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Recensione Ti guardo

Creato il 21 gennaio 2016 da Lightman

Venezia 72

Un promettente esordio quello di Lorenzo Vigas, che grazie anche alle convincenti interpretazioni del suo cast racconta il dramma di un uomo lontano dalle emozioni e della relazione con un violento e problematico ragazzo.

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Serena Catalano Figura mitologica metà umana e metà pellicola, ha sfidato e battuto record mondiali di film visti, anche se il successo non l'ha minimamente rallentata. Divora cortometraggi, mediometraggi, lungometraggi, film sperimentali, documentari, cartoni animati: è arrivata addirittura fino alla fine della proiezione di E La Chiamano Estate. Sogni nel cassetto? Una chiacchierata con Marion Cotillard ed un posto nei Tenenbaum.

Armando ( Alfredo Castro), vive a Caracas ed è un uomo con un buon lavoro ed una benestante situazione economica. Gentile anche se taciturno, appare garbato e a modo ma rimane scostante nei confronti del mondo. Vede le cose " Desde allá", ovvero letteralmente "da lontano". Guarda ma non tocca, si affeziona ma non si avvicina. Succede così anche con la sua problematica omosessualità, che all'interno di una società bigotta e conservatrice come quella della sua città non si esprime. Anche il contatto è sempre lontano e spesso assente, mentre lui trova il piacere solo guardando ma senza mai toccare i ragazzi che adesca - sulla soglia della maggiore età, specchio di abusi lontani che lui stesso ha subito. Nel momento in cui la sua vita si scontra con il teppista e violento Elder ( Luis Silva), Armando è costretto ad uscire dal suo autismo emozionale, a sentire il mondo in ogni sua sfaccettatura, sia essa violenta o affabile. Nei loro due mondi apparentemente opposti ma uniti da uno stesso tormento, Armando ed Elder riescono a trovare una loro comunicazione che porterà ad un gesto di estremo affetto così come ad uno di estremo rifiuto.

Guardare ma non toccare

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C'è intelligenza nel modo di affrontare il suo tema, da parte di Lorenzo Vigas: nonostante la sua sia un'opera prima, l'inesperienza non lo trattiene né sembra notarsi, in favore invece di una sicurezza all'interno della narrazione che gli permette di non cadere in fastidiosi cliché. Si evitano quindi eccessive sequenze didascaliche, lasciando agli occhi di Alfredo Castro l'espressione di un trauma giovanile e di un'emotività legata: l'attore feticcio di Pablo Larraìn è in questo una garanzia, tanto da riuscire a portare avanti l'intera pellicola grazie ad una performance incatenata, rigida, lasciata tutta all'espressività dello sguardo. si muove su un sentiero speculare ma parallelo il giovane Luis Silva, al contrario completamente votato alla corporeità del suo personaggio ed alla sua esuberanza - violenta nella prima parte, affettuosa nella seconda. Il suo Elder irrompe in ogni sua scena cercando di entrare all'interno della barriera di Armando, prima per convenienza e poi per sincera affezione, cercando di distruggere quel Desde allá ed andando oltre quel "guardare ma non toccare" imperativo del titolo originale.

Un esordio fatto di dettagli

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L'illusione di poter riuscire a stabilire un contatto umano con qualcuno è per Armando il motivo principale di quella che, durante la pellicola, diventa una vera e propria ossessione. Curarsi nel bene, un'utopia che finisce per risolversi curandosi con il male in un finale doloroso che nega quella che, di fatto, è una necessità umana imprescindibile. Lorenzo Vigas si muove con raziocinio, dimostrando un'intenzione che si mantiene e riesce a non perdere il proprio rigore. Un dettaglio che per un esordiente dimostra grande maturità, e giova all'intera pellicola - che ne esce coerente ed attenta, direzionata nel migliore dei modi. Un lavoro decisamente interessante e di buon livello, che promette bene per una carriera ancora agli inizi - ma già fregiata di un posto nel Concorso del Festival di Venezia.

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