Magazine Cultura
E' soltanto un gesto scaramantico, ma osservare l'East River dal treno è un rito che mi ricorda quanto sono piccola: solo una delle migliaia – anzi, dei milioni – di persone che hanno guardato il fiume prima di me, che sono arrivate a New York con un sogno. Non importa se l'hanno realizzato o no. Mi dà speranza.
Titolo: Un giorno, forse Autrice: Lauren Graham Editore: Sperling & Kupfer Numero di pagine: 360 Prezzo: € 17,90 Data di pubblicazione: 25 Marzo 2014 Sinossi: Quante volte Franny Banks, passeggiando sulla Quinta Avenue con gli anfibi e l'uniforme da cameriera, si è detta: Un giorno, forse, camminerò su questa strada con i tacchi alti e il portamento da vera diva. Quando è arrivata a New York, aspirante attrice e aspirante molte altre cose, Franny aveva un piano: sfondare nel cinema nel giro di tre anni. Ora ne sono passati due e mezzo, e le cose non stanno andando esattamente come sperato. La sola parte che ha ottenuto è stata in uno spot pubblicitario di imbarazzanti maglioni natalizi, e gli unici fan sono i suoi due coinquilini. Forse è il caso di trovarsi un piano B, come le consigliano tutti: Franny già si vede mentre torna a casa da suo padre, sposa l'ex fidanzato storico e "si sistema". Eppure, dentro di sé, sa che non è ancora pronta a tradire il suo sogno e non vuole rinunciare a seguire le orme dei suoi idoli: Diane Keaton e Meryl Streep. La svolta arriverà inaspettata, come in una battuta fuori copione: un giorno, durante lo spettacolo di fine corso alla scuola di recitazione, Franny cade rovinosamente sul palco. Sembra la fine della sua carriera mai decollata, e invece sarà il vero inizio. Tra esilaranti avventure sul set, incontri bizzarri, provini assurdi e un amore inatteso, Franny scoprirà che la vita può sorprenderti molto più di un film. La recensione New York. La Città che non dorme. La Grande Mela... Sarà abbastanza grande, questa mela, per contenere i sogni e le ambizioni di tutti i suoi abitanti? Milioni di vite, milioni di speranze. Tutti con il loro sogno segreto. S'incrociano ai semafori, in metro, nei pub. Camminano in masse infinite per quelle infinite vie. Chi in tuta, chi in jeans e T-Shirt, chi con tailleur e tacchi eleganti. Chi ciondolando tra i passanti, chi schivandoli per non far tardi a un qualche appuntamento, chi perdendosi con lo sguardo tra le luci sempre accese e i grattacieli mastodontici, come se quella fosse la prima volta in assoluto al centro di Time Square. Turisti per sempre – alla scoperta, a ogni passeggiata, di nuovi angoli, nuovi teatri all'avanguardia, nuove audizioni e opportunità impensate. Lo zoom su una ragazza che va di fretta – i capelli crespi e scuri, le scarpe comode e la gonna nera, perché il nero sfina e lei è condannata ad essere una taglia 44 in un mondo di taglie 40: questo è Un giorno, forse. La storia di Franny Banks, e di mille provini, e di corteggiatori a sorpresa, e di una città ricca di possibilità e di aspiranti attori. Una commedia brillante, carica d'ironia e d'amore, ispirazione per una serie TV di prossima uscita, scritta da un'autrice d'eccezione. Una scrittrice per un giorno. Questo è quello che mi ha spinto a leggere questo simpatico chick lit. Genere, quest'ultimo, che conosco poco, ma di cui non mi è impossibile riconoscere i vari pregi. Ne ho letti giusto un paio, in vita mia. O perché non avevo niente di meglio da leggere e, nei periodi di magra, erano quelli che offriva la libreria personale di mamma; o perché quegli chick lit in questione sarebbero diventati film con attori e registi particolarmente amati dal sottoscritto. Vedi Il diavolo veste Prada, vedi Anne Hathaway e Meryl Streep chiamate a recitare sullo stesso set. Il nome in copertina chissà se lo avete riconosciuto subito: Lauren Graham. Vi dice niente? Nella bozza non definitiva che ho letto io, non c'era una sua foto, ma proverò a descriverla io per voi. Occhi azzurri, capelli corvini, naso all'insù, un indimenticabile sorriso tutto fossette. E' così che la ricordo. Trasognata, imbarazzante, non sempre pronta a crescere. La dolce Alexis Bledel l'aveva avuta come mamma e amica per sette stagioni, come Mamma per amica. Erano i primi anni duemila e, a lungo, le Gilmore Girls ci hanno fatto compagnia. Troppo piccolo per seguire un telefilm con la costanza di adesso, accendevo la tivù, quando capitava, e, quando capitava, mi facevano compagnia loro. Di ritorno da scuola, nei pomeriggi privi di tempi morti di Italia Uno, o la mattina, spesso, in vecchie repliche trasmesse invece in giornate che più morte non si poteva, durante le sonnolente vacanze di Natale. Ricordo i colori autunnali della sigla, Carole King che cantava Where you lead, le loro voci e le loro risate nella mia cucina. La prima esperienza di Lauren nel mondo dell'editoria – pur non conquistando del tutto – mi ha divertito e intrattenuto piacevolmente. Sarà che per me tutto è nuovo. Sono nuovi i toni, il senso dell'umorismo, la grazia, le avventure e le disavventure che fanno di Un giorno, forse un romanzo in rosa, ma non un romanzo rosa. Una vetrina, a volte inedita, sul mondo delle aspiranti stelle e sulla fame insaziabile di notorietà. Non potrei dire una sola parola negativa sul suo conto, ma fatto sta che la memorabilità, qui, non è di casa. Questo è l'unico difetto di un romanzo estremamente carino, davvero, ma che potrebbe lasciare il tempo che trova. Purtroppo. Dico purtroppo, ma non penso sia poi un difetto imputabile all'autrice, qui al suo esordio letterario. Magari è tra i limiti del genere, magari no. Sminuirei lo chick lit, se dicessi che – in fondo – è l'equivalente di carta e inchiostro delle commedie hollywoodiane in cui tutti sono “belli, ricchi e famosi”? Quelle che ti fanno ridere, arrossire, per poi farsi dimenticare, senza pensieri, al film successivo? Un po' prevedibili, confortevoli, confortanti. Le buffe gag della protagonista, quasi certamente, finirano per sbiadire tra qualche settimana e qualche libro, ma in questa storia nuovi e sporadici guizzi sono presenti. I protagonisti, al limite, possono definirsi “giovani, carini e disoccupati”, come nel piccolo cult movie di quegli stessi anni con Ben Stiller, e le loro vicende personali sono meno scontate e facili del previsto. Partono, all'inizio, accasati e con relazioni sentimentali solide e inattaccabili, poi destinate ad essere messe a soqquadro da Cupido e dalle insidie del Red Carpet; non per tutti, inoltre, in queste 360 pagine, arriva il famoso “giorno, forse” delle luci della ribalta. Vivono sotto lo stesso tetto, sopravvivono con lavoretti part-time e con i generosi prestiti di genitori ormai al verde, sbirciano la vita di un solitario vicino – dalle finestre – come se fosse un reality show dal vivo. Sono disordinati, sono perfettini, sono talora in armonia e talora in conflitto.
Si ritrovano a parlare delle loro giornate senza gioia e delle loro sceneggiature più riuscite, dei loro volti presto nelle poco suggestive pubblicità di detersivi e delle tragedie della televisione, che sembra ingrassare gli attori di qualche chiletto. Franny che cerca di scoprire il mistero legato al suo nome e a sua madre in uno strano racconto di Sallinger, Dan che scrive di fantascienza notte e giorno e che filosofeggia guardando le sequenze conclusive dell'8½ del nostro Federico Fellini. La protagonista è New York. I protagonisti sono gli anni '90. Ambientazione epica, mitica, iconica che ci riporta alle salopette e alle camicie larghe di flanella, alle soap e alle maratone serali di Law & Order con gli amici, sul divano, tra unti cartoni di pizza e supposizioni a fantasia sul colpevole di turno. Gli anni in cui Friends era la sit-com per antonomasia e in cui il taglio di capelli di Rachel faceva tendenza. Un giorno, forse si rifà allo spirito di quel decennio, e questo è il bello, decisamente. Metterlo in scena in quegli anni lo rende nostalgico, riuscito, denso di rimandi a mode e band di passaggio che hanno fatto storia. Una guida simpatica e inedita sulle peripezie del diventare artista, al servizio di una struttura tutta particolare. Alla narrazione in prima persona della giovane protagonista, infatti, si alternano pagine e pagine di esilaranti sceneggiature; frammenti, scadenze e note affidate a una fedele agenda; messaggi imbranati lasciati in segreteria. Leggerissimo, ma non senza una certa ferocia. Vero. Non tutte le autrici di chick-lit sono Sophie Kinsella, ma la Graham ha stile, freschezza, elasticità. Non è una voce tutta sua quello che le manca. Come la sua protagonista, deve averla trovata dopo anni di gavetta. Ma l'ha trovata. In bici, sul ponte di Brooklyn, in una domenica mattina senza traffico: panchine vuote, auto addormentate nei garage di villette di periferia. “Magari non sei ancora riuscita a raggiungere i tuoi obiettivi, ma la tua agenda ti mostra che hai continuato a riempire le pagine. La quantità diventa qualità, come dice il racconto. Non devi credersi per forza, al tuo successo. Devi soltanto stringere i denti e non mollare mai; andare avanti giorno dopo giorno, e qualcosa succederà.”
Il mio voto: ★★★ Il mio consiglio musicale: Natasha Bedingfield – Unwritten
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