Magazine Fantasy
L'autore: Danilo Arona, scrittore e critico cinematografico. Dal 1978 a oggi ha firmato oltre venti titoli tra saggi di cinema, inchieste sul lato oscuro del sociale e romanzi horror. Nella sua produzione più recente spiccano L'ombra del dio alato, La stazione del Dio del Suono, Palo Mayombe, Cronache di Bassavilla, Black Magic Woman, Finis Terrae, Melissa Parker e l'incendio perfetto, Santanta, Pazuzu e La croce sulle labbra. Suona la chitarra con il gruppo rock dei Western Comfort.
La recesione di Miriam:
Ci sospinge, ci spintona, ci sferza, a volte ci accarezza. Che si chiami Tufanaltorab, Meltemi, Santa Ana, Föhn, il vento è sempre lo stesso ma quel che forse non sappiamo è che uccide molto più spesso di quanto pensiamo. Eh sì, perché il vento è bastardo, può seminare morte in maniera eclatante mostrandosi sotto forma di tempesta ma può colpire anche in maniera più subdola, insufflando nei nostri polmoni scorie letali.
Un’entità maligna? Non più dell’Umanità, giacché i veleni trasportati dal vento sono prodotti dagli uomini. Le stesse tempeste di sabbia che da anni ormai devastano diverse zone del pianeta non sono che una conseguenza dell’inquinamento globale. Il vento allora non è che il portavoce di una natura martoriata che si ribella, il veicolo di una forza distruttrice che viene a reclamare il conto per i disastri prodotti a danno dell’ambiente. Partendo da queste riflessioni Danilo Arona traccia un percorso che si snoda su un sottilissimo fil di lama sospeso tra realtà e fantasia. Immagina che la natura, decisa a farsi giustizia, scagli una maledizione sul genere umano servendosi appunto del vento per mettere in atto il suo proposito. Ci propone così una raccolta di racconti che, spaziando in vari luoghi della terra e in diversi periodi storici, ci narrano di protagonisti impegnati in questa lotta impari. Spostandoci dall’Iraq al deserto del Mojave, dalle Cicladi all’immancabile Bassavilla, assistiamo allo scatenarsi della furia dei venti. La vediamo in azione nel giorno della bestia, nel deserto battuto dalla “coperta di Allah”, nella missione spagnola di El Alamo nel lontano 1863. Si tratta di storie molto diverse tra loro che attingono a piene mani dagli orrori della guerra, dalla cronaca ma anche da miti e leggende che ci narrano di fantasmi, animali totemici, di una bruja che va in giro di notte a caccia di ragazzini cattivi, di oscuri riti connessi al Palo Mayombe… A inframmezzare questi incubi resi con uno stile inconfondibile vi è poi una storia più lunga, divisa in tre parti, che attraversa l’intero volume facendo quasi da filo conduttore. Gli aficionados di Danilo Arona non esiteranno a riconoscere in queste pagine l’indimenticabile Morgan Perdinka. Lo ritroviamo qui alle prese con un problema dalla P maiuscola: uno strano blocco della mano sinistra che gli impedisce di suonare. Una bella rogna per un chitarrista che vive della sua musica! Per venirne a capo dovrà ricorrere al consulto di un’iridologa che scorgerà un ponte sciamanico nel suo occhio, ma questa è solo la punta di un iceberg giacché Morgan attraversa un periodo denso di stranezze. C’è un gatto albino che muore e torna sempre, ci sono misteriosi incontri sul Ponte del Diavolo e c’è uno strano vento che non smette più di soffiare. Tra puntate a Gli Orsi, esibizioni sofferte e qualche bicchiere di bianco condiviso con l’enigmatica Valevabene diventeremo partecipi di un nuovo capitolo della vita della Mano sinistra del diavolo scandito da una ventosa soundtrack tutta da scoprire. È un racconto questo che per chi, come me, ama l’autore può avere un po’ il sapore di un “ritorno a casa”. Pur regalandoci suggestioni nuove, arricchisce un ritratto familiare e ci riporta ad atmosfere già assaporate ma delle quali non si può mai essere sazi. Ancora una volta Danilo Arona si conferma vero maestro del terrore fine dando vita a racconti che trasmettono orrore e senso di disagio in chi legge non tanto per le immagini splatter o le descrizioni esplicite, che pur non mancano nel suo tessuto narrativo, ma perché rimane impossibile scorgere una vera linea di demarcazione tra quanto è reale e quanto è frutto di fervida immaginazione. Al pari del vento, la sua scrittura insinua il dubbio nelle pieghe della nostra mente e ci fa vacillare. In maniera, forse, più esplicita che in altre opere in “Vento bastardo” emerge inoltre il tentativo − assolutamente riuscito − di veicolare attraverso la letteratura fantastica un messaggio dal forte impatto sociale. Dopo aver letto questo libro diventa impossibile ascoltare la voce del vento senza provare un senso di allarme al pensiero dei guasti che lo sfruttamento indiscriminato del pianeta sta producendo. Dopotutto, l’aver superato indenni la data del 21 dicembre 2012 non significa che la minaccia dell’Apocalisse sia da considerarsi definitivamente archiviata…
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