In generale, se sommiamo la parola “Apocalisse” e l’anno “2012” ci rendiamo immediatamente conto che c’è poco da ridere: fra invasati convinti che i Maya la sapessero davvero lunga e astronomi dilettanti con i telescopi puntati verso il cielo nella speranza di essere i primi ad inquadrare l’astro assassino, beh, la combinazione finisce per essere preoccupante.
Poi un giorno passeggi in libreria e punti lo sguardo su una copertina coloratissima e un po’ ambigua. Scuoti la testa, un po’ perché vi campeggia il nome di Neil Gaiman (e porti ancora i segni dell’esperienza vissuta con “American Gods”), un po’ perché ne hai parlato con un’amica e – causa la presenza del succitato autore – hai scosso la testa ben poco convinto facendo capire che saresti passato oltre.
Poi però ripensi ai pomeriggio di sanissimo divertimento che ti ha regalato in gioventù Terry Pratchett, la curiosità prende il sopravvento, decidi di dare credito ad un duo che ti sembra improbabile e approfitti delle poltroncine in cartonato della libreria per verificare se i tuoi sospetti non fossero, per una volta, male indirizzati.
Dieci minuti e venti pagine dopo, “Buona Apocalisse a tutti!” non è più nelle tue mani, ma in quelle del fanciullo alla cassa che ne sta scannerizzando il barcode. “Vuole un sacchetto?”, “No, grazie”, perché mentre sali le scale e punti la metropolitana vuoi arrivare alla fine del capitolo, a rischio di musate stampate sulla schiena del turista di fronte.
C’è un qualcosa di incomprensibile, però: la prima edizione italiana di questo romanzo è del 2007, l’originale è stato edito nel 1990. E non riesci a immaginare per quale motivo la pubblicazione abbia tardato 17 anni nel nostro paese, perché l’aria che si respira durante la lettura riempie felicemente i polmoni con la freschezza dell’umorismo di Terry Pratchett – riconoscibilissimo in alcuni passaggi al limite del geniale – e la visione certamente un po’ più nera di un giovane Gaiman, che compare a punteggiare di realtà umana una trama certamente solida e godibile. Sembrerà un mezzo miracolo, ma la più trita di tutte le battaglie (il Bene contro il Male, qui inteso proprio come Armageddon con tanto di angeli spada-dotati e diaboliche schiere) raggiunge punte di felice originalità e di puro divertimento. Tra i protagonisti, un demone e un angelo – Crowley e Azraphel – poco avvezzi all’obbedienza verso le (rispettive) Alte Sfere, due improbabili Cacciatori di Streghe, e Quattro Cavalieri dell’Apocalisse in rombante e moderna versione motociclistica.
Tra citazioni dotte e meno dotte (letterarie, musicali e cinematografiche che siano) e grandi trovate (“Crowley stava ascoltando una raccolta di brani migliori dei Queen, anche se questo non è un dato importante, visto che qualsiasi audiocassetta lasciata per più di due settimane nel portaoggetti di un’auto si trasforma in una raccolta dei brani migliori dei Queen”), “Buona Apocalisse a tutti” sarà amato da chi adora Benni, da chi ricerca un sorriso in ogni pagina e da chi vuol convincersi che il vero Gaiman sia questo qui. Io lo consiglio.
Le citazioni:
“Ventisette persone furono buttate giù dal letto in rapida successione, e a loro volta ne svegliarono altre cinquantatré, perché se c’è una cosa che un uomo ha bisogno di sapere – quando lo si sveglia nel panico alle quattro di mattino – è che non è solo.”
“Il piano A aveva funzionato. Il piano B aveva fallito. Tutto dipendeva dal piano C, che aveva un solo punto debole: i suoi piani non si spingevano oltre il B.”
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