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[Recensione] Trascendence (di Wally Pfister, 2014)
Creato il 22 aprile 2014 da Frank_romantico @Combinazione_CLo ammetto, non sono un vero e proprio fan della fantascienza, un genere che mi ha sempre attratto ma che non considero veramente "mio". Non la fantascienza nel senso classico del termine, almeno. Ma, sicuramente, ho guardato abbastanza film di fantascienza per poter affermare senza ombra di dubbio che conosco le dinamiche e i meccanismi di genere e che, quindi, posso pormi di fronte ad un opera fantascientifica con cognizione di causa, senza pregiudizi o problemi nel codificarne il linguaggio. E dico tutto questo non per tirarmela ma per avvertire il lettore che, nonostante tutto, conosco quello di cui sto parlando. E, proprio perché lo conosco, mi ritengo assolutamente incapace di consigliarvi o sconsigliarvi Trascendence, l'esordio da regista di Wally Pfister, direttore della fotografia e storico compagno di avventure nolaniano. Perché questo film di fantascienza del 2014 con Johnny Depp, Rebecca Hall, Paul Bettany, Kate Mara e Morgan Freeman nella parte di Morgan Freeman non è sicuramente un capolavoro, ha sicuramente dei difetti, ha dei buchi di sceneggiatura grandi quanto una casa... ma ha il pregio di essere altro, qualcosa che assomiglia a quanto visto fin'ora ma che invece è "nuovo", diverso, con il coraggio di andare contro e, nonostante un budget di 100 milioni di dollari, di ribellarsi alle dinamiche commerciali, a quelle da blockbuster, al concetto di "americanata".
Il dottor Will Caster, il più importante ricercatore nel campo dell'intelligenza artificiale che lavora per creare una macchina che combini l'intelligenza collettiva di tutto quello che è conosciuto con l'intera gamma delle emozioni umane, viene assassinato da terroristi anti-tecnologici. La moglie Evelyn ne carica il cervello in un computer, in modo che Will possa in qualche modo rivivere, comunicare e portare avanti le sue ricerche. (da wikipedia)
Partiamo col chiarire cosa sia il trascendente o la trascendenza. Quando parliamo di trascendenza intendiamo l'andare "al di là", in una realtà altra che nell'antichità possedeva connotati metafisici o teologici. Quindi il "trascendente" è ciò che trascende la realtà e che, per questo, finisce in una condizione oltre l'umano, oltre l'esperienza fisica e sensibile. Ed è proprio su questo concetto che si basa Trascendence, film in cui però la "realtà altra" non è né metafisica né divina ma scientifica. E qual è quell'esperienza che va oltre l'umano, oltre l'uomo, oltre il fisico e il sensibile se non la rete? Ed ecco che allora Wally Pfister lavora su una sceneggiatura di Jack Paglen cercando di fare un passo in avanti nella rappresentazione di una mondo in cui umanità e tecnologia non solo coesistono ma si fondono, si amalgamano e poi diventano altro. E tutto questo avviene a un livello oltre l'umano, sempre più simile e vicino al divino, su un piano altro che è proprio la rete, internet onnisciente e onnipresente.
Ma non è solo di questo che parla Trascendence. Perché, ripartendo da dove si era concluso un cult generazionale come Il Tagliaerbe (di Brett Leonard, 1992), qui si va oltre il concetto stesso di intelligenza artificiale mischiando le carte in tavola e ponendo l'umanità a un bivio che fa rima con una parola pericolosissima: evoluzione. E la tracendenza che avvicina il dottor Caster al divino diventa l'occasione per un salto generazionale che non tutti sono disposti ad accettare, che fa paura perché mette in pericolo lo stesso concetto di umanità. E allora la domanda fondamentale che Trascendence pone allo aspettatore è: vale la pena rischiare di perdere la propria identità (genetica) per diventare altro o è preferibile riportare tutto quanto alle origini in un "incominciare da capo", un loop che però ci lascia sempre uguali a noi stessi? Perché di questo si tratta, quando parliamo della piega che sta prendendo la tecnologia: una continua evoluzione ostacolata dalle remore di chi teme la perdita del controllo. Una perdita di controllo che può tramutare l'ideale utopico di Caster in un'infernale distopia.
Questo film di Pfister rischia di ricordarne anche altri. Ho già citato Il Tagliaerbe, ma c'è anche Terminator, Matrix, il recentissimo Her di Spike Jonze o il pessimo La Moglie dell'Astronauta di Rand Ravich (anch'esso con Johnny Depp). Ma che non vi spaventino questi paragoni tra film tanto diversi tra loro: Trascendence ha il pregio di possedere un'identità che lo rende unico nel suo genere ed è proprio quest'originalità a salvarlo da un collasso dovuto ad un cast abbastanza anonimo nonostante i grandi nomi, a buchi di sceneggiatura spropositati e a un fantastico che esagera e trascende troppo spesso il concetto di "sospensione dell'incredulità". Certo, c'è anche una fotografia incredibile, ma quello era il minimo che ci si potesse aspettare da Pfister. E alla fine, con un ribaltone e un messaggio ecologista, ci si rende conto che le cose non dovrebbero essere mai date per scontate o giudicate di primo acchito. Perché Trascendence ti colpisce quando tutto sembra andare in un'unica direzione facendo leva proprio sui concetti di paura e preservazione e puntando tutto, tra l'altro, sul sentimento più umano di tutti, l'amore, in una deriva melò che un una fantascienza umana e incredibilmente attuale come questa sembra possedere nel DNA.
E allora com'è Trancendence? Un film bello, con (enormi) difetti, che però riesce a non annoiare mai e che riesce a fare quel che molti altri film non sono più in grado: stupire, commuovere, sfidare le regole di un mercato senza pietà. Insomma, non un film imperdibile ma un'opera prima che, personalmente, a me è piaciuta. A me. Voi potreste provare a guardarlo, io non mi prendo nessuna responsabilità.
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