Quando ripenso a Charles Jacobs, non riesco neppure a considerare che la sua presenza nella mia vita fosse dovuta al destino. Altrimenti significherebbe che quelle vicende tremende, quegli orrori, erano destinati ad accadere.
Titolo:
Revival
Autore:
Stephen King
Editore:
Sperling & Kupfer
Numero
di pagine: 470
Prezzo:
€ 19,90
Sinossi:
Più
di cinquant'anni fa, in una placida cittadina del New England,
un'ombra si allunga sui giochi di un bambino di sei anni. Quando il
piccolo Jamie alza lo sguardo, sopra di lui si staglia la figura
rassicurante del nuovo reverendo, appena arrivato per dare linfa alla
vita spirituale della congregazione. Intelligente, giovane e
simpatico, Charles Jacobs conquista la fiducia dei suoi parrocchiani
e l'amicizia incondizionata del bambino: per lui il pastore è un
eroe, soprattutto dopo che gli ha "salvato" il fratello con
una delle sue strepitose invenzioni elettriche. Ma l'idillio dura
solo tre anni: la tragedia si abbatte come un fulmine su Jacobs,
tutto il suo mondo è ridotto in cenere e a lui rimane solo l'urlo
disperato contro il Dio che lo ha tradito. E il bando dal piccolo
Eden che credeva di avere trovato. Trent'anni dopo, quando Jamie avrà
attraversato l'America in compagnia dell'inseparabile chitarra che
l'ha reso famoso, e dei demoni artificiali che ha incontrato lungo il
cammino, l'ombra di Charles Jacobs lo avvolgerà ancora: questa volta
per suggellare un patto terribile e definitivo. "Revival" è
il racconto di due vite, quella che King ha vissuto e quella che
avrebbe potuto vivere, attraverso due personaggi formidabili per
potenza e fragilità, due uomini ai quali accade di incontrare il
demonio e di affondare nel suo cuore di tenebra.
La recensione
"La curiosità è un istinto terribile ma umano. Molto umano."
Stranamente,
da quanto Stephen King – ormai in età pensionabile – ha iniziato
a scrivere libri su libri, complici giornate che quando hai
sessantasette anni immagino scorrano lentissime, ho deciso di
prendermela con calma: Mr Mercedes letto appena a novembre, il
desiderato sequel – Chi perde paga – atteso per
quest'autunno e, tra un capitolo e l'altro della nuova trilogia
gialla, piazzarci Revival. Con la folgore bluastra in
copertina e un'edizione italiana uscita in un lampo. Ho atteso il
cinquanta percento e i porci comodi di Libraccio per poterlo dire
mio; senza fretta. Perché, come dicevo, adesso più che in passato,
colui che mi ha iniziato alle gioie (e ai dolori) della lettura, è
puntuale e onnipresente: so che, in caso di ritardi negli acquisti,
in libreria potrò comunque trovare non uno, ma almeno due titoli
inediti. Questa, infatti, la media annua di pubblicazioni di un re
longevo e scaltro che, ormai, chi osa rovesciare dal suo trono di
spade? E quel Revival per cui
tanto c'era tempo – messo nel carrello, in attesa del click; messo
sul comodino, in attesa di fare ciao con la mano alla mia estate –
mi ha catturato, sin dall'inizio, con uno degli incipit destinati a
rimanere nella storia di un anno di letture, e non solo, per bellezza
e semplicità. In quanti abbiamo pensato alle persone della nostra
vita come ai personaggi di un film? Ma in quanti abbiamo saputo dirlo
così, con la voce che rischia di spezzarsi per la malinconia verso i
bei tempi andati? C'è da vivere a lungo e intensamente. E ci sono
vite lunghe e intense in un romanzo che parte da lontano, con i
giochi di infanzia di Stagioni Diverse,
i momenti in cui ci si smarrisce nella selva oscura degli
stupefacenti come in Doctor Sleep,
fino ad arrivare alle svolte fantastiche di Cose Preziose
o La tempesta perfetta.
Il titolo, Revival, fa
dunque riferimento alle pratiche miracolose di un blasfemo
Frankenstein che sfida i limiti invalicabili della morte, donando una
seconda possibilità a chi era ferito nel corpo e nello spirito, e a
quel che la ricomparsa di temi simili, nella bibliografia del mio
autore preferito, rappresentano: un ritorno all'orrore che fu. Quando
l'ora sta per giungere e, con la vecchiaia, la morte inizia a fare
paura, la vita – o così si racconta spesso, almeno – ci scorre
davanti, proprio come uno di quei film di cui vi parlavo poco fa.
Revival, racconto
della giovinezza spericolata di Jamie Morton e della conoscenza che
lo segnò irreversibilmente, è quel flusso; è quel film mandato
indietro velocemente ma non troppo, direi, viste le quasi
cinquecento pagine totali.
Titoli di testa, il primo piano di un
bambino che schiera a terra i suoi amati soldatini, poi la fatidica
ombra che si allunga sui suoi giochi innocenti e non lo abbandonerà
mai più. Appartiene a Charles Jacobs, il giovane reverendo che –
con la sua bellissima moglie che suona con grazia l'organo e un
figlio piccino, tenerissimo, che diventa subito l'allegra mascotte
dei bambini del paese – avvicina le famiglie, sprona gli
impertinenti affinché obbediscano agli adulti, guarisce gli infermi
con il potere dell'elettricità. Dio dava la vita con un soffio,
Jacobs con una scintilla. Ma quando Dio o chi per Lui, in un violento
incidente, lo priva della sua adorata famiglia, per il reverendo –
scomunicato, dopo un infuocato sermone contro il Paradiso – inizia
il cammino infernale oltre le colonne d'Ercole: l'imbonitore, il
ciarlatano in tivù, lo scienziato pazzo. La morte è una porta e lui
vuole aprirla un po', dare una sbirciata dall'altra parte. In quasi
mezzo secolo, la storia di Jamie – da bambino dalla Fede
compromessa da una parola di troppo a chitarrista tossicodipentente
nel favoloso panorama rock 'n roll dei primi anni settanta – si
incrocerà in modi imprevisti con quella dell'adulto che, un giorno
d'estate, oscurò il sole con la sua lunga nera ombra. La sua nemesi,
il suo agente del cambiamento – quello che, in un'esistenza in
formato 16:9, gli farà conoscere gli amici giusti, i nemici
sbagliati e davanti a un bivio, davanti a una scelta, scaverà a mani
nude una terza via alternativa. Il loro rapporto di amore odio –
simile a quello tra Faust e Mefistofele, tra Renfield e il Conte
Dracula: come tirarsi indietro davanti alle richieste d'aiuto di un
genio disperato, se è a quello stesso genio disperato che dobbiamo
la nostra felicità? - è un'evoluzione continua, che mette sullo
stesso piano antagonista e protagonista e, come in uno di quei
lungometraggi pensati con cura o comunque in una di quelle vite al
massimo, ha occhi di riguardo e parole belle per chi va, chi viene e
chi, innamorato o con un piede nella fossa, finalmente si ferma.
Ma,
e lo saprete già se avete dato una sbirciata alla fine della
recensione, Revival non
mi ha convinto del tutto. E senza purtroppo di sorta, perché parlare
di delusione – avando tra le mani un romanzo denso, ampio e tanto
ben scritto – è esagerato. Quel “ma” resta lì, chi lo
sposta?, e per me è colpa, principalmente, dell'ultima parte: quella
spiccatamente orrorifica. Il reverendo Jacobs prima dà, poi
riprende. Non mi ha convinto il fulcro del mistero, che ho trovato
non avesse il giusto appeal, ma mi è piaciuto un mondo tutto il
resto. Quello che viaggia dalle parti della vita vera, non l'omaggio
in definitiva già letto all'immaginazione inquieta di un Lovercraft.
Sarà che sono più per un horror che esplori questa realtà, non
quella metafisica, e che una delle immagini che il finale mi ha
lasciato – una landa desolata, omaggio per caso, mio Re, all'Aldilà
di Fuci o a Inferno di
Dario Argento? In caso, tanta tanta stima – era di impressionante
nichilismo; la prospettiva più cupa e pessimista. Accanto al King
vecchio stile che, con franchezza, non rimpiangevo, scene che
andavano a nozze con gli occhi lucidi. Il ritorno a casa dopo
trent'anni di assenza, i fratelli che non vedevi da decenni, i nipoti
che non sapevi di avere, i familiari che – in molti casi la
malattia, in un caso particolare il femminicidio – hanno lasciato
un posto vuoto a tavola. E' questo il King sedentario e malinconico
che mi strapazza un po'. Vive ogni giorno come fosse l'ultimo, scrive
ogni libro come fosse l'ultimo. L'emozione ha trionfato sul terrore,
questa volta, ma tanto un brivido vale l'altro. Revival:
per i più, un grande ritorno alle radici del genere. Ma, vedete,
c'è un errore sin dal principio. Una prospettiva diversa, alla base. Stephen
King non è tornato, perché Stephen King - per me - non è mai andato via.
"Casa è quel posto dove vorrebbero sempre che ti fermassi un po' di più."
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: AC/DC – Thunderstruck