Suffragette di Sarah Gavron (UK). Con Carey Mulligan, Helena Bonham-Carter, Meryl Streep, Ben Whishaw, Brendan Gleason. Al cinema da giovedì 3 marzo.
Inghilterra, anno 1912. La lotta delle donne per il voto femminile si fa sempre più dura. Storia della lavandaia Maud e della sua, ebbene sì!, presa di coscienza e partecipazione al movimento. Giusto ricostruire quell’epopea dimenticata, ma qui si eccede con l’effetto didascalia, e la storia privata di Maud fa fatica a saldarsi all’affresco collettivo. Voto 5
Allo scorso Torino Film Festival, dov’è stato dato in anteprima itaoiana, ricordo proiezioni esaure e file interminabili. Attesissimo, questo film che ci spiega, in parte romanzando e in parte ricostruendo fedelmente i fatti, una stagione della lunga (durò decenni!) lotta delle donne britanniche per il voto femminile, e il suffragio universale senza discriminazione alcuna, tantomeno di sesso. Di quei film nobili e di ottime intenzioni che, raccontando di cause giuste anzi sacrosante, suonan sempre un filo ricattori verso lo spettatori. Che se ti permetti di farteli spiacere rischi la figura del socialmente insensibile (uso un garbato eufemismo). Ma insomma, questo Suffragette, pur realizzato con ottimo mestiere e ottimi attori, anzi attrici, non riesce a evitare il rischio di simili operazioni, quello dello schematismo e dell’effetto didascalia. Dove a contare, più che il modo e i mezzi, è il messaggio (politico). Comunque utile abbastanza, Suffragette, perché riporta alla luce una fase del primo Novecento abbastanza dimenticata. Le autrici (la sceneggiatrice e la regista) evitano il puro film politico inventandosi una protagonista intorno a cui far muovere e ballare personaggi, fatti, eventi storici. Siamo nella Londra del 1912, lei si chiama Maud, lavora in una lavanderia-lager da romanzo dickensiano e, come non bastassero i vapori bollenti e le ore di troppo lavoro, c’è anche un laido soprastante che allunga le mani. Tramite una collega Maud conosce un gruppo di suffragette e quasi senza rendersene conto si ritrova nel bel mezzo del movimento. Ecco, la presa di coscienza è un po’ troppo repentina e non benissimo motivata, e facciamo fatica a credere come la timida e impolitica Maud si trasformi in una tosta guerrigliera dei diritti delle donne. Il film non si decide mai tra patetico racconto privato e affrescone collettivo, e forse meglio sarebbe stato andare sul secondo, sulle fase più calda e dura della lotta delle suffragette. Carey Mulligan è ormai l’attrice perfetta per questi ruoli, non poteva mancare Helena Bonham-Carter, e Meryl Streep appare quale leader del movimento, la leggendaria Emmeline Pankhurst. E quella sua arringa dal balcone con quella voce e quell’accento è l’ennesima sua prova di istrionico mimetismo. Come marito di Carey Mulligan compare Ben Whishaw: infaticabile, lo si è visto negli ultimi mesi in almeno quattro o cinque film. Naturalmente applausi alla fine della proiezione, e però il film, partito come frontrunner per la stagione dei premi, si è poi man mano sgonfiato in Inghilterra e Stati Uniti causa diserzione del pubblico.
Magazine Cinema
Recensione: SUFFRAGETTE. Troppo didascalico ed esemplare per appassionarci davvero
Creato il 04 marzo 2016 da LuigilocatelliI suoi ultimi articoli
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