Recensione 'Tracce di memoria-Il mio viaggio nell'olocausto e ritorno' di Peter Lantos
Creato il 10 marzo 2015 da Francesca Ghiribelli
@fraghi88
COLLANA NARRATIVA NON FICTION
Titolo: Tracce di memoria
Sottotitolo: Il mio viaggio nell’olocausto e ritorno
Autore: Peter Lantos
Pagine: 288+16
Prezzo € 14,90
Dimensioni: 15 x 21.5 cm
Copertina: brossura con bandelle
Uscita: 2 gennaio 2015
ISBN: 9788809801806
TRAMA
Imparare a contare fino a dieci può essere un gioco, un piccolo esercizio da condurre insieme alla mamma, a cinque anni nella spensieratezza della propria camera. Non è lo stesso se il gioco si trasforma in una pratica di sopravvivenza, per evitare i geloni alle dita nel freddo della spianata di Bergen-Belsen, in attesa dell’appello mattutino.
Peter Lantos è ancora un bambino quando, insieme alla sua famiglia, viene prelevato dalla casa di Makó, in Ungheria, e rinchiuso prima nel ghetto della città e poi costretto a un lungo viaggio che lo condurrà al lager tedesco. Saranno gli americani a trarre Peter in salvo, ma lo stalinismo sovietico costringerà il ragazzo ad affrontare nuovamente gli stenti di una vita senza la piena libertà.
Fuggito a Londra e divenuto adulto, Peter ripercorre le tappe del suo viaggio. Dopo anni trascorsi a studiare la mente umana come neurologo, non accetta che il ricordo di quei giorni sia per lui così confuso. Ma la ricostruzione è molto difficile: i testimoni stanno morendo, i luoghi hanno cambiato geografia e aspetto.
Aggrappandosi a ogni indizio e risalendo alle origini di ogni traccia di passato, Peter ricompone i ricordi. Questo è per lui il modo di tenere viva la memoria del suo viaggio, e di restituirla a tutti noi.
L’AUTORE
Peter Lantos è nato nel 1939 a Makó, un paesino dell’Ungheria, ma ha passato la maggior parte della sua vita a Londra. Neuroscienziato di fama mondiale, conosciuto per le sue importanti scoperte sull’Alzheimer, ha rivestito cariche di prestigio all’Istituto di Psichiatria del King’s College.
LINK
Link del libro su Giunti narrativa:
http://narrativa.giunti.it/novita/tracce-di-memoria/
Link della pagina autore sul sito di Giunti narrativa
http://narrativa.giunti.it/autori/peter-lantos/
RECENSIONE
Nonostante io ami questo periodo storico e storie di questo genere in ambito più romanzesco, ho trovato questo libro molto bello e interessante.
Non mi ero mai soffermata molto a leggere questi romanzi sotto forma di testimonianza autobiografica, devo dire però di essere rimasta impressionata dalla costruzione dettagliata e nozionistica dal punto di vista sia storico, sia umano.
In questo libro troviamo esattamente la reale infanzia di Peter Lantos, prelevato dalla sua casa d'origine a Makò, un piccolo paese ungherese.
Il racconto si dirama iniziando dalla descrizione del suo luogo d'origine in dettagli precisi e anche statistici,la presentazione della sua famiglia,la prigionia del ghetto nella città,per poi attraversare il doloroso periodo di deportazione insieme ai genitori, il quale soltanto in seguito romperà la silenziosa disperazione racchiusa nel cuore di un bambino di cinque anni.
Già, dalle pagine traspare il silenzio della sopportazione forzata inerente al periodo di tempo, in cui all'interno del lager nazista ne vedrà di tutti i colori, soffrendo di fame e di stenti.
Prima la morte improvvisa della nonna, poi Peter verrà a conoscenza della morte del padre, che faceva i lavori forzati in un campo vicino a quello in cui vivevano lui e sua madre.
Tante perdite, tanta sofferenza rimasta dentro l'anima in quei momenti in cui chiunque e soprattutto un bambino si chiede per quale motivo non riesca e non possa piangere le morti di persone care.
E' la stessa ambientazione del lager, il periodo politico e lo svolgimento dei fatti del secondo conflitto mondiale a rendere i prigionieri di quel genocidio quasi insensibili a tutte le sofferenze forzate a cui sono sottoposti, senza potersi lamentare o ribellare.
Una storia raccontata dagli occhi di un bambino che stringe un rapporto particolare con la madre, quasi un rapporto più che materno: un legame di compagni di viaggio.
Faranno di tutto per sopravvivere e in questo ambito ho trovato veramente dignitosa e straordinaria la figura della madre di Peter.
Sarà grazie a lei e ad aiuti esterni fortuiti che il protagonista riuscirà a restare vivo da quell'inferno.
Dietro il lavoro della stesura del libro si notano molti interventi esterni che hanno contribuito a renderlo unico nella sua storia, nonostante il lavoro dello scrittore sia già di per sé esemplare.
Mi è piaciuto molto il fatto che si sia ripresa a grandi linee anche la storia del dopoguerra, della 'cortina di ferro', ma soprattutto che grazie agli occhi del protagonista sia stata raccontata l'Ungheria, una nazione sempre poco vissuta nell'assemblaggio mondiale.
Peter Lantos ripercorre minuziosamente ogni stato d'animo con descrizioni dettagliate dei luoghi, delle persone e di ogni altra cosa rubi attenzione al suo attento sguardo.
Consiglio questo libro a chi ama le biografie o valide testimonianze relative al periodo dell'Olocausto, ma studiate e narrate da un punto di vista diverso, molto attento e particolare.
Come dire, un arricchimento culturale di umanità, di storia mondiale e nazionale.
Il lettore ripercorrerà insieme le cicatrici rimaste nel cuore del protagonista, ma anche l'improvvisa liberazione da parte degli americani fino allo stabilirsi del forte regime comunista sovietico.
La seconda parte del libro ripercorre invece il sistema politico del suo paese e della sua nazione fino ad arrivare all'impervio conseguimento della sua laurea in medicina diventando un medico di importanza internazionale.
La scelta del protagonista di voler raggruppare le sue 'tracce di memoria' è proprio quello di dar voce a tutto quel dolore represso per tanto tempo e che solo da grande ha potuto liberare scrivendo le pagine di questo importante diario.
Un diario utile a ritrovare nella sua memoria passi importanti che pensava o temeva andassero dimenticati per sempre.
Soltanto grazie a delle ricerche e alla sua forza interiore è riuscito a donare agli altri questa eccelsa testimonianza.
Una lettura dove si ritrova nella sua narrazione imparziale il sentimento del racconto in prima persona, sfumato da quello stile un po' distaccato che permette a chi legge di non elaborare giudizi affrettati tra vittime e carnefici.
Francesca Ghiribelli
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