Quella casa nel bosco non è un film che fa paura e non si propone di farne: sappiamo bene fin dal trailer che i mostri non sono lì per caso e che dietro a quella capanna di legno c’è qualcosa di metallico e fantascientifico che non vediamo l’ora di scoprire. O almeno questo è lo spirito con cui mi sono seduta in sala ad attendere l’inizio della proiezione. Dopo le prime scene simili in tutto e per tutto al classico horror americano per teenager, con tanto di bagno nel lago sulla falsa riga di Cabin Fever, per fortuna il film prende tutta un’altra piega diventando una sorta di scatola di cioccolatini horror da cui i protagonisti pescano: zombie, licantropi, mostri marini, pagliacci, ballerine demoniache, bambole e tutto l’immaginario possibile del genere. Drew Goddard e Joss Whedon hanno continuato là dove film come Scream e Hostel si erano fermati, unendo il citazionismo a raffica della saga di Wes Craven al reality splatter del “ti uccido a pagamento” di Eli Roth. Oltre ad una buona recitazione, molto interessante è anche lo script, ricco di frasi e dialoghi colmi di rivelazioni improvvise alla Quentin Tarantino, che non smette mai di essere nonsense, esilarante e infarcito di humour nero: su tutte vi cito in particolare lo scambio di battute finali tra Dana la Vergine e il Buffone Marty, che come vedrete poi tanto stupido non è, e che diventa portavoce di una denuncia amara alla società moderna, rea di essere andata ormai troppo oltre. Quella casa nel bosco è il film critica e decostruzione di un genere che non mancherà di stupirvi e soprattutto divertirvi se siete degli appassionati dell’horror e cercate nuove emozioni: se esiste una sezione della narrativa che potremmo chiamare teoria della letteratura in cui viene messo in dubbio e analizzato il ruolo del narratore e il suo rapporto con il lettore, questo film, almeno per quanto mi riguarda, appartiene ad un genere che definirei teoria dell’horror, che riflette sul ruolo del regista, sul modo in cui lo spettatore dovrebbe reagire alla visione film e sulla possibile ribellione dei personaggi alla sceneggiatura decisa dagli autori. Tra le parti che ho preferito cito sicuramente la lotta a ritmo serrato tra i mostri che si ribellano ai propri creatori, una sorta di film nel film che farà sognare chi ha sempre desiderato vedere una battaglia tra tutti i cattivi degli horror, e il finale, dove in quegli Antichi (e in quella “manona”) rivedo un po’ di Lovecraft, a dimostrare che, nonostante il tempo passi e si cerchi di sperimentare ogni volta di più, alla fine i buoni vecchi classici tornano sempre.
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