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Recensione: The President

Creato il 28 agosto 2014 da Mattiabertaina

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Genere: Drammatico

Regia: Mohsen Makhmalbaf

Cast Misha Gomiashvili, Dachi Orvelashvili

Durata: 115 min.

The President, film d’apertura della categoria Orizzonti alla 71° Mostra del cinema di Venezia, tratta degli ultimi istanti di vita di un regime sanguinario e immorale, attraverso gli occhi innocenti di un giovane ragazzo, il nipote del Presidente in carica. Durante una giornata ordinaria, “Sua Maestà” propone un gioco al piccolo, ordinando ai propri subalterni di spegnere e accendere l’illuminazione di tutta la città, mostrandogli i poteri che un giorno il giovane controllerà. Non appena le luci si spengono, all’improvviso scoppia la rivoluzione, costringendo la famiglia a scappare dalla capitale. Il dittatore, credendo che questa rappresenti solamente una breve rivolta di alcuni individui, decide di rimanere in città e di tenere con sé il bambino, il quale non voleva per nulla al mondo abbandonare il nonno, il suo palazzo e la giovane Maria. Gli eventi sfuggono al controllo del Presidente, costretto a scappare con il ragazzo verso il confine della Nazione, cercando di sfuggire a una possibile cattura da parte degli insorti che hanno preso il controllo dello Stato.

Fino a qui parrebbe una storia che prende spunto da eventi realmente accaduti. Se si seguono i telegiornali, notizie che trattano di continue cadute di regimi totalitari sono all’ordine del giorno. Questo film, oltre a trattare il tema dell’autoritarismo e delle conseguenze che questo provoca sul popolo, ha cercato di raccontare il crollo del dittatore e la nascita dell’uomo. Prima della rivoluzione il Presidente era una persona vile, senza sentimenti, distaccato dal mondo e dalle persone a lui vicine grazie al lussuoso palazzo in grado di viziarlo. Non aveva pietà di nessuno, e l’egoismo che si percepisce è corrispondente al potere che è in grado di avere sulla gente. Tutte queste caratteristiche si affievoliscono una volta che scende dal trono e si accorge della realtà che lo circonda, aiutato dalla purezza e ingenuità del giovane che continuamente gli propone delle domande che prima non riusciva a dargli una risposta. Il rapporto formale tra il vecchio e il bambino diventa confidenziale. Dopo molti anni a chiamarlo “Sua Maestà”, per la prima volta il ragazzo conosce il significato della parola “nonno”, che non vuol sottolineare un legame di sangue, ma indica anche le responsabilità che questo ruolo ha nei confronti del nipote. Con un richiamo a “La vita è bella” di Benigni, l’uomo fa credere al bambino che quello che sta accadendo a loro è solamente un gioco, qualcosa di finto e irreale. La realtà era invece manifesta, con la distruzione e la desolazione rappresentata dai paesaggi aridi e privi di vita. La regia, molto accurata nei dettagli, propone alcuni flashback che ricordano la vita precedente dei protagonisti, distinti grazie anche al cambiamento cromatico tra le varie ambientazioni, passando da un colore più acceso nel descrivere la bellezza del palazzo del Presidente, sfarzosa ed elegante, a una sfumatura molto meno brillante per descrivere la povertà dei personaggi. La pecca del film sta nell’eccesso di buonismo del regista Mohsen Makhmalbaf, il quale ha cercato di dare un senso positivo a una storia fin troppo reale per essere pura finzione.

Voto: 3,5 su 5

Il Trailer

 


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