Recensione: "Segreti di famiglia" di Tatiana de Rosnay

Creato il 06 giugno 2011 da Lauragiussani
Titolo: Segreti di famiglia
Autore: Tatiana de Rosnay
Editore: Corbaccio
Data uscita: 26 maggio 2011
Pagine: 360
Prezzo: 18,60 euro
Quando è avvenuto l’incidente, sua sorella era sul punto di rivelargli un segreto… Adesso è gravemente ferita e mentre aspetta, angosciato, che lei esca dalla sala operatoria, Antoine fa un bilancio amaro della sua vita: la moglie l’ha lasciato, i figli adolescenti gli sfuggono, i lavoro non lo soddisfa più, il padre è ormai anziano e tirannico… Come ha fatto ad arrivare fino a questo punto? E quale segreto stava per confidargli Mélanie? Antoine si sente schiacciare dal peso del passato, ma riceverà un aiuto inatteso nella sua ricerca della verità da Angèle, una persona molto particolare… 

RECENSIONE: Tutte le famiglie hanno dei segreti. Ma alcuni segreti possono rovinare una famiglia. (Livello spoiler: medio-basso) 
“A volte è più facile non sapere. A volte la verità fa male…” La frase virgolettata che spicca in copertina proprio sopra il titolo e il nome dell’autrice sintetizza perfettamente il contenuto di questo romanzo che si presenta come una storia familiare avvolta nel mistero e circondata da una leggera nota thriller. Molto leggera, a dire la verità, quasi impalpabile. Il ritmo è lento, l’alone misterioso è più che altro un pretesto per sondare a fondo la psicologia dei personaggi che ruotano attorno alla vicenda narrata dall’autrice.
In questo libro ho riconosciuto lo stile di Tatiana de Rosnay, uno stile che apprezzo molto, anche se non trovo il romanzo all’altezza di altri suoi libri precedenti, come ad esempio “La chiave di Sarah”, dove l’introspezione dei personaggi si arricchisce di un’ambientazione insolita, drammatica e interessante quale il rastrellamento del Vel d’Hiv.
Due parole sulla copertina di “Segreti di famiglia”: non mi è piaciuta. Passi l’effetto grazioso del finestrino su carta lucida, in contrapposizione al resto della copertina, ma nell’insieme è del tutto insignificante. Sia prima che dopo aver letto il libro.
Quanto alla vicenda, ci troviamo nella Francia dei giorni nostri, anche se molte sono le digressioni che riportano il lettore indietro fino agli anni ’70. La storia si apre con Antoine, seduto in una squallida saletta d’ospedale. L’uomo, agitato e scosso, attende che qualcuno gli fornisca informazioni sullo stato di salute di sua sorella Melanie. I due fratelli sono rimasti coinvolti in un incidente mentre tornavano da una gita (una sorta di festa di compleanno per i quarant’anni di Melanie) nella località dove erano soliti passare le vacanze estive da bambini. Onde evitare di rovinare la lettura entrando eccessivamente nei dettagli, ho deciso di limitarmi a sottolineare i punti di forza e le pecche che a mio avviso caratterizzano questo libro.
Ci sono molte cose che ho apprezzato di questo romanzo, e altrettante che invece non ho particolarmente gradito. Tra le critiche, un uso smodato dell’effetto “coincidenza delle coincidenze”: che Melanie – alla guida dell’auto su cui lei e il fratello viaggiano – se ne esca con “Antoine, c’è una cosa che devo dirti…” giusto pochi istanti prima dell’impatto, è una trovata che più banale di così proprio non poteva essere.
Vuoi che i due ragazzi hanno perso la madre fin da piccoli, vuoi che alcune scene siano celate da qualche parte nel subconscio, sopite per anni in attesa di essere riportate alla luce…tutto questo però non spiega la ricerca – da parte dei due fratelli –di un mistero che ufficialmente non c’è. Sanno come è morta Clarisse, ne hanno sofferto ma lo hanno accettato. Va bene la nostalgia, va bene il desiderio di ritornare nei luoghi felici della propria infanzia…ma cercando che cosa? Per quanto ne sanno loro, non c’è proprio nulla da scoprire. E invece l’autrice li porta a farsi domande, a ragionare su eventi passati – anche piccoli dettagli – che nemmeno dovrebbero passare loro per la testa. Non se lo sono mai chiesti prima, perché tanto interesse tutto d’un tratto? Da dove nascono i sospetti, a parte alcune coincidenze – anche qui poco credibili – che l’autrice semina come indizi lungo la loro strada?
Certo sono personaggi complessi, e indubbiamente il loro carattere e le loro scelte di vita sono state influenzate dalla loro stessa storia e - chissà – forse anche da quell’infanzia che a inizio libro sembrava essersi perduta nel dimenticatoio. Tatiana de Rosnay ha l’abilità di presentare ai propri lettori figure combattute, reali, spesso caratterizzate da tratti fastidiosi, atteggiamenti nostalgici e vite patologicamente infelici. Sicuramente è il caso di Melanie, quarantenne single, abbandonata dal fidanzato tempo prima e che ora cerca la distrazione nel rapporto con un uomo sposato vent’anni più vecchio di lei. Anche Antoine non è il ritratto della felicità: separato da una moglie che lo ha tradito e lasciato, ma della quale è ancora innamorato (aspetto che mi ha dato parecchio fastidio, perché non si può essere così passivi e avere così poco amor proprio, cavolo!), padre di tre figli con i quali non sa bene come interagire e figlio di un padre quasi assente nella sua vita.
Tra gli aspetti positivi, la chicca rappresentata dalla storia del “Passaggio del Gois”, strada soggetta a maree e lunga circa 5 chilometri, che durante la bassa marea collega l’isola di Noirmoutier al continente (se ve lo state chiedendo, esiste per davvero). Non è semplicemente un elemento che impreziosisce l’ambientazione, ma si ricollega a tutta una serie di episodi, conversazioni e immagini che hanno caratterizzato l’infanzia di Antoine. Quella strada che sparisce all’improvviso sotto onde d’acqua grigia rappresenta simbolicamente i ricordi dei due ragazzi. Così come il ricordo della lunga strada che poi riaffiora dal mare durante la bassa marea, allo stesso modo torneranno alla luce anche altri aspetti di quegli anni ormai lontani, eventi che si rivelano strettamente legati alla madre dei due, Clarisse.
Inframmezzate ai capitoli ci sono alcune lettere d’amore, senza nome o riferimenti precisi, che fanno intuire al lettore – già dopo le prime quaranta pagine – quale potrebbe essere questo misterioso segreto di famiglia. Effetto sorpresa rovinato dall’autrice? Niente affatto! Tatiana de Rosnay trascina il lettore in una partita interessante, giocandosi solo all’ultimo l’asso nella manica. Lo mette sulla giusta strada, gli fornisce tutti gli indizi possibili e immaginabili. Lascia che si creda furbo, magari che abbia anche da ridire sulla trama all’apparenza scontata. E poi, verso la fine, eccolo che rimane di stucco.
Non fraintendetemi, non è una corsa all’ultimo colpo di scena, come in quei thriller dove la storia procede a ritmo serrato. “Segreti di famiglia” è un romanzo a volte anche troppo flemmatico , dove l’attenzione con cui l’autrice inventa, cresce e accudisce i propri personaggi può sembrare esasperante (ma proprio per questo motivo una critica che mai le si potrà rivolgere è quella di dare vita a personaggi insignificanti o piatti). Ciò nonostante, il finale riserva comunque una sorpresa non da poco, complice un tema inusuale e delicato, difficile da affrontare per bene, come invece la de Rosnay ha saputo fare.
In conclusione un romanzo che raggiunge (non senza qualche difficoltà) le tre stelline, andando ad affiancare le letture che personalmente considero belle e piacevoli. Consigliato a chi predilige un romanzo riflessivo e dal ritmo tranquillo, ma non per questo meno interessanti rispetto al classico libro tutto fuochi d’artifico e niente sostanza.

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