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Recensione: Se chiedi al vento di restare, di Paola Cereda

Creato il 25 maggio 2014 da Mik_94
Che cos'è l'amore? Roba da femmina, da sciagurata. Roba da figlia, da fidanzata. Roba da viva, da sacrificata. Ecco cos'era, l'amore. Un mattino ventoso e il frusciare dell'erba dentro al petto.
Recensione: Se chiedi al vento di restare, di Paola CeredaTitolo: Se chiedi al vento di restare Autrice: Paola Cereda Editore: Piemme Numero di pagine: 219 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Agata non sa nulla dell'amore e della bellezza. È una ragazza semplice, cresciuta su un'isola nel mezzo del Mediterraneo, da un padre distante, che è solo capace di toccare il ferro della sua fucina, e una zia bigotta, invecchiata anzitempo e terrorizzata all'idea di volerle bene. Al posto di una madre, un'assenza, sotto forma di un vestito azzurro sepolto in un armadio. Al posto delle carezze che meriterebbe, parole dure che feriscono come schiaffi. È la scoperta della passione a cambiare per sempre il corso della sua esistenza. Per la cucina, grazie alla creazione di una salsa capace di dispensare il buonumore e far gustare il mondo. Per un giovane addestratore di cavalli in un circo, Dumitru, che le fa capire, in un muto linguaggio di soli gesti, che la vita non è un inferno, come le hanno fatto sempre credere. È il piacere di un istante, un paio di scarpe rosse che danno scandalo, un ballo silenzioso con l'uomo amato e la pienezza che si prova solo realizzando i propri sogni. Così Agata inizia finalmente e vivere, a ribellarsi a un mondo chiuso, schiacciato dal moralismo, dalla corruzione, dalla prepotenza. Ma lì è nata, e lì vuole rimanere. Capirà che l'amore e la bellezza, in fondo, sono come il vento. Se non chiedi loro di restare, rimarranno a riempire i tuoi giorni.                                                  La recensione Recensione: Se chiedi al vento di restare, di Paola Cereda Ci sono libri che semplicemente non sai. Non sai se ti piaceranno, ma li leggi. Non sai di che parlano, ma speri di scoprirlo strada facendo. Non sai definirli, eppure i ringraziamenti conclusivi, saggiamente, ti avvertono. Sei arrivato alla fine della storia. Quello è il definitivo capolinea. Se chiedi al vento di restare è uno di quei libri “che non so”. La definizione - approssimativa, strana, giusta - calza che è una meraviglia, almeno per me. Almeno questa volta. L'ho iniziato in treno, con il sole. L'ho finito in treno, qualche giorno dopo, sempre con il sole. Un'andata e un ritorno. Una partenza e un arrivo. Una scoperta, un viaggio. La valigia piena e pesante mi sbattacchiava contro le ginocchia, la musica e le parole mi avevano portato lontano, via. La musica delle parole. Con una partitura, un timbro, un ritmo, un colore tutto loro. Paola Cereda - un nome che non conoscevo, scritto in cima a una copertina che racchiude di tutto e di più e che illumina l'anima con tutto l'azzurro possibile. Un'Italia selvaggia, calda, distante, meravigliosa, circondata da isole e spiagge bianche disseminate in giro come stelle del cielo. In un mare che, tanto, è blu, come lo stesso cielo indolente che lo contempla dall'alto, chiuso in un silenzio che va avanti dalla prima estate dei primi abitanti del cosmo. L'Italia è il continente, per gli isolani. Un altro mondo, oltre la soglia dell'orizzonte. L'attualità, nell'isola senza nome, arriva a sprazzi: la portano i rari turisti, la annunciano le trasmissioni radio, passa dai giornali alle tavole delle locande: di bocca in bocca. Il mondo non fa rumore, la guerra è iniziata e finita senza far troppi danni. Chilometri di acque a proteggere gli abitanti del posto dai tedeschi, la quiete dell'anonimato ad assicurare loro sonno, vino, cibo e speranza. Agata nasce, cresce e probabilmente muore lì: non ha mai il desiderio di spostarsi, di poggiare i piedi sulla terra ferma e di restare. Cammina scalza, vive senza far rumore. Le ditina tozze e sporche di terriccio affondate nella sua terra madre come radici legnose. Lei è un arbusto piccino e irto di nodi, diventato bello senza acqua. Adulto senza tenerezze. Scuro, spontaneo, libero. E' la protagonsita di una di quelle vecchie storie che, a tutti i costi, la società vuole sconsolata e triste. Ho pensato alle fiabe senza lieto fine, con zie arcigne, vicini sospettosi, padri anaffettivi, mamme ormai morte e sepolte. Agata è nata nel sospetto, con una colpa covata nella culla: la sua nascita ha segnato la morte di una madre di cui non sa il nome, ma che le ha lasciato ricette segrete bisbigliate quando era ancora nel ventre, la passione per la cucina, un vestito cobalto nel fondo dell'armadio. Il Fabbro è un papà che parla poco e pretende poco. Una frittata con le cipolle – alta, dorata, croccante – ogni giorno, alle undici in punto. Guai a sgarrare: né un minuto dopo, né un minuto prima! Frittata sempre. Ieri, oggi, domani. Come da tradizione. Se chiedi al vento di restare racconta di un paradosso bello e buono. Perché Agata troverà la libertà cercata, rincorsa, rinnegata in un carcere che, finalmente, ha la parvenza di una casa. Un orticello, pareti dipinte con vernice fresca e chiara, fuochi artificiali contemplati dalle sbarre, carpre, formaggio, vino, miele. Un elegante direttore - sospettano gli isolani, un po' “femminiello” - che legge Maupassant, coi pantaloni a sigaretta, un cappello di ottima foggia, scarpe troppo buone per le asperità dell'isola, l'audacia di portare il circo in città. Recensione: Se chiedi al vento di restare, di Paola Cereda La gente mormora. I circensi sono zingari, gente di malaffare. Rubano i bambini, corrompono i puri di spirito: sono seduttori, ladri, prostitute. Sarà. Ma è un circense senza radici, con un nome ruvido e forte, a portare la magia. Dumitru danza con le bestie feroci. Parla con i cavalli e i cavalli rispondono. Dumitru è lo scoppio della femminilità nella volitiva Agata: un paio di tacchi di vernice rossa che battono sul pavimento della chiesa locale, passi a due sul balcone di domenica mattina, una misteriosa bambina che ha il nome dell'isola e i poteri delle divinità. Il nuovo romanzo di Paola Cereda ha un'anima latina. L'autrice, che ha raggiunto notorietà e riconoscimenti con Dalla vita di Alfredo, ha passato gli ultimi anni in Argentina, tra tanghi, attori, esotismo. La nostalgia per quella terra converge in questo libro, che ne è pieno, con risultati originalissimi. L'isola "immaginaria" che galleggia placida e inamovibile al largo delle nostre coste è nutrita per endovena di cose buone e una flebo di aghi, proteine vitali e belle parole lascia che sangue caliente, dolce, spagnolo si mescoli ad acqua e sale. Il risultato è particolare. Unico. Nel bene, come nel male. Un vino rosato, sanguigno, con riflessi color ambra, che apre lo stomaco alla fame, il cuore all'amore, l'estate alle danze sul bagnasciuga, le spose alle attese. La storia di Agata e Dumitru vive di accostamenti netti, che collidono e si fondono. Fanno storcere il naso, ma devono essere sperimentati, per scoprisi irresistibile. Assaggiati: come un gelato limone-cioccolato. Io voglio asseggiate la salsa di Agata, adesso. C'è la ricetta all'ultima pagina. Voglio capire che c'entrano le cotogne con lo scalogno, il succo di limone con il timo e il latte, lo yogurt con la ricotta e le scorzette di limone e arancia. 
Recensione: Se chiedi al vento di restare, di Paola Cereda Ma che c'entrano, poi, i popolani e i circensi, i fermi e i girovaghi, la pancia piena e il buonumore? Tutto, forse niente. Tutto e niente. La Cereda addolcisce gli animi con uno stile delicatissimo, vivace, garbato. Descrive episodi meravigliosi e altri che, lì per lì, ti lasciano dubbi da perderci il sonno. E' un mistero. Un alone miracoloso abbraccia il tutto e i miracoli, anche i più bislacchi, accadono e basta. Non te li spieghi mica, i miracoli. I trapezisti volano, i leoni si lasciano morire di fame, le star sono ragazze comuni che, con lustrini, rossetto e parrucca, diventano dive di Hollywood. Il circo, che meraviglia! Trovarlo in un libro è sintomo di una mente iperattiva, garanzia di incanto, certezza di economico intrattenimento. Che poi, a me, nella realtà, mette una tristezza assurda. Maleducato, chiassoso, sporco, lascia tracce di carovane in giro, rumori nel cuore della notte, bestie mezze agonizzanti. In letteratura è poesia, e nel romanzo di Paola non fa eccezione. Incantevole. Suggestivo. Questa è una storia che parte come una favola della buonanotte e che, andando avanti, acquisisce un sapore vagamente acre; le tinte grottesche di un film sperimentale. A metà tra Il seme delle discordia, di Pappi Corsicato, e Il profumo del mosto selvatico, un Chocolat tutto mediterraneo, che preferisce il salato al dolce e chiede all'impetuoso vento di Carnevale che apriva il romanzo di Joanne Harris di restare per tutto l'anno. Tutto l'anno, per tutti gli anni. Per imparare a leggerlo. E per imparare a convivere con un mare assassino e santo che prende, ma poi ridà. Se chiedi al vento di restare è un pensiero fisso che ha un buon sapore. Una suggestiva e romantica locanda su un porto di mare, che ti insegna il piacere di gustare la vita boccone dopo boccone; di sederti a un tavolo, col tovagliolo sulle gambe e i gomiti dritti dritti, e tentare una roulette russa di portate senza eguali, miracoli inspiegabili, immacolate concezioni, morti e resurrezioni. Tutto rigorosamente in salsa Agata, non dimentichiamolo. E' omaggio della casa. Il mio voto: ★★★½ Il mio consiglio musicale: Vanessa Paradis – Tu si na cosa grande (Versione originale: Domenico Modugno)

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