A volte mi domando perché prometto che leggerò un libro. Al massimo riesco a resistere per qualche mese evitando tutte le richieste che mi piovono addosso da editori, scrittori, amici o anche gente che ha scoperto casualmente il mio nome su internet e che vorrebbe un parere. Questi ultimi non li considero scrittori, come ha spiegato Terry Brooks nella sua autobiografia A volte la magia funziona per potersi considerare scrittori bisogna avere almeno tre libri in catalogo. In caso contrario tutto quello che si è fatto è stato scrivere un libro, ma questo non implica che si riesca a scrivene un secondo. Ma se uno può essere stato, se non proprio un caso visto che è sempre necessaria una notevole quantità di lavoro, un episodio isolato, la ripetizione implica una certa capacità di riprodurre l’evento e di dominarlo.
Perché dovrei dire di no? In primo luogo perché il mio tempo è poco, e non vedo perché dovrei leggere cose scelte da altri e non da me. In secondo luogo perché poi devo scrivere la recensione.
Lo sapete che per me una recensione è il testo più difficile da realizzare? Al di là della narrativa, ma per quella sono negata e quindi non ci provo neppure.
Giuro, quando ho visto questa copertina non ho resistito alla tentazione d’inserirla qui. Quanta gente parla e scrive senza pensare?
Per una notizia basta mettere assieme i fatti ed esporli rispettando la grammatica (cosa che, da quello che si legge a volte, specie su internet, non tutti sono capaci di fare). Un approfondimento è più impegnativo, ma sono io che mi tiro la zappa sui piedi da sola quindi non posso lamentarmi. Comunque per gli approfondimenti scelgo io il tema in totale libertà, e anche quando scriverli, il che significa che sono sempre argomenti che conosco bene e che mi appassionano, e che più o meno so di poter trovare il tempo per loro. Do’ ai pezzi il taglio che voglio io, li faccio lunghi quanto mi pare e al di là del fatto che ci sono momenti che sbatterei la testa contro il muro perché a volte non trovo le parole giuste per esprimere un concetto che nella mia mente è chiarissimo, mi diverto.
La recensione è molto più rigida. Non deve essere troppo lunga, diciamo che la lunghezza ideale sarebbe fra i 3.000 e i 5.000 caratteri, anche se io a volte sforo. Alcune sono lunghe quasi il doppio. E a volte arranco per arrivare alla lunghezza minima, problema che con gli approfondimenti non ho. Non li farei se non avessi un bel po’ di cose da dire, e se sono troppo lunghi li spezziamo in più puntate come abbiamo fatto con la serie Caro editore ti odio. Devo dare un voto in stelline, ma c’è stellina e stellina. Mica tutti quelli a cui ho assegnato tre stelle si equivalgono. Alcuni hanno tre stelline rosicate, sono libri sufficienti e nulla più. Altri sono bei libri ma non così tanto da spiccare sulla massa come implicano le quattro stelline. Chi diavolo ha inventato la votazione fino a cinque piuttosto che in decimi? Avendo il doppio dei voti a disposizione sarebbe stato molto più semplice distinguere un libro dall’altro. E poi chi è che assegna il voto, Martina o Martina? Martina Frammartino, la giornalista di FantasyMagazine, o Martina-e-basta, la tizia che sbava per George R.R. Martin, Robert Jordan e Kurt Browning? Va bene, ho dovuto citare Kurt anche qui, ma dovete riconoscere che non lo cito in tutti i pezzi che scrivo, e comunque per lui sbavo molto di più che per lo zio George. Ogni tanto lo citavo anche prima di quest’estate, anche se lo facevo meno spesso. Eravate solo voi a non farci caso perché non sapevate quanto mi piace.
Ecco, i voti della giornalista non sempre sono quelli della fan. Se qualcuno avesse la voglia (e un bel po’ di tempo da buttare) di fare un controllo fra la mia libreria di anobii (http://www.anobii.com/01727bcaffb881566a/books) e i voti che assegno su FantasyMagazine noterebbe che non sempre coincidono. Per esempio a Crocevia del crepuscolo, decimo romanzo della Ruota del Tempo, ho assegnato cinque stelle su anobii e solo tre su FantasyMagazine. Il motivo è semplice, e non ha nulla a che vedere né con la mia sanità mentale né con la mia onestà intellettuale. Su anobii sono una fan. Se un libro mi piace, se mi dona emozioni, tutto il resto non conta un accidente. Su FantasyMagazine sono una giornalista, e allora sono costretta a riconoscere che in effetti il ritmo di Crocevia del crepuscolo è un pochino lento, che alla fine le cose sono cambiate per un solo personaggio, e che sono cambiate in due pagine mentre tutto il resto era solo preparazione, e che il fatto che ogni trama inizi nello stesso giorno dopo un po’ appare un po’ ripetitivo. Però io mi sono divertita come una matta a ritrovare Rand, Mat, Perrin, Egwene, Nynaeve e tutti gli altri. Le due cose coesistono, e a volte separarle non è semplice. Se per me i dipinti degli Impressionisti sono mortalmente noiosi, a livello intellettuale devo comunque riconoscere l’importanza di quella corrente artistica. Con le recensioni librarie è la stessa cosa, e questo doppio livello implica una notevole mole di lavoro. Fare l’autocoscienza e capire cosa è gusto personale e cosa no non è sempre facile.In più la recensione si fa a partire dal testo di un altro. Non c’è la formula matematica che ti dice che (a+b)2=a2+b2+2ab. Caspita, me la sono ricordata anche se erano anni che non ci pensavo più. Posso iniziare a ripassare per quando Alessia andrà alle scuole Medie e io dovrò aiutarla? Intanto va in seconda elementare, per ora ho tempo.
Non c’è una formula matematica per una recensione. Devo partire dal testo di un altro e adattarmi a lui, trovare gli elementi di forza e di debolezza, indagarli, capire davvero perché funzionano o no. Molti commenti che mi è capitato di leggere su internet si riducono a un “è bello perché è bello” oppure a un “fa schifo perché a me non è piaciuto”. No, queste sono frasi che non vogliono dire nulla. Magari il presunto recensore non usa queste parole, ma se leggete attentamente è questo il concetto alla base, senza ulteriori indicazioni del perché le cose siano così. Invece bisogna parlare di personaggi, trama, ambientazione, struttura narrativa, ritmo, stile, interrogandosi sul valore che ciascun elemento ha nel testo. A volte mi ritrovo pure ad avere dubbi sulle conoscenze grammaticali dello scrivente, e quando questo capita è davvero triste. E poi bisogna capire cosa è adatto a un’opera e cosa no.
Ricordo una stroncatura di Richard Morgan del Signore degli anelli di J.R.R. Tolkien. Secondo lui mancava una vera introspezione nelle figure degli orchi, presentati troppo genericamente e piattamente come i cattivi della situazione. Ma Tolkien non era interessato alla loro introspezione quanto alla sua epica. Lui voleva costruire una mitologia moderna per l’Inghilterra, e quando mai la mitologia si sofferma sull’introspezione degli avversari? Non pretendiamo da un’opera quello che non ha inteso darci. Difficile, come difficile è capire cosa funziona davvero al di là dei nostri gusti. Io posso trovare, e trovo, lo stile di Steven Erikson noioso. Questo significa che è lui che non sa scrivere o che i nostri gusti non sono in sintonia? Il suo mondo è ricco e complesso, che a me non piaccia, che io mi annoi durante la lettura – ho letto i primi due romanzi della Caduta di Malazan, poi l’ho abbandonato per evitarmi ulteriori torture – non significa che anche gli altri debbano provare gli stessi sentimenti. Scrivere qualcosa di diverso qui mi sa che provocherebbe le reazioni irritate di un paio di miei affezionati lettori, vero? E poi c’è sempre il rischio di dover stroncare qualcosa. La mia stroncatura peggiore, una sola stella assegnata, l’ho fatto con il secondo volume della Saga dei Sognatori di David Eddings. Ho molto amato i suoi libri precedenti, e non credevo potesse scendere così in basso. Sbagliato, il volume conclusivo della saga è pure peggio, ed è un peccato che un autore che mi è piaciuto così tanto abbia chiuso la sua carriera con una tetralogia orribile preceduta da un romanzo, La redenzione di Althalus, semplicemente passabile. Eddings però non ha mai letto i miei commenti. Credo che l’unico scrittore non italiano che mi abbia mai letto sia stato Guy Gavriel Kay. So che lui lo ha fatto perché – senza che io avessi mai provato a contattarlo – mi ha scritto su Twitter per farmi i complimenti per le mie analisi ai suoi libri. Gli altri giustamente non sanno neppure che esisto, gli editori e gli autori italiani invece sì.Poteva mancare la pubblicità all’unico libro di Kay attualmente in commercio in Italia? Se non lo avete ancora fatto leggetelo, è un capolavoro.
Suppongo che ci siano persone che leggono gli autori italiani per nazionalismo. Tifano per gli atleti italiani, amano gli scrittori italiani. Io tifo per atleti stranieri, cosa dovrei leggere? Quasi sempre autori stranieri, ovvio. Non mi fermo al nostro orticello, anche perché gli scrittori di lingua inglese sono molti di più di quelli italiani (pensiamo all’estensione degli Stati uniti, poi aggiungiamoci Canada, Inghilterra e Australia e vediamo quanti potenziali scrittori in più ci sono). Non che in Italia non ci siano scrittori bravi. Adoro Silvana De Mari e, anche se nel fantastico ha fatto solo qualche puntata sporadica, Filippo Tuena. Mi sono piaciute anche altre cose, anche se non mi sembra il caso di fare un elenco dettagliato altrimenti non la finisco più.
Fino a quando faccio complimenti tutto bene, anche se possono capitare feroci contestatori di quel tale autore. Fino a ora non mi è mai successo ma l’ho visto capitare ad altri, e dover difendere le proprie idee è sempre antipatico e richiede un gran numero di energie. E quando si stronca qualcuno? Una persona, non della nostra redazione, mi ha detto che bisogna sempre trovare qualcosa di positivo da dire perché altrimenti l’editore si arrabbia. No, grazie, io non lavoro per il tal editore. Se proprio decido di fargli un favore su un libro che non mi è piaciuto (per limiti del libro, non per scarsa compatibilità fra noi) mi limito a non parlarne, altrimenti la mia coscienza mi impone una stroncatura. Comunque non è che non parlo solo di libri che non mi sono piaciuti. A volte non parlo di un libro solo perché non ho il tempo per farlo. Ma fra un elogio immeritato, una stroncatura o il silenzio la mia scelta non è mai sulla prima opzione. C’è chi lo capisce e chi non lo fa.
All’inizio di quest’anno ho letto Il bacio della morte di Marta Palazzesi. Il seguito, intitolato Il sogno dell’incubo, è stato pubblicato qualche tempo fa ma non conto di leggerlo. Si tratta di libri che non sono nelle mie corde, visto che sono mirati a un pubblico di adolescenti e che l’elemento fondamentale è una storia d’amore, cosa che nelle trame che piacciono a me è secondaria. Nulla da dire sulle vicende sentimentali di Egwene e Nynaeve, per dirne una, ma il fulcro della trama non è lì. Questi però sono gusti miei, che poco hanno a che vedere con il romanzo. Cosa ne avrei pensato se avessi letto il romanzo quando avevo quindici anni? Ok, a quell’età leggevo Isaac Asimov. Cosa ne avrei pensato se lo avessi letto a dodici anni? In quel periodo leggevo cose come Quegli occhi azzurri, Gabriele e Gabriella e altri titoli analoghi che fortunatamente la mia mente ha rimosso. Ma ogni età ha i suoi libri. Anche Stanley Unwin, ritenendosi poco adatto a giudicare un romanzo per bambini che gli era stato proposto per la pubblicazione, ha girato il manoscritto a suo figlio Rayner Unwin. Il quale gli ha detto che sì, Lo Hobbit era davvero un bel libro e che avrebbe proprio dovuto pubblicarlo. Il libro, a quanto pare, è piaciuto pure a degli adulti, ma il suo futuro editore ha voluto un parere di qualcuno che avesse l’età del pubblico di riferimento del romanzo.Tornando a me, ricordo che la prima volta che ho iniziato ad avere una certa venerazione per un autore è stato alle Elementari, quando ho scoperto Gianni Rodari. Ora leggo le sue Favole al telefono alle mie bimbe, che si divertono tantissimo, chiedendomi cosa abbiano di bello. Ribaltando una vecchia canzone, non ho l’età.
Ok, Il bacio della morte non mi è piaciuto, ma io non ero il pubblico giusto per quel libro. Però secondo me c’erano anche alcuni difetti di trama, cosa che ho spiegato a Marta quando ho avuto modo d’incontrarla di persona. Volete sapere la sua reazione? Mi ha ringraziata! Mi ha detto che nessuno le aveva mai mosso le obiezione che le stavo muovendo io, e mi ha detto che ci avrebbe pensato sopra. In un caso mi ha spiegato come un elemento della trama del secondo romanzo avrebbe sistemato un dettaglio che sembrava assurdo nel primo, e la sua spiegazione mi sta bene. Semplicemente ci aveva fornito di proposito informazioni parziali e in seguito ha completato il quadro d’insieme, quindi si tratta di una precisa scelta narrativa e non di un errore. Negli altri ne abbiamo parlato con calma, ragionando sul perché e sul per come delle sue scelte, e lei era davvero interessata a capire i miei dubbi e a lavorare per migliorarsi come autrice. Complimenti. Complimenti davvero, non tutti sono capaci della sua autocritica. Ci sono autori che vogliono solo essere incensati e che non accettano la minima obiezione. Lei ha dimostrato umiltà e serietà, e anche se forse non leggerò altre cose sue mi è comunque diventata simpatica. Le auguro davvero di riuscire a realizzare i suoi sogni con la scrittura.
Perché lo dico? Perché era da un pezzo che volevo farle i complimenti per come è lei come persona, ma mi ero trattenuta perché sapevo che i complimenti sarebbero stati uniti a un’opinione non esattamente altissima del suo libro, e perché sto per trovarmi nella tempesta.
Sonia Rodriguez
Ho appena finito un libro, su richiesta. Autore italiano, ovviamente. Solo che il giudizio non sarà positivo. Dovrei proprio smettere di leggere libri su richiesta. Non lo faccio quasi mai, ma evidentemente anche quel quasi è troppo. Cosa accadrà quando io avrò completato e pubblicato la recensione? Recensione difficile, sia perché tutte le recensioni sono difficili sia perché questo libro merita una spiegazione un po’ diversa dalle solite, ammesso che per una recensione esista un solito. Non c’è solo il libro di cui parlare, c’è un contesto in cui inserirlo. Volendo il discorso si potrebe allargare fino a scrivere un approfondimento, e non so se avrò voglia di farlo. So che questo è uno di quegli articoli che tende a mandarmi a prendere un pezzo di cioccolata, o a guardare un video di Kurt Browning. Già che ci sono ve ne piazzo uno pure qui, che tanto ci sta sempre bene. Si tratta di Serenade to Sonia, programma tecnico dei campionati professionistici canadesi del 1996. Qualche tempo dopo Kurt avrebbe ripetuto lo stesso esercizio ai mondiali professionistici per conquistare il secondo dei suoi tre titoli mondiali da professionista, ma l’esibizione canadese è filmata meglio e quindi è questa che piazzo. Quando a Sonia, è Sonia Rodriguez, prima ballerina del National Ballet of Canada di Toronto e moglie di Kurt dal 30 giugno del 1996.
Fortuna che c’è sempre qualcosa a sorreggermi nei momenti difficili! Però davvero, ora devo scrivere quella recensione (oltre che andare a fare la spesa altrimenti oggi non si mangia) e mi domando perché ho promesso che avrei letto quel libro.