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[Recensione] Super 8 (di J.J. Abrams, 2011)
Creato il 21 novembre 2013 da Frank_romantico @Combinazione_CScrivere la recensione di Super 8 è un piacere che viene dallo stomaco. Io, entrando nel personale, sono una persona che ragiona spesso con lo stomaco. Anzi, a dirla tutta credo che l'intellettuale debba ragionare di stomaco prima che col cervello. Non che io mi ritenga un intellettuale, sono solo considerazioni. Ma, stavo dicendo, Super 8 è un piacere per chi come me ha amato un certo tipo di cinema, è nato in una certa epoca, ha guardato un certo tipo di film. Forse per tutti gli altri, chi è venuto dopo, chi è venuto prima, chi c'era ma non gli interessava, Super 8 sarà stata una cavolata stucchevole e a tratti irritanti e non credo ci sia nulla da recriminare su questo. In fondo J.J. Abrams, in questi anni, è diventato quello che è stato Steven Spielberg tra gli anni '80 e i '90, e le critiche che si possono rivolgere a lui sono le stesse che si potevano e sono state rivolte al suo indiscusso maestro. O forse è proprio Spielberg a dettare ancora le regole, perché questo film (di cui è produttore) è sicuramente più suo che del regista (di Lost, Cloverfield e Star Trek).
Ohio, estate 1979, in una piccola cittadina dell’acciaio un gruppo di amici è intenzionato a girare un film sugli zombie in Super 8, ma durante le riprese diventano testimoni di un apocalittico incidente ferroviario. Inseguito all'evento, la cittadina diventerà teatro di inspiegabili eventi ed insolite sparizioni, portando i sei amici ad indagare sulle cause dell'incidente.
Girare un film come questo nel 2011 è stata una scommessa. Non perché tecnicamente non sia al passo con i tempi, ma perché l'appeal retrò potrebbe mettere in difficoltà lo spettatore contemporaneo. Super 8 è una pellicola ambientata nel passato, proiettata nel passato, proveniente dal passato. E' fantascienza che mette in risalto il lato umano della storia, rendendo quello fantastico di contorno, una cornice in cui far muovere i personaggi con le loro dinamiche e le loro inter(rel)azioni. Un'operazione nostalgica diretta con stile e passione che ripercorre un percorso cinematografico ponendosi da un punto di vista "esterno" e non "interno". Per questo la pellicola di Abrams colpisce tanto il cuore che la mente dello spettatore, di un certo tipo di spettatore, sperando di coinvolgere anche chi la fantascienza la identifica con Transformers e simili.
Citazionismo estremo, la rievocazione di pellicole cult indimenticabili che, come comune denominatore, hanno avuto la capacità di parlare ad intere generazioni. Guardare Super 8 è come rivivere i vari I Gremlins, I Goonies, E.T., Incontri Ravvicinati del III Tipo. Tutti film che vedono Spielby alla regia, alla sceneggiatura o alla produzione. Questo mi fa pensare che: o Abrams è un ottimo emulatore o che sia stato Spielberg il vero artefice di questo lavoro. E quello che potrebbe sembrare un prodotto fuori tempo massimo diventa una riflessione su quell'immensa macchina chiamata Cinema. Il piacere che da il cinema, la sensazione sognante che le cose possano essere diverse dalla realtà come la conosciamo. Che le cose, per una volta, anche quando vanno veramente male, possano andare veramente bene. E' quello che accade ai piccoli protagonisti del film, aspiranti movie-makers che da artefici si ritrovano proiettati nel film stesso, immersi nelle sue dinamiche.
Allora, guardando Super 8, ci si ritrova a voler essere nel film, spaventoso e sognante allo stesso tempo. Tra militari cazzoni, cattivi e inutili e civili pronti a mettere le cose a posto perché quello è l'unico modo che hanno per mettere le cose a posto nelle loro vite caotiche di provincia. Ed è questo che interessa a regista (autore anche di soggetto e sceneggiatura) e produttore: non il lato fantastico e alieno - il mostro è quasi sempre fuori campo o sfocato - ma quello umano e terrestre, così terrestre da essere incomprensibile. Perché siamo noi (esseri umani) il lato stupefacente della vicenda ed è il cinema quella cosa stupefacente che ci permette ancora una volta di sognare. Anche se non è così per tutti.
Io, guardando Super 8, ho pianto, mi sono emozionato, mi sono sentito elettrizzato. Ma il film non è perfetto in senso assoluto, anzi. Perfetti però sono i piccoli (e meno piccoli) protagonisti. Perfetto il volto televisivo di Kyle Chandler, gli sconosciuti Joel Courtney e Riley Griffiths, perfetto il volto da stronzo di Noah Emmerich. E perfetta la sempre perfetta Elle Fanning, che si conferma una delle più promettenti giovani attrici hollywoodiane. A fare da cornice i soliti effetti speciali dell'Industrial Light & Magic e le musiche di Michael Giacchino. E infine noi, che vediamo il film e ci mettiamo del nostro. E il nostro è la parte più importante del film stesso. Anche se la cosa non vale per tutti, ma è proprio questo il bello del cinema, che ci piaccia o no.
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