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Titolo: Silver Autrice: Kerstin Gier Editore: Corbaccio Numero di pagine: 323 Prezzo: € 16,40 Sinossi: Porte con maniglie a forma di lucertola che si spalancano su luoghi misteriosi, statue che parlano, una bambinaia impazzita che si aggira con una scure in mano... I sogni di Liv Silver negli ultimi tempi sono piuttosto agitati. Soprattutto quello in cui si ritrova di notte in un cimitero a spiare quattro ragazzi impegnati in una inquietante cerimonia esoterica. E questi tipi hanno un legame con la vita vera di Liv, perché Grayson e i suoi amici sono reali: frequentano la stessa scuola, da quando Liv si è trasferita a Londra. Anzi, per dirla tutta, Grayson è il figlio del nuovo compagno della mamma di Liv, praticamente un fratellastro. Meno male che sono tutti abbastanza simpatici. Ma la cosa inquietante - persino più inquietante di un cimitero di notte - è che loro sanno delle cose su Liv che lei non ha mai rivelato, cose che accadono solo nei suoi sogni. Come ciò possa avvenire resta un mistero, esattamente il genere di mistero davanti al quale Liv non sa resistere.. La recensione Lo dico? Lo dico, dài. Quanto mi sta antipatica Kerstin Gier. Ora, ragionevolmente, starete pensando: “Ma chi, la stessa Kerstin Gier di Red, Blue e Green – così frizzante, spassosa, autoironica, divertente?”. Già, proprio lei. Parlo – e lo specifico – non avendo letto l'acclamata Trilogia delle Gemme: l'atrocità e il kitsch del film Rubinrot avevano ucciso qualsiasi mia intenzione; peggio di quanto faccia, in estate, l'implacabile carta moschicida con gli insetti. Mi era bastato il film, mi ero fermato felicemente al film. Poi, dopo due chick-lit, a qualche anno dalla sua famosa trilogia fantasy, eccola in libreria con il primo volume di una nuova serie. Il tema: i sogni. Interessantissimo è dire poco. E poi quella copertina così dark – con la solita ragazza in abito lungo di spalle (tutte timide queste modelle?) e i soliti scenari desolati – aveva fatto il resto. Amo le congetture sui sogni, le modelle troppo fighe per offrire un primo piano del loro bel faccino a noi spregevoli mortali, gli inquietanti cimiteri inglesi pieni di rovi e antichità. Trecentoventi pagine dopo, eccomi qui. Presente all'appello, ma poco entusiasta. Pochissimo. Silver... com'è, questo Silver? E' un classico racconto urban fantasy, scritto secondo uno stile che vorrebbe essere innovativo. Dico vorrebbe non a caso: perché – pur stemperando le atmosfere gotiche e i misteri più neri con un tono da commedia rosa – il risultato, almeno per me, lascia un tantino a desiderare. Immaginate una risaputa storia di evocazioni, riti e sacrifici umani raccontata dalla voce naif e fresca di una sedicenne: carina come cosa, vero? Immaginate, adesso, la stessa risaputa storia di evocazioni, riti e sacrifici umani raccontata dalla voce di un'autrice quasi cinquantenne che si finge sedicenne, e naif, e fresca come una rosellina di bosco: meno carina, la cosa. Decisamente. Una delle poche note positive di questo romanzo starebbe proprio nella protagonista, la “buffa” Liv, ma è proprio lei a mancare di credibilità. Ha i tratti della caricatura: lei che è bella, ma anche bruttina. O meglio, lei che è una nerd occhialuta, ma che quando si toglie gli occhiali si scopre uno schianto. Domanda al volo: ma perché, se io mi tolgo gli occhiali, mi scopro soltanto cieco come Ray Charles? Lei può. Perché è imbranata, ma è anche cintura nera di kung fu. Cita film e romanzi di nicchia, ma immancabili sono le perle di saggezza del suo sapiente istrutture di arti marziali. Che ovviamente sarà vecchio e assennato come il mitico Genio delle Tartarughe e avrà un nome giapponese alla Jackie Chan. Il lato positivo è che non si prende mai sul serio, ma io – insieme a lei – non ho preso sul serio nemmeno per un secondo la storia che mi raccontava: una specie di Raven Boys per gli spettatori di Dora L'Esploratrice, tipo. I Boys di turno costituiscono un quartetto pressoché inestricabile e indistinguibile. Tra loro, sono indistinguibili. E come sono? Tutti belli, ovvio. Capelli biondi, gambe lunghe, sorriso storto, occhi non semplicemente castanti, ma del colore delle Mou. No, non Le Mucche fanno Muuu, ma le caramelle. Quegli yogurt per bambini sono il mio piacere segreto per eccellenza, non fraintendetemi, ma uno sguardo a chiazze bianche e nocciola non sarebbe particolarmente allettante nemmeno per la nostra Liv. Penseremmo tutti a una rara e grave forma di cataratta e pregheremmo di evitare un mega-apocalittico contagio. Per trecentoventi pagine, dall'inizio alla fine, mi sono chiesto: “Ma questa Liv ci è o ci fa? Ma la Gier ci è o ci fa?”. Propendo per il “ci fa”, io. Lei – in maniera furba, nascosta, scaltra – finge un'allegria che non possiede e s'improvvisa cabarettista con un umorismo che, forzato e poco naturale, non ho trovato per nulla divertente. Silver mi è sembrato studiato a puntino. In maniera stucchevole e irritante. E' un mio problema: più ti fai l'amicone, più mi fai venire l'orticaria. L'autrice elemosina risate e sorrisini divertiti a tutti i costi e, per accattivarsi i più giovani, indossa i panni di una quindicenne un po' nomade che non esiste. Io ho visto lei che si fingeva, in maniera non così brillante, la quindicenne in questione. Come quando i genitori, per un'inquietante forma di cameratismo che mi sfugge, usano “Ganzo”, “Scialla”, “Fa il panico” e le emoticons su Whatsapp per sentirsi gggiovani dentro. Dopo le sue vecchie e fortunate esperienze, la scrittrice tedesca ritorna – con i suoi personaggi – nell'uggiosa Londra, con un volo “solo andata” proveniente dalla Germania. Ecco, Londra è assente. Non ci sono i soliti luoghi comuni, ok, ma non ci sono nemmeno informazioni di nessun tipo. La Gier è convinta che tutti gli inglesi abbiano nomi pomposi e cognomi dall'aria nobile e che i tour notturni presso il cimitero di Highgate siano più alla moda delle foto sorridenti a Piccadilly Circus. A portare la protagonista a Londra è la mamma: dove non si va, per la famiglia. Mamma che, con una comune laurea in letteratura inglese, viaggia più degli U2 in tour. Ha insegnato in tutt'Europa e anche in Africa. Grazie a una laurea in let-te-ra-tu-ra inglese, eh. Professori e precariato non dicono niente alla cara Kerstin, suppongo. Nella nuova scuola, che ha un'organizzazione più confusionaria e fantasiosa di quella della mia università, i soliti personaggi, il solito ballo d'autunno e colei che sa tutto e vede tutto: l'invisibile Secrecy. Il finale di Gossip Girl ha turbato la psiche di qualcuno... E' nella nuova casa, però, con il suo nuovo fratello nella stanza accanto, che Liv inizia a fare strani sogni. Questa, forse, è l'unica cosa che mi sia andata a genio per davvero. Ogni persona ha la sua porta e i suoi sogni e Liv, in un corridoio lunghissimo, a destra e a sinistra, può vedere le porte personalizzate delle persone che le sono accanto. Basta conoscere la parola d'ordine, possedere la chiave, per accedere ai sogni intimi dell'altro. E se qualcuno volesse proteggere i suoi segreti con l'omicidio? In questi pochi momenti, l'avventura della protagonista mi è piaciuta: una curiosa Alice, quasi, al cospetto delle infinite e colorate porte del magnifico Monsters & Co. Non scontato il piacevole colpo di scena inserito alla fine; peccato, solo, che alla pagina successiva il ragazzo di turno mi pronunci una frase come “Il mio sogno sei sempre stata tu!” per farmi cascare le braccia e, di conseguenza, il libro dalle mani. Poi finisce e ti rendi conto di non sapere niente di niente su questa nuova, ennesima saga. Può suscitare curiosità, questo; a me ha dato fastidio e basta. Silver ha idee interessanti, ma uno sviluppo banalissimo che – di tanto in tanto – annoia pure. A me, soprattutto, ha annoiato il tono sempre giulivo, querulo, artefatto e (s)piacevolmente sopra le righe della sua autrice. Ho scoperto che non fa per me. No. Il mio voto: ★★