avere un filtro e contribuiscono a rendere alcuni avvenimenti sorprendenti, anche se magari un po’ prevedibili.
Tropper ci mostra l’essere umano comune in tutte le sue sfumature, i suoi problemi e le sue relazioni con la famiglia ed i rispettivi consorti. E ci mostra quanto sia difficile relazionarsi con le persone dopo tanti anni, seppure con lo stesso sangue nelle vene, ed al tempo stesso ci ricorda che la famiglia in sostanza è l’unica che comunque vada ti rimarrà sempre accanto e ti perdonerà (quasi) ogni cosa. Questo messaggio io l’ho imparato non da molto, forse perché, quando si è adolescenti si entra nell’ottica che gli amici sono tutta la tua vita, gli unici in grado di capirti.. poi, crescendo, ci si rende conto che non è proprio così e che, a differenza degli amici che vanno e vengono (ad eccezione di alcuni “storici”), la famiglia è sempre lì, pronta ad aprirti la sua porta quando lo desideri, ed a sorreggerti quando non ci sono altre mani a farlo.
Mi è piaciuta la famiglia Foxman. Mi è piaciuto il viavai di gente nella loro casa ed ancor più i commenti dei fratelli su ogni persona, pungenti, ironici e irriverenti verso quei parenti che appaiono solo in queste tristi occasioni, con l’intento probabilmente di portarsi a casa un pezzetto di eredità. Mi è piaciuta l’idea di quante cose possono cambiare in soli sette giorni, di quante parole si possono dire e di quanti ricordi possono riaffiorare. E mi è piaciuto Judd, anche se ammetto che all’inizio non mi ha entusiasmata più di tanto: diciamo che ho imparato a conoscerlo ed apprezzarlo nel corso della lettura. In lui ho visto un uomo tormentato ma al tempo stesso troppo orgoglioso per mostrarlo ai quattro venti, un uomo che ha perso tutto, comprese le motivazioni per andare avanti ma che conserva, inconsciamente, una briciolina di speranza in fondo al cuore. Quella stessa briciolina che, più forte di ogni perdita, lo aiuterà a camminare nonostante tutto. Questi spaccati di realtà mi sono sempre piaciuti, in qualunque genere di lettura e, anche qui, non sono rimasta delusa, anzi!
“Portami a casa” è una lettura leggera e divertente, grazie ad un autore che da ad ogni cosa il giusto peso, senza però soffermarsi troppo sulla tragicità egli eventi, ma cercando di trovare dalle sofferenze degli spunti di rinascita, spunti per i protagonisti del romanzo ma anche per il lettore che si ritrova a riflettere sulla propria vita e sulle proprie priorità. Un libro che consiglio davvero a tutti!
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