Titolo: Quello che manca
Autore: Paolo De Lazzaro
Editore: Zero 91 Editore
Genere: Giallo Polizesco
Pagine: 213
Prezzo: € 14.00
ISBN: 978 – 88 – 95381 – 14 – 5
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TRAMA
Riccardo Zanetti è un Maresciallo dei Carabinieri in forza presso la polizia giudiziaria del Tribunale di Roma. Zanetti non è carabiniere per vocazione ma lo è a causa del suo amore per la criminologia ed il suo desiderio, irrealizzato, di lavorare al RIS. Indossa la divisa senza gli ideali ad essa cuciti e non incarna lo stereotipo del carabiniere. Rappresenta piuttosto il trentenne scontento del proprio lavoro, disilluso ma tuttavia incapace di produrre per se stesso alternative soddisfacenti. Il romanzo prende le mosse e si muove intorno ad una indagine che per Zanetti sarà diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta: ce lo racconta il protagonista già dalle prime pagine, lasciandoci intuire che le cose per lui sono finite male anche se non sappiamo ancora come. Sullo sfondo, una storia d’amore con una collega carabiniere, una storia d’amore “che manca” al presente di Zanetti e che rende amara ogni cosa che racconta e ricorda. L’indagine prende una piega inattesa a metà del romanzo, quando il sostituto procuratore Baratto dichiara chiuso il caso avendo già individuato quello che secondo lui è il colpevole. Zanetti non accetta l’interruzione, ritiene che ci sia ancora molto da indagare, e procede in segreto nel tentativo di arrivare alla verità con la V maiuscola. Da questo suo disobbedire alle consegne terrà fuori il proprio mentore, il tenente Catalano, ma coinvolgerà la propria donna nel tentativo di non incrinare il rapporto ma anzi di rinsaldarlo. Il destino di Zanetti si compie quando, nel colpo di scena finale, trovando la verità perderà amore e lavoro.
PERSONAGGI
Il protagonista Riccardo Zanetti ha notevole spessore psicologico, ma non riesce mai ad essere completamente simpatico, profondo o coinvolgente. Della sua compagna Cristina Orlandini, vista attraverso gli occhi del maresciallo, rimane consegnato al lettore solo la rotondità dei ricci,unita ad un enorme pazienza e comprensività. I dubbi e le elucubrazioni mentali sul loro rapporto non permettono di amarla appieno, come non vi riesce Zanetti, e questo fa perdere di pathos al finale del testo. Numerosi e ben rappresentati sono i personaggi minori: l’antagonista, il sostituto procuratore Baratto, prototipo del magistrato da televisione e non da aula di tribunale; la compagna dell’assassinato Federica Furini, prototipo della segretaria che adesca il titolare per vivere da mantenuta; il di lei cugino Andrea Cavallini, prototipo del mondo dove apparire vale molto più che essere; il presunto omicida, Marcello Gallinari, cronista di radio Stella, caposaldo di una tifoseria giallorossa che fa della squadra di calcio la ragione di vita.
Brilla tra tutti il tenente Saverio Catalano, vero coprotagonista e mentore di Zanetti, depositario di saggezza di vita oltre che professionale. Nella sua estrema capacità di sintesi, rudezza del pensiero e dell’espressione, è colui che emoziona di più il lettore, “schiaffeggiandolo” con realtà immediate ed innegabili, provenienti da una cultura rurale che guarda agli universitari borghesi come snob ed alle modifiche socioculturali come ad un male inevitabile.
STILE
Il romanzo è raccontato in prima persona, e procede disinvolto con uno stile quasi colloquiale che non disturba ma favorisce la lettura. Le frequenti sequenze riflessive sono ricche di intuizioni, ma poco approfondite al punto di risultare quasi degli aforismi. La scelta dei tempi narrativi è tuttavia infelice, confondendo spesso il lettore: il protagonista racconta “qui ed ora” quanto accadutogli “li ed allora” , ma lo fa in maniera discontinua sia tra un capitolo e l’altro che all’interno dello stesso capitolo. Il risultato è che si debba a volte rileggere il periodo per capire se sta parlando di qualcosa che ha fatto o che sta facendo. Questa scelta narrativa, assieme a numerose “intrusioni d’autore” nelle quali il protagonista sembra rivolgersi direttamente al lettore, sono come un terreno accidentato, e creano numerosi momenti nei quali la volontaria sospensione di incredulità viene messa a dura prova.
Inoltre vengono disseminati nel testo “indizi” inutili alla soluzione del caso, i quali invece di ricomporsi nella scena finale lasciano degli interrogativi aperti, e “riflessioni fuorvianti” sulla stabilità del rapporto tra Riccardo e Cristina, i quali ottengono l’unico scopo di non farci appassionare alla coppia e di guardare con distacco alla sofferenza finale del protagonista. Da evidenziare un errore in chiusura nel quale il nome di uno degli assassinati viene riportato in maniera errata.
GIUDIZIO
Leggendo la quarta di copertina, si ha l’impressione di tuffarsi in una storia d’amore con un’indagine polizesca a fare da sfondo. Già dalle prime pagine appare invece evidente che di quella storia d’amore sentiremo parlare molto e vedremo poco, mentre al contrario verremo sommersi da indizi e dettagli che ci accompagneranno, assieme al protagonista, fino alla soluzione del caso. La vera storia d’amore che l’autore ci consegna è quella nei confronti di Roma: nelle sue pagine traspare la passione per la città che era, insieme alla sopportazione per la città che è diventata. I fili dell’indagine si dipanano entro le strade della città eterna vista alla lente di ingrandimento, spesso al microscopio: l’urbanizzazione selvaggia, la difficoltà di integrazione multietnica, il traffico caotico, i quartieri stravolti, la passione per la squadra capitolina che diventa ragione di vita. Paolo Di Lazzaro dimostra di conoscere bene questa realtà ed accompagna il lettore a vedere con i propri occhi quello che la città è diventata, attraversandola fuori e dentro il raccordo anulare. Al termine della lettura, non sempre agevole, delle duecento pagine, non ci mancherà la voce del protagonista nei suoi tortuosi percorsi mentali, nelle sue riflessioni sulla vita, nelle sue mancanze grandi e piccole che hanno distrutto due esistenze. Quello che mancherà, chiudendo il libro, è quella mano salda che ci ha guidati attraverso passato, presente e futuro della capitale, mostrandocela con un disincanto totale che solo un occhio innamorato poteva offrire.
Recensione di Greta Cerretti