Qualche giorno fa ho visto un film. Forse avrei dovuto osservare con molta attenzione quella locandina che di primo acchito induceva a credere che “Upside Down” fosse una storia ambientata nel futuro, con un non so che di thrilling, in cui dopo varie peripezie gli eroi avrebbero avuto la meglio. Probabilmente l’idea era proprio questa, fatto sta che nonostante l’alto budget e una coppia di protagonisti dai nomi altisonanti, ho assistito ad una pellicola noiosa, in cui accade la metà di ciò che era umanamente prevedibile e sono quasi affogata nella melassa che sgorgava da ogni dove, ben più di quanto capitatomi mesi fa assistendo ad una anteprima romana per preadolescenti sognatrici.
Stupisce vedere che promesse del cinema, riuscite a raggiungere in giovane età un successo planetario, decidano di cimentarsi non tanto nella commedia romantica – abbiamo visto che Jim Sturgess in “One Day” è riuscito a far piangere un intera variegata platea (!) – quanto in un progetto che visibilmente non sapeva che direzione prendere. Abbiamo due mondi speculari, con alcuni punti di quasi contatto (impossibile si tocchino dato che pure la gravità ha forza uguale ed opposta) in cui, come prevedibile, due giovani si incontrano e si innamorano e la cosa risulta inaccettabile, da un lato proprio per quelle insormontabili leggi fisiche, dall’altro perché tra i due pianeti non regna buon sangue: sono uguali ed opposti, appunto, anche nell’ottusità, nell’opportunismo e nella voglia di supremazia.
L’idea è dunque buona, il risultato discutibile. “Upside Down” è una storia che si svolge nello spazio, ma di fantascientifico ha ben poco; è un leggero melodramma in cui l’amore prenderà sempre più piede senza però riuscire a trascinare neppure l’ultimo baluardo d’incredibili romantici presenti in sala; e la suspense (che a cadenza regolare fa la sua apparizione) costantemente scivola nell’oblio. Alcuni comprimari, abbozzano personaggi potenzialmente in grado di dare la svolta decisiva alla narrazione, o per lo meno di regalare parentesi eccentriche, ma qualcuno ha deciso di relegarli a misere comparse fini a se stesse, col risultato che Eden (Kirsten Dunst) e Adam (Jim Sturgess) si ameranno, saranno separati a più riprese per poi ricongiungersi con un pathos degno di una telenovela sudamericana. Tutto qui, e questo non ci piace!
Come se non bastasse, per affossare ogni speranza di successo, la confezione è un’accozzaglia di stereotipi: Eden (già il nome dovrebbe suggerirvi le prossime righe) vive nel mondo di sopra, dove regna il benessere, ovviamente è bella, bionda e avvolta da un’aura dorata, riflesso di un bagliore angelico che aleggia ovunque su un pianeta davvero opposto a quello da cui proviene Adam. Il nostro eroe è, infatti, moro, povero, senza alcuna possibilità di riscatto, giacché vive in un luogo dalla costante luce livida e in cui tutto è allo sfascio- eh beh, non manca davvero nulla…
Insomma, il mio voto finale è di totale, inesorabile, insufficienza: nessuna passione, nessun vero dramma, nessun fanta-thriller, solo due ore durante le quali la noia è padrona di casa assoluta. Peccato, perché materiale umano e/o capitale non mancavano, che fossero le idee a non essere abbastanza chiare?