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[Recensione] SOMA

Da Jark85 @LandOfRust

[Recensione] SOMA

Frictional Games, pur essendo un team scandinavo, ha dato vita a una sorta di nuovo “sogno americano” in cui basta il talento e l’impegno per raggiungere l’eccellenza suprema. Il team di Thomas Grip in realtà ha saputo fare oltre: creare una nuova tendenza di mercato in quanto da Penumbra (ma soprattutto da Amnesia: The Dark Descent) molti team hanno provato a emulare il loro esempio ma spesso e volentieri con scarsi risultati. Frictional al contrario, di gioco in gioco, ha saputo evolversi e migliorarsi sempre di più fornendo un nuovo standard di riferimento per il genere dei survival horror in prima persona. Per questo motivo l’attesa per SOMA, a 5 anni dall’uscita di The Dark Descent, è stata davvero concitata proprio per il senso di “ambizione” e grandezza che il gioco ha saputo emanare nei (pochi) stralci in cui si è visto. Attesa che è stata ripagata alla gramde.

Simon Jarret è un giovane di Toronto che, nel 2015, è coinvolto in un incidente in cui la sua ragazza rimane uccisa. Simon, sopravvissuto, ha danni cerebrali e viene sottoposto a una nuova e  particolare terapia riabilitativa. Iniziata la terapia, qui succede l’assurdo: Simon si ritrova all’inizio del 22° secolo all’interno di un complesso sottomarino chiamato PATHOS-II senza alcuna idea di come possa esserci arrivato. Le cose assurde ovviamente non finiscono qui: Simon ha a che fare con macchine dalla mente “cosciente” come se tale coscienza sia del tutto inconsapevole della natura non umana che la ospita. Oltre a queste, sono presenti anche macchine dalla natura più “marcia” e dalle attitudini decisamente più ostili. Lo scopo di Simon è ovviamente capire cosa sia successo e farsi largo tra i numerosi pericoli del complesso.

Fin dalle prime battute, SOMA si dimostra quello che è: un titolo a firma “Frictional” grazie soprattutto al senso di immersività garantito dal “solito” gameplay fortemente basato sull’esplorazione e sulle dinamiche stealth. Ciò che è mutato fortemente è la complessità tecnica: a differenza che nei precedenti titoli, SOMA è straricco di dettagli: la trama non si appoggia totalmente su documenti o flashback ma anche su dialoghi rendendo la narrazione praticamente mai vuota. In SOMA in sostanza gli sviluppi avvengono in maniera lenta ma comunque costante con la perenne sensazione che qualcosa di grossa stia per accadere. Il “tocco Frictional” è presente in maniera pesante soprattutto nei temi di fondo della trama che vanno a toccare argomenti di profondità etica e morale che raramente si possono osservare in un videogioco. Parliamo ovviamente del rapporto uomo-macchina, del senso della coscienza oltre la carne (il “cogito ergo sum” di cartesiana memoria) e sull’istinto di auto-preservazione. Come detto, la ricchezza di dettagli è talmente elevata da rendere il mondo di PATHOS-II più che credibile: conoscere la vicenda delle persone che hanno lavorato lì prima del disastro contribuisce a rendere la storia ancora più ampia. Forse, proprio per via di una narrativa meno “vuota”, rispetto al massimo la storia di SOMA si dimostra meno criptica e frammentata ma non per questo se ne deve sminuire l’indiscutibile alto valore.

Le atmosfere horror sono state soddisfatte appieno: chi è abituato ai titoli passati, troverà familiare le dinamiche stealth ma è comunque interessante scorprire piccole e gradite novità come la presenza di tipologie di nemici differenti (affrontabili comunque allo stesso modo: strisciare, nascondersi e aspettare che vadano via). In generale il pericolo non deriva esclusivamente dalle aberranti creature ma da tutto il contesto: molti ambienti di PATHOS-II sono marci, fatiscenti, spesso poco illuminati non fornendoci la giusta sicurezza su come affrontare nell’immediato determinate situazioni. Il gioco inoltre a volte ci impone di fuggire da nemici rendendo le cose veramente terrificanti sotto l’aspetto sia visivo (come le interferenze a video che rendono l’esperienza decisamente disturbante) sia uditivo. Generalmente il gioco alterna fasi di gioco intense a fasi più tranquille e prettamente esplorative dove è necessaria la risoluzione di enigmi o puzzle (risolvibili in maniera non eccessivamente complicata). E’ insomma difficile rimanere impassibili e indifferenti di fronte alla follia e alla ferocia “subdola” e mentale di SOMA (diversa per esempio da quella di un Dead Space che è del tutto esplicita).

La durata è coerente e ben bilanciata: procedendo con calma e spendendo molto tempo sull’esplorazione, SOMA si può terminare in poco meno di una decina di ore. Parliamo quindi di una longevità tendenzialmente superiore alla media per essere una avventura horror in prima persona e sviluppata da un team indie.

Commento finale
Con SOMA Frictional Games ha raggiunto un altro “picco massimo” da cui prendere spunto per il futuro. Qualcuno forse potrebbe continuare a non gradire la presenza della stessa formula di gioco di Penumbra e Amnesia ma non se ne può fare a meno dato che è parte integrata del “Frictional touch”. Le atmosfere lugubri, lo stile disturbato (dalle interferenze visive ai suoni) la narrazione pimpante, le tematiche possenti e il senso di disagio sono un altro grandissimo esempio di alchimia di cose che, insieme, danno vita a un grande capolavoro chiamato SOMA. I Frictional Games con questa opera sembrano aver dimostrato di non avere alcun limite creativo. Un gioco che una volta terminato si rimane di sasso e con un solo punto di domanda: “e adesso?”, adesso probabilmente dovremmo attendere un nuovo eterno lustro.


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