Titolo originale: The Raven Boys (The Raven Cycle #1)
Autore: Maggie Stiefvater
Editore: Rizzoli
Pagine: 467
Anno: 2013
Sinossi
Nata in una famiglia di chiaroveggenti, Blue Sargent, sedici anni, fin da piccola sa che con un bacio ucciderà il suo vero amore. Ora però a quanto pare il momento è prossimo: prova ne è la visione che Blue ha nella notte della vigilia di San Marco, quando gli spiriti dei futuri morti di Henrietta, una cittadina della Virginia, si mostrano alle veggenti Sargent: Blue vede lo spettro di Gansey e apprende che è proprio lui il suo vero amore, e quindi la persona che ucciderà.
Fatalità vuole che Gansey di lì a poco si presenti alla porta delle Sargent per un consulto magico: da anni è sulle tracce di Glendower, mitico re gallese la cui salma è stata trafugata oltreoceano secoli prima e sepolta lungo la linea temporale che attraversa Henrietta.
Blue decide di aiutare Gansey, e si ritrova coinvolta nella ricerca di questa sorta di Graal insieme agli altri Raven Boys, i problematici studenti della scuola che Gansey frequenta. Ma questo è solo l’inizio dell’avventura.
Vivrai grazie a Glendower. Qualcun altro sulla linea di prateria sta morendo quando non dovrebbe morire, dunque tu vivrai quando non dovresti vivere.
Quando la mia pupetta Cee, di Se solo sapessi dire, e la mia pimpi del cuore hanno iniziato a tormentarmi (e guai a voi se smettete di farlo!) su questa saga, non avevo ben chiaro in mente a cosa stessi andando incontro. Mi sono avvicinata al primo volume con leggerezza, e una certa dose di incoscienza che ha permesso a questo romanzo di prendere controllo sulla mia vita, facendomi piombare in uno stato di ossessione che non accenna a lasciarmi in pace neppure adesso e che, oltre ad aver già sfornato un PaperBoy, si è concretizzata nel mio candidato per #ADateWithThePerfectBookFriend, alias Ronan Lynch. Uno dei più bei personaggi di sempre, come tutti i personaggi che la Stiefvater ha creato per portare alla vita una saga assolutamente straordinaria e imperdibile.
Questo voleva dire che Gansey aveva ragione. Voleva anche dire che Blue sapeva esattamente dove correva la linea di prateria, perché aveva visto lo spirito di Gansey camminarci sopra qualche giorno prima.
«È per questo che è facile essere veggenti qui» disse Neeve. «L’energia è molto forte.»
«Energia come la mia?» disse Blue.
Neeve fece un complicato gesto con le mani prima di raccogliere la candela. La resse al contrario davanti a sé e pizzicò lo stoppino per assicurarsi che fosse spenta. «Energia come la tua, sì. Nutre le cose. Come dicevi, tu? Rende le conversazioni più chiare. Le lampadine più luminose. Tutto ciò che richiede energia per vivere la desidera, come desidera la tua energia.»
«Cos’hai visto?» chiese Blue. «Quando stavi…»
«Divinando» Neeve finì la frase per lei, ma Blue non era affatto sicura che l’avrebbe conclusa così. «C’è qualcuno che conosce il tuo nome laggiù. E c’è qualcun altro che sta cercando questa cosa che anche tu stai cercando.»
Blue Sargent, nata in una famiglia di veggenti dallo straordinario talento, è l’unica incapace di scorgere – figuriamoci leggere – il futuro. Non importa il modo, non importa la forma: il domani, ai suoi occhi, è un mistero che non è in grado né di svelare né di interpretare come tutte le sue parenti. Il suo dono è diverso, più sottile, ma non per questo meno importante, la rende in grado di amplificare l’energia che la circonda, trasformandola in un catalizzatore vivente. È proprio per questo che la notte della vigilia di San Marco si trova con sua zia lungo un sentiero dei morti, ad annotare i nomi di chi è destinato a morire nel giro di 12 mesi così come ha sempre fatto per tutta la sua vita. Questa volta, però, Blue è in grado di vedere lo spirito di un ragazzo e le spiegazioni di questa anomalia non sono delle più rassicuranti: o sarà lei a causarne la morte o lui si rivelerà essere l’amore della sua vita. Peccato che una delle poche certezze della vita di Blue sia proprio il fatto che il suo bacio ucciderà proprio il suo vero amore. Come comportarsi, quindi, quando proprio questo ragazzo si presenta alla porta in cerca di un consulto, presentandosi in compagnia di un ragazzo triste e uno dall’aria feroce? Forse unirsi alla loro nella ricerca di Glendower, un antico re gallese che la leggenda vuole addormentato lungo la linea di prateria che attraversa Henrietta non è – a prima vista – la soluzione più logica, ma poco importa a Blue che è cresciuta nella più illogica delle famiglie. L’avventura li porterà alla scoperta di Cabeswater, una magica foresta dove gli alberi parlano latino, ad affrontare un insospettabile insegnante di latino dal passato poco chiaro e inestricabilmente legato al sempre pallido Noah, il più pacato dei Ragazzi Corvo.
E in quel preciso momento a Blue parve di precipitare, come se le cose stessero succedendo troppo velocemente perché lei potesse assorbirle nel modo giusto. C’era qualcosa di strano e complicato in tutti quei ragazzi, pensò; strano e complicato nello stesso modo in cui anche il diario lo era. Le loro vite erano una specie di rete, e lei sentiva di aver fatto qualcosa per cui si era trovata intrappolata proprio sull’orlo.
Raven Boys si struttura interamente attorno ai suoi personaggi. Blue, Gansey, Ronan, Adam e Noah sono i centri di un universo che cresce e si espande in maniera quasi simmetrica al nostro conoscerli uno a uno, dando vita ad un reticolo di storie, emozioni ed eventi che li legano con nodi via via sempre più fitti, inestricabili. I ragazzi corvo, così chiamati da Blue in quanto studenti della prestigiosa Aglionby Accademy – che vanta proprio il disegno di un corvo sul maglione della divisa –, sono quattro e non potrebbero essere più diversi e distanti. Gansey è l’erede di una famiglia scintillante, dove non si parla di soldi perché semplicemente ci sono sempre stati, cresciuto per diventare invincibile, affascinante, irresistibile. E sa esserlo, sa essere tutto quello che ci si aspetta da lui, eppure al tempo stesso nasconde sotto la facciata impeccabile un’essenza fragile, insicura, logorata dalla ricerca di Glendover. Adam, al contrario, veste la sua fragilità e la sua miseria con un orgoglio al limite dell’insopportabile, ostentando in maniera a volte inconscia le sue umilissime – e disgraziate – origini da cui cerca di liberarsi spaccandosi la schiena tra i tre lavori part-time che gli permettono di coprire quel che la borsa di studio non riesce a fare e lo studio che gli permetta di conservare una media sufficientemente alta da renderlo idoneo alle facilitazioni. Ronan, invece, della scuola se ne frega. Questo arrabbiatissimo, meraviglioso e complicato adolescente dalla schiena tatuata e il cranio rasato eccelle solamente nel latino e nella rabbia esplosiva, cieca. Orfano di padre, allontanano dalla sua stessa casa proprio per volere di questo, Ronan vive alla Monmouth Manufactory assieme a Gansey e a Noah, pallido ed evanescente ragazzo che non mangia mai e custodisce il peso di un segreto che si rivelerà terribile, una volta svelato, riuscendo a conservare ugualmente una malinconica tenerezza che stringe il cuore. A chiudere la squadra c’è Blue, unica non sensitiva in una famiglia di grandi sensitivi, cresciuta senza una figura paterna ma circondata da un nugolo di donne straordinarie, imbevuta di sarcasmo, indipendente, sempre pronta all’azione, infaticabile lavoratrice e creatura dall’animo incredibilmente sensibile nonostante tutti i suoi tentativi di nascondere l’evidenza. Cinque personaggi straordinari, a loro modo tutti infelici, circondati da una nebulosa di comparse altrettante ricche e meravigliosamente definite, impossibili da ignorare per quanto relegate nella loro ombra.
Ma la natura imprecisa dei presagi li impoveriva un po’ del loro potere. Le predizioni potevano essere interpretate come coincidenze, casualità. Erano la risata sommessa di quando incontri un vecchio amico in un parcheggio del Walmart. Un brivido nel momento in cui il numero diciassette appare su una bolletta dell’elettricità. La percezione che anche se hai scoperto il futuro, ciò non cambierà il modo in cui vivi il presente. Erano la verità, ma non tutta la verità.
La Stiefvater, inutile girarci attorno, ha cambiato irrimediabilmente il mio metro di giudizio: c’è quello che scrive lei e quello che scrivono gli altri. Ha alzato le mie aspettative, imponendosi con uno stile che sa essere scarno e al tempo stesso tremendamente evocativo, una narrazione serrata che non si perde nei dettagli di cui è ricamata e un carnet di personaggi assolutamente meravigliosi.
Raven Boys è una storia per ragazzi – avventurosa, misteriosa, cupa al punto giusto – ma raccontata in modo tale da piacere anche alle ragazze. Scritta per le ragazze, in una certa misura, perché l’elemento romantico è una corrente che palpita piena di vita appena appena sotto la superficie impetuosa degli eventi, emergendo di tanto in tanto ma conservandosi, gelosamente, in un crocchio di aspettative che prima o poi esploderanno. Oppure esploderò io, non lo so, ma il risultato è che la tensione costante e continua non lasciano mai tirare il fiato e diventa impossibile posare il libro fino a quando non lo si ha concluso. E persino in quel momento, la reazione più immediata è buttarsi a pesce sul secondo volume, perché il bisogno di sapere è talmente forte da trasformarsi in una vera e propria urgenza. Non è facile mettere da parte la ricerca continua di Blue e dei suoi ragazzi corvo, così come non è semplice rinunciare alla loro infelicità, all’ostinazione con cui inseguono Glendover senza accorgersi di come la leggenda del re dormiente non sia che una metafora per qualcosa di diverso. Gansey alla ricerca di un qualcosa di più, Adam alla ricerca di un riscatto personale e della conferma di non essere vincolato all’uomo che chiama padre, Noah in cerca di qualcuno che scopra la verità sulla sua spettrale esistenza, Ronan a caccia di risposte e punti fermi negli oceani di rabbia dove va lentamente alla deriva. Blue si accoda a loro in maniera incosciente, affascinata da queste personalità così come lo sono stata io.
Difficile parlare di questo libro senza scadere nella venerazione più banale, ma lo stato delle cose è effettivamente questo: Raven Boys è un libro che va letto, consumato, amato e apprezzato. La Stiefvater, pressoché sconosciuta in Italia, è un’autrice che merita molta più considerazione di quanta effettivamente riceva e non mi stancherò mai di ringraziare il giorno in cui ho deciso di iniziare questo libro. Certo, leggerlo nel bel mezzo della sessione invernale è stata un po’ una tortura gratuita, ma se non l’avessi fatto sarebbe stato peggio. O forse no, perché adesso tutto quello che leggo subisce il paragone con questo romanzo e non c’è confronto che tenga: Raven Boys trascina in un mondo innegabilmente superiore, mescolando sapientemente atmosfere cupe e momenti malinconici come un tramonto autunnale, calibrando ogni piccola scoperta di modo che sappia essere quanto più efficace possibile. Se esiste una ricetta per il romanzo perfetto – o che alla perfezione ci va davvero vicino – la Stiefvater l’ha scoperta e non ha esitato a servircela. Con un contorno di paperboy che, parola mia, farà felice anche la più schizzinosa delle lettrici.