Wild, un film di Jean-Marc Vallée. Sceneggiatura di Nick Hornby. Con Reese Witherspoon, Laura Dern, Thomas Sadoski, Michiel Huisman. Al cinema da giovedì 2 aprile.
Per troncare con un passato di troppi dolori e problemi (la morte della madre, la dipendenza da eroina ecc), Cheryl decide di farsi a piedi le mille e cento miglia del Pacific Crest Trail, dai confini col Messico al Canada. Una specie di Camino di Santiago laico. Un percorso di rigenerazione. La sceneggiatura di Nick Hornby tiene il tasso di retorica sotto il livello di guardia e il risultato è discreto. Reese Witherspoon, anche produttrice, domina incontrastata (e incontrollata). Voto tra il 6 e il 7
Al Torino Film Festival era il film di chiusura, ed è stato trattato devo dire dai critici con una certa sufficienza. Invece è più che guardabile. Un vehicle per Reese Witherspoon, che Wild se l’è autoprodotto e che dopo un bel po’ di ciofeche qui (e in Vizio di forma) è tornata al buon cinema guadagnandosi una nomination all’Oscar categoria migliore attrice. Dove però niente ha potuto fare contro l’invincibile Julianne Moore di Still Alice. Diretto dal Jean-Marc Vallée di Dallas Buyers Club, che conferma la sua abilità nel confezionare prodotti tra cinema popolare e indipendente, Wild deriva dalla vera storia, naturalmente poi riversata in un libro, di Cheryl Strayed, una signora che s’è fatta a piedi tutte le 1.100 miglia del Pacific Crest Trail, il sentiero che nell’Ovest statunitense va dai confini con il Messico su fino al Canada. Una specie di Camino di Santiago de Compostela però in versione laica e con dentro parecchi echi del mito della nuova frontiera. Immergersi nella natura, contare solo su se stessi e il proprio corpo, per capire davvero cosa si vale, e per migliaia di altre ragioni, non tutte razionali. Cheryl affronta l’impresa per marcare una cesura con il passato e con i suoi infiniti guai, l’infanzia con un padre violento, il dolore mai davvero superato per la morte precoce dell’adorata madre, e poi le troppe storie di sesso casuale e promiscuo, l’uso e l’abuso di eroina, il divorzio da un brav’uomo. Un bel mucchio di motivi per provare a rigenerarsi lungo il PCT. Un viaggio fitto di incontri, anche rischi, anche sorprese, da cui ovviamente Cheryl riemergerà cambiata. La retorica del rinascere da se stessi, del ricominciamento, dell’azzero-tutto-e-riparto, così volontaristica, così americana, era il vero rischio di questo film. Non del tutto evitato. Ma la sceneggiatura di Nick Hornby riesce a tenere il tasso di banalità psicologistica e autoredentrice sotto il livello di guardia, e il risultato è un discreto prodotto. Meglio di quel che mi aspettassi, devo dire. Wild fa fatica a carburare, e la prima mezz’ora non ce la fa ad avvincere, poi col passare del tempo e delle miglia macinate da Cheryl le cose migliorano. Un film che, se le donne lo adotteranno, potrebbe diventare un buon successo anche in Italia dopo le decine di milioni di dollari abbastanza inaspettatamente incassate in America. Laura Dern, dopo aver fatto la mamma di Andrew Garfield in 99 Homes visto a Venezia, adesso lo fa di Reese Witherspoon, finendo anche lei nominata agli Oscar (categoria migliore attrice non protagonista).
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