Recensione: Seppellitemi in cielo, di Stefano Ferri
Creato il 08 settembre 2013 da Mik_94
Ciao
a tutti, amici lettori! Come state? Io mi sto godendo questi ultimi
giorni di mare: in spiaggia si sta davvero una meraviglia. Mi
dispiace per quelli che, tra domani e martedì, inizieranno ad andare
a scuola, mai come quest'anno, che l'estate è volata letteralmente.
Oggi, la recensione del primo romanzo di Stefano Ferri, che è stato
così gentile da scrivermi per avere un parere. Ringraziandolo per la
disponibilità e sperando che la mia recensione risulti completa e
utile, vi abbraccio e vi auguro una buona domenica.
Titolo:
Seppellitemi in cielo
Autore:
Stefano Ferri
Editore:
Robin Edizioni
Numero
di pagine: 240
Prezzo:
€ 14,00
Sinossi:
Patrizia Mondelli, rampolla di una ricca famiglia, viene trovata
morta suicida nell'abitacolo della sua auto. L'ispettore Giorgio
Bonomi, prima di chiudere l'inchiesta di prassi, tenta di decifrare
il messaggio, "Seppellitemi in cielo", che la ragazza ha
lasciato accanto a sé. Un penoso colloquio col padre di Patrizia e
il successivo esame dei diari diranno solo che la ragazza era
appassionata di astrofisica e ancora innamorata dell'ex fidanzato
Luca Giordani. Bonomi convoca in questura Luca, ma questi non riesce
a far luce sul biglietto. Al termine dell'interrogatorio Luca si reca
da un amico, Davide Rompani, e lo mette a parte di ciò che è emerso
in commissariato. Quando gli cita il testo del messaggio, Davide
viene folgorato da un ricordo capace di chiarirgliene il significato,
e svela che Patrizia, negli ultimi mesi di vita, aveva mostrato
interesse per un'agenzia di Houston (Texas) specializzata nello
spedire in orbita le ceneri dei morti. Questo sarà soltanto l'inizio
di una misteriosa e straordinaria serie di scoperte...
La recensione
Seppellitemi
in cielo. E' stato quel titolo
diretto e poetico, scritto in stampatello su una copertina dai toni
misteriosi e cupi - che ricorda molto lo stile ricercato di quelle
della collana di thriller dalla Piemme, Linea Rossa
– a incuriosirmi alla prima occhiata. Non conoscevo quest'autore
che stava cercando un parere sincero sul suo romanzo d'esordio, e che
con mio grande piacere aveva pensato a me, né conoscevo i temi
presenti nel suo libro, edito dalla Robin Edizioni: una casa editrice
che ha confezionato, almeno in quest'occasione, un volumetto in
brossura comodo e pratico, senza nessun refuso o sbavatura,
supportato da un ottimo lavoro di editing. Ormai a lettura ultimata,
premetto che parlarne non sarà facilissimo. Quando si tratta di
giudicare il lavoro di autori italiani mi trovo sempre in grande
difficoltà, e sempre rimango un po' deluso. Tuttavia, mentre sul
recente Atipico Vampiro
di
Giacomo Lucarini non avevo potuto esprimere un giudizio complessivo
data la brevità del racconto, che mi aveva permesso di dare al libro
un giudizio vago e intriso di una diplomazia tutta mia, per
Seppellitemi in
cielo
vale un discorso a parte, anche se le conclusioni saranno all'incirca
simili, immagino: con le sue 240 pagine, infatti, è un romanzo a
tutti gli effetti e l'autore, il disponibilissimo Stefano Ferri, con
il suo lavoro di pubblicitario e giornalista, ha fatto già una lunga
gavetta in questo mondo che, certamente, conoscerà meglio di altri
suoi più giovani colleghi. Partiamo dal nucleo delle vicende che,
come quel bel titolo, intriga a colpo d'occhio: il suicidio
inspiegabile di Patrizia Mondelli, una giovana con una famiglia
esageratamente in vista e una passione smisurata per le parole
segrete delle stelle. Si toglie la vita nella sua macchina dai vetri
appannati e ricoperti da spessi strati di nastro adesivo, che hanno
permesso ai gas di scarico di rimanere all'interno, mentre lei si
addormentava per l'ultima volta con il cuore spezzato e un foglio di
carta accanto. Una frase enigmatica che è un estremo desiderio. Un
ricatto per un fidanzato cattivo, un tormento per un padre dilaniato
dai sensi di colpa, un mistero da risolvere per l'ispettore Bonomi.
La risposta sembrano conoscerla solo gli astri... Ho pensato
immediatamente al “grande forse” di Cercando
Alaska,
a Uomini che
odiano le donne e
all'ossessione del vecchio zio di Harriet per i fiori secchi,
all'aspetto che avrebbe avuto LoStrano mondo di
Alex Woods
secolorato
di dramma e morte, ho pensato male.
Ho pensato troppo. Questo è uno
di quei romanzi che non regalano novità o colpi di scena che le
poche righe della sinossi non abbiano già svelato in precedenza.
Nelle prime cento pagine accade quello che la quarta di copertina
svela; le altre cento sono uno stanco e lento trascinarsi sugli
stessi argomenti. Non ho percepito il dolore, il pathos, i vari tipi
d'amore. I personaggi, schivi e scialbi, non mi hanno parlato di loro
e dei loro sentimenti, in attesa che la voce autoriale venisse a
raccontarmi chi fossero, cosa facessero, da quali intenzioni fossero
mossi. Mi ha lasciato indifferente; solo urtato – di tanto in tanto
– per la discutibilità di alcune scelte sintattiche, più adatte a
un articolo di giornale che a un'opera di narrativa. Tutto è
asciutto, troppo. Un'aridità di sentimenti e sensazioni, a cui
nemmeno le lacrime dei personaggi possono rimediare. Lacrime fasulle,
per personaggi legati da un'unica cosa: l'ossessione per Patrizia.
Una figlia adorata, una fidanzata oppressiva e dispettosa, un enigma
continuo. Il personaggio più interessante, forse, ma che, per via
della maniera antitetica e opposta con cui molti comprimari la
percepivano in vita, è poco incisivo. Sbiadito, per il rigor mortis
e le pene d'amor perduto. Tutti gli altri dovrebbero brillare della
luce riflessa di lei, ma in Patrizia è stata riposta troppa fiducia
– da parte mia e dello stesso autore. Lei è un buco nero; gli
uomini intorno a lei vivono nel buio della sua scomparsa. Non hanno
luce che illumini i loro poco convinti gesti; non hanno quella
peculiare scintilla che li rende persone, non fantocci di carta.
Il
fidanzato, il padre, il migliore amico e l'investigatore, che – dopo
quell'ultimo caso – ha abbandonato il suo lavoro, hanno reazioni
iperboliche, spropositate. Il signor Mondelli prova
una riconoscenza ingiustificata nei confronti dell'ex poliziotto,
come se avesse risolto chissà quale grande caso. Il suicidio della
ragazza non ha nulla di inspiegabile e il suo ultimo messaggio viene
chiarito da un amico che è sempre stato innamorato di Patrizia,
complice inconsapevole del suicidio della giovane e delle sue ultime
volontà, non da Bonomi. Inoltre, come non spendere qualche parola
sulla mancanza di sensibilità di Luca, che, poco dopo il suicidio
della sua ex, tutt'altro che sconvolto o rattristato, a un amico che
gli chiede di Patrizia risponde:
“Patrizia chi?!”. Nel
suo corpo, sensi di colpa e neuroni sono presenti in quantità
uguale: l'antipatia abbonda. La splendida e originale idea di base,
poi, che vedeva coinvolta una società texana addetta a inviare le
urne dei nostri cari nello spazio, scade banalmente con la comparsa
di voluminosi manuali di astronomia, convocazioni dalla Nasa,
riunioni alla Casa Bianca sotto lo sguardo del presidente degli Stati
Uniti. Al lettore, semplicemente cascano le braccia, proprio come
cascano all'investigatore Bonomi, che per ore e ore – e per noi che
leggiamo, per pagine e pagine – deve assistere alle farneticazioni
di un vecchio folle. Ma sarà vera follia, la sua? Seppellitemi
in cielo poteva
raccontare una storia ad ampio raggio, che è tutto tranne che
superata in partenza: un tema tristemente attuale – il suicidio
tra i giovani – e una procedura fantascientifica e lontana.
Tuttavia il romanzo è di una maturità che, paradossalmente, lo
rende acerbo. Ogni frase è pesante, densa di cose, con termini
desueti, perifrasi abbondanti, uso e abuso di lunghe parentesi e
punti esclamativi. Il linguaggio è antiquato, retorico,
referenziale, artefatto: a “devo” si preferisce “debbo”, a
“direttamente” è sostituito “brevi manu”, al posto di
“poveraccio” è usato “tapino”, per riportare qualche
esempio. Le descrizioni di luoghi e persone sono scarsissime, ma
prolisse e minuziose sono quelle di dettagli astronomici che al
lettore possono interessare fino a un certo punto. A me,
personalmente, poco e niente. Due, tre pagine per spiegare come
realizzare un fotomontaggio, ipotesi di follia e domande retoriche
dall'utilità discutibile, l'inseguire a rotta di collo un mistero
che effettivamente non c'è. In Seppellitemi
in cielo,
e lo dico con immenso dispiacere, ho trovato gli stessi difetti che
riscontro nel cinema italiano e nella narrativa contemporanea, anche
di un certo livello: la pretenziosità dilagante per mettere una
toppa sulla poca efficacia di fondo. Il libro oscilla tra il mistery
e la fantascienza, tra un thriller psicologico e un thriller dei
sentimenti, ma, tra quei milioni di stelle in cui la povera di
Patrizia spera di incontrare l'amore della sua vita anche da morta,
non riesce a trovare una strada che sia solo sua, in grado di
portarlo in quel luogo (ir)ragiungibile dell'anima in cui scatta
naturalmente qualcosa che è simile al feeling. Al riconoscimento. Al
colpo di fulmine. L'autore è evidentemente una persona che sa
scrivere, ma
è solo sotto quello strato artificioso di paroloni, azzardate figure
retoriche e termini superati che pulsa la sua vena creativa. Da
giornalista, dovrebbe limare il superfluo e giungere al cuore vero
delle cose, in profondità, dove dorme la verità. Forse, liberarsi
di un preciso bagaglio culturale che, talvolta, lo fa viaggiare
pesante. Semplice e noto il messaggio finale: la vita è un mistero;
la morte lo è ancora di più. Seppellitemi
in cielo si
domanda il perché, ma non trova risposta alla domanda.
Il
mio voto:★★
Il mio consiglio musicale: Lamb - Gabriel (I can Fly)
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