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Recensione: Uno

Creato il 24 dicembre 2011 da Topolinamarta

Le vacanze di Natale ormai (per fortuna!) sono arrivate, e quindi, spero, è in aumento anche il tempo a disposizione per mandare avanti le recensioni. Intanto, godetevi quella di Uno, gentilmente inviatomi dall’autore nell’ambito del progetto.

Recensione: Uno
Titolo: Uno
Autore: Stefano Pastor
Genere: thriller, giallo
Editore: 0111
Collana: Selezione
Pagine: 146
Anno di pubblicazione:  2011
ISBN: 9788863073782
Prezzo: €13,50
Formato: brossura
Valutazione:  
Recensione: Uno

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Io sono uno. Anche se ho sei corpi, anche se vivo sei esistenze diverse. Sono sempre stato uno, fin dall’inizio. Nessuno conosce il mio segreto, nessuno può lontanamente sospettarlo. Eppure ha avuto inizio: qualcuno sta uccidendo i miei corpi, in ogni parte del mondo. Qualcuno sta cercando di estinguermi, di annientarmi. Non so di chi potermi fidare, a chi chiedere aiuto, non so come fermare questa carneficina. Non so come riuscire a sopravvivere. Aiutatemi! 

-
Ci sono libri per i quali è sufficiente  leggere il riassunto sul retro di copertina per intuire che non saranno niente male. Non accadono di frequente, ma devo dire che Uno è uno di questi (scusate il gioco di parole

;)
).
I protagonisti sono sei, eppure sono uno solo. Com’è possibile tutto ciò? Semplice: abbiamo a che fare con un’unica “anima” divisa in sei corpi, che vivono in altrettanti angoli del pianeta e che non potrebbero essere più diversi.
Marcello De Renzi, finanziere che deve assistere una moglie malata di tumore;
Jung Park, contadino coreano;
Esther Dickerson, insegnante di filosofia;
Amy Benson, interprete che vive in Sud Africa;
Miguel Figueroa, un argentino di dieci anni;
Dominic Ferri, diciassettenne francese.
Sei persone di differente età, mestiere, condizione sociale e persino sesso, che però condividono un’anima sola. Ma tutto questo non è destinato a durare a lungo, perché un killer spietato sembra deciso a uccidere tutti e sei, uno dopo l’altro.

Non deve essere stato facile riuscire a maneggiare ben sei personaggi così diversi – ciascuno di essi con un carattere e soprattutto una storia differenti – e farli sentire vicini al lettore; eppure direi che Stefano Pastor ci è riuscito perfettamente. Mi è piaciuta molto l’idea che sta alla base della trama, quella di una sola persona divisa in sei corpi, e ancor più come i vari personaggi sono stati inseriti all’interno di essa: la narrazione è serrata fin dall’inizio, tanto da non lasciare quasi il tempo di respirare; i punti di vista di Marcello, Jung e gli altri si alternano di continuo, spesso anche dopo una sola pagina di testo.
Sulle prime, se devo essere sincera, ho trovato questa scelta lievemente macchinosa e ho impiegato un po’ ad abituarmi a questi cambi così repentini, ma è stato sufficiente oltrepassare i capitoli iniziali per capire che in realtà si tratta del principale punto forte del romanzo. Dalla prima all’ultima pagina il ritmo è incalzante, come se il lettore stesso percepisse la tensione della corsa contro il tempo che sono costretti a fare i personaggi.  Lo stile, inoltre, è ridotto volutamente all’osso, pressoché privo di giri di parole e altri fronzoli: il ritmo frenetico con cui porta avanti la storia, come ho già detto, non lascia il tempo per soffermarsi sulle parole. Questo forse non è del tutto un bene, dato che tende inevitabilmente a essere superficiale, ma frasi semplici ed efficaci sono pur sempre meglio di periodi complessi e difficili da digerire.
Il tutto si tinge delle cupe atmosfere dell’horror quando entra in scena una settima presenza: un killer, un assassino, il cui scopo è annientare quest’anima divisa in sei, e che niente e nessuno sembra in grado di fermare. Vedrete i personaggi cadere sotto i suoi colpi, prima uno e poi l’altro. Riuscirà nel suo intento? Ce la farà a uccidere tutti? Questo spetta a voi scoprirlo.

Sei persone tanto differenti, dicevo poco fa, non sono sicuramente semplici da caratterizzare: il mio timore iniziale, vedendo i numerosi capitoli con punti di vista ogni volta diversi, era quello di sentirmi sballottata da un personaggio all’altro senza però avere il tempo di affezionarmi a nessuno, come mi è capitato spesso con i libri che adottano questa particolare tecnica narrativa. Invece, nonostante alcuni di essi compaiano pochissime volte (quelli che escono di scena per primi), li ho trovati tutti curati nei dettagli e soprattutto inseriti alla perfezione nel background che li caratterizza. Se dovessi eleggere il mio preferito, probabilmente sarebbe quello che compare più spesso, ovvero Marcello De Renzi: la sua vita è quella di un normale finanziere, ma a un certo punto scopre che la moglie è in fin di vita. Da quel momento ha inizio, per lui e per la compagna, un vero e proprio calvario, un cammino di dolore e sofferenza che spesso mi ha fatto stare davvero male per quel che gli succede, ma che è anche riuscito nel complesso intento di scatenare una forte empatia nei confronti del personaggio. Come accade con Marcello accade anche per Dominic, Amy e gli altri, ma trovo che il primo sia tra tutti quello riuscito meglio.

Uno, dunque, è un giallo thriller con una trama davvero avvincente, che saprà conquistarvi per la sua capacità di coinvolgere… ma è soltanto questo? No, certo che no, perché in Uno i momenti di azione e di tensione sono intervallati a scene riflessive, in cui le protagoniste sono le emozioni: amore, affetto reciproco, ma anche sofferenza e drammaticità, malattia e morte. Questi frequenti spunti di riflessione, pertanto, lo fanno risultare molto più profondo di un semplice romanzo thriller.

Per concludere, quindi, Stefano Pastor è senz’altro un autore da tenere d’occhio: non lo conoscevo prima di leggere Uno, ma sono sicura che anche gli altri suoi romanzi non saranno da meno.

*      *      *

Era finita, era arrivato il mio momento. Il killer stava già puntando l’arma.
«Perché?» gli chiesi.
Poi mi resi conto che non mi restava più tempo, che non potevo morire così, che dovevo impedirgli di spararmi in fronte. Riuscii a spostarmi, mentre l’uomo faceva fuoco. Di poco, di pochissimo.
La pallottola mi centrò in pieno nell’occhio destro. Lo sentii esplodere e tutto divenne nero. Dovevo resistere, non dovevo morire, non ancora. Almeno finché il trasferimento non fosse stato ultimato. Un secondo. Due. Tre. Quattro.
Tutto si stava fermando, dentro al mio corpo. Una parte del cervello era stata danneggiata.
Cinque. Sei.
Non de la facevo! Non ci riuscivo! Non c’era abbastanza tempo!
Sette. Otto.


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