Prossima fermata Trambusto, di Luca Gallo – ed Intermezzi – 2012.
Trama. Tarek è italiano ma tutti lo credono “arabo” perché suo padre era tunisino. Chioma ha un sogno: diventare il “dominatore” delle strade di Torino. Lama è un abile maneggiatore di coltelli, un temuto picchiatore e un appassionato d’arte. Tutti e tre hanno perso qualcosa nella corsa dell’adolescenza e ora la loro prossima fermata sarà Trambusto, improbabile progetto di recupero, luogo delle seconde possibilità. Ma le difficoltà si annidano anche tra i tram e i bus trasformati in alloggi del centro di riabilitazione sociale a cielo aperto e presto i tre ragazzi si troveranno a dover affrontare molto più che corsi educativi e tornei di futbolin... [dal sito della Casa editrice]
Scrittore. Luca Gallo nasce a Torino nei meravigliosi anni Settanta. Laureato in Lettere Moderne. Tra i suoi lavori: istruttore di nuoto in Calabria, operatore di ripresa in Sardegna, insegnante di italiano a Lisbona e educatore a Torino. Vive con Valentina, Maia e Frida, pensando ogni giorno al suo migliore amico che non c’è più. Con Intermezzi Editore ha pubblicato nel 2009 il suo primo romanzo: Come l’insalata sotto la neve. [dal sito della Casa editrice]
Osservazioni speciali di Patrizia – Giudizio 3/5 (?)
Due opinioni nettamente distinte, seppur nessuna delle due entusiaste, di questo romanzo corale di Luca Gallo.
Ciò che mi sono chiesta continuamente, leggendo questo libro, è quanto il mio giudizio sul testo avrebbe influenzato quello sulla storia e la tenuta della trama e viceversa: il condizionamento c’è stato ed un valore rilevante l’ha avuto il testo, inteso come costruzioni sintattiche e lessicali, grammatica, punteggiatura,…
Ciò che mi sono trovata tra le mani è un testo in cui ciò che è da demolire ha un peso specifico decisamente superiore a ciò che salverei. Questa considerazione mi ha portata ad interrompere per sfinimento la lettura più volte, per decidere poi definitivamente di rimettere in gioco me stessa e dare una chance alla storia: ho portato a conclusione la lettura del romanzo non senza rallentamenti, delusioni e certezze disarmanti, che mi hanno convinta che la Casa editrice abbia fatto un editing sul testo a luci spente o abbia affidato la correzione della bozza e la revisione finale del testo ad un analfabeta.
Voglio credere che l’editing sia stato fatto, anche se la circostanza grave e discutibile di non averlo fatto sarebbe in questo caso un’attenuante
Voglio credere che l’editing abbia avuta una qualche parte nella stesura di questo testo, perchè confido nella serietà della giovane e promettente Casa editrice, la cui valida e condivisibile scelta di pubblicare questa storia ritengo, e spero, sia stata accompagnata da un lavoro editoriale a 360°, svolto al massimo livello e comprendente appunto anche la fase dell’editing.
Ho tuttavia serie difficoltà a giustificare e comprendere talune “visioni” lessicali, grammaticali, sintattiche, ortografiche, che non appoggerebbe neanche il più strenuo sostenitore della sperimentazione linguistica e dell’avanguardia letteraria! Marinetti al riguardo storcerebbe inesorabilmente i suoi baffi seriosi.
Tali “visioni” prendono il via da un uso inconsulto della punteggiatura: mancanza quasi totale di due punti e punto e virgola che, laddove utilizzati, li troviamo anche raddoppiati nella stessa frase.
Frasi brevi quelle che si susseguono, in cui l’uso esclusivo e caotico delle virgole, per di più senza una logica sintattica e grammaticale tanto elementare quanto corretta, rallenta la lettura, che arranca, piatta e priva di soddisfazione. Certo, non sono d’aiuto (oltre che inspiegabili, se non con un giudizio personalmente più che negativo) le più di venti occasioni in cui è stata frapposta la virgola tra il soggetto e il verbo o tra il verbo e il complemento oggetto -questo con riferimento alla prima metà del romanzo. Ho poi deciso di smettere di contarle: erano diventate un’ossessione!- Imbattersi in tali errori un paio di volte può essere considerata una svista dell’autore, o una svista durante la revisione del testo, venti volte sono una convinzione sintattica che fa rabbrividire.
Il quadro generale è sconfortante se si va ad aggiungere una lista sconfinata di refusi: l’errore nel citare il protagonista del paragrafo, scambiandolo con un altro dei personaggi; gli errori ripetuti nell’usare la prima persona singolare al posto della terza persona (probabile refuso di una stesura inziale, o un intento, che prevedeva l’io narrante); l’uso del maschile del participio con riferimento ad un soggetto femminile (“mi hai lasciato” al posto di mi hai lasciata); l’uso del singolare al posto del plurale (p.e. la riunione con Tizio Caio Sempronio attendevano…); l’uso della virgola singola e non doppia nella costruzione degli incisi; l’uso di termini ortograficamente scorretti (p.e. rottwailler, pit bull); ed ancora l’uso di espressioni forzate, quale “afferma di averti visto allontanare in modo sospetto…” al posto di averti visto mentre ti allontanavi, decisamente più scorrevole ed immediata.
Un lungo, e parziale, elenco quello in cui mi sono imbattuta e che, mi si conceda, non è certo dovuto alle riflessioni di una lettrice pignola ed esigente, quanto piuttosto a qualcosa che, oggettivamente, è mancato. Non è mio compito stabilire in quale fase editoriale quel qualcosa è mancato, sono una lettrice e mi limito a ragionare sulle sensazioni che ho avuto e su ciò che ho incontrato nel mio viaggio, in questo caso tortuoso, di lettura.
Non è certo, dunque, un giudizio positivo quello assegnato al testo: 1/5, parlando di valutazioni aNobii.
La storia, dal canto suo, non incorre in una bocciatura così sonora.
Trambusto è un progetto innovativo di riabilitazione, voluto da un architetto sognatore, Scarpitta, che ha l’idea di redimere piccoli deliquenti non tra le mura di un penitenziario, ma tra le pareti di tram dismessi, in una sorta di “villaggio” fuori dal tempo. In una immaginaria “prossima fermata”, Trambusto è la via di fuga dalla delinquenza, dal crimine, è l’espiazione sociale di misfatti a cui i protagonisti del romanzo sono estranei, imbrigliati tra le voci dell’ovvio e del pregiudizio.
Le vite di Tarek, Lama, e Chioma, e dei loro improbabili quanto verosimili interlocutori, si snodano e si intrecciano inaspettamente in una Torino tanto reale da sembrare a tratti surreale e costruita ad hoc per l’occasione. Eppure, scavando tra le voci e le avventure della gente di quartiere, non si fa fatica ad immaginare che in una Torino pregna e sgargiante di storie si possano incontrare queste tre vite, frutto di delusioni, risse, ingenuità, speranze e buone intenzioni.
Una trama che convince, che diverte, che illude e disillude al tempo stesso, con riflessioni velate sui rapporti umani, sull’amicizia, sull’ambiente, sulle questioni sociali, senza buonismi nè conformismi, che mi strappa una valutazione positiva, che non può però esimersi dallo scontrarsi e confrontarsi con le riflessioni sul testo fatte in precedenza.
Luca Gallo
Prossima fermata Trambusto
ed. Intermezzi
Anno 2012
pp. 280
ISBN 9788897440130