Titolo:
Le sorelle Soffici
Autore:
Pierpaolo Vettori
Editore:
Elliot (LIT- Libri in tasca)
Numero
di pagine: 192
Prezzo:
€ 9,90
Sinossi:
Veronica
Soffici è una ragazza molto speciale, parla con gli scrittori
defunti che popolano la biblioteca di casa, mangia mele con i chiodi
di garofano e sente di essere la sola a difendere la sorella Cecilia
da pericoli terreni e ultraterreni. La sua è una famiglia di
industriali, la cui fortuna è stata costruita sulla ricetta segreta
di una marmellata diventata famosa in tutto il mondo. Ma i tempi
cambiano e l'ombra del fallimento sembra incombente, mentre i primi
scandali di Tangentopoli cominciano ad apparire nelle cronache. Un
aiuto potrebbe arrivare da un ambiguo faccendiere, l'unico in grado
di garantire una via d'uscita, ma sarà necessario sacrificare
qualcuno. Giorno dopo giorno, Veronica riporta nel suo diario
ricordi, visioni, fantasie ma anche i mutamenti repentini che
stravolgono la routine familiare, insieme al viavai di speculatori,
portaborse e politici che stringono d'assedio i terreni intorno a
villa Soffici. Alla ragazza non resta che organizzare una forma di
resistenza tutta sua e giocare la crudele partita con il mondo.
Questo romanzo è un grido di battaglia a difesa dell'innocenza e
della fantasia contro l'avanzare di una barbarie dell'anima che non
concede prigionieri.
La recensione

Disegni: Nicoletta Ceccoli.
Quella delle sorelle Soffici è una storia scoperta un giorno e letta, così, su due piedi, il giorno immediatamente successivo. Che bizzarria. Che assurdità. Che... che... non lo so. Il fatto di averlo trascurato, nei giorni di gloria del mirabolante esordio di Pierpaolo Vettori, dico, e anche il romanzo in sé e per sé. Strani, tutti quanti. Io, con la mia sbadataggine, e le sorelle Soffici, con i santi che dormono ai piedi del letto, luminosi come lucciole, e i demoni che, sfacciati, tirano per i piedi e la camicia da notte la povera Cecilia, per trascinarla nella gola dell'inferno prima del tempo previsto. Guardate, io non lo so davvero a che cosa pensavo. Fissavo la copertina, con il vestitino di organza bianca infiocchettato e la finestra scura a far da cornice, e mi piaceva anche. Moltissimo. Per uno che giudica irrimediabilmente i libri che compra dalla copertina, inspiegabile il non aver comprato – e studiato, e sfogliato, e letto – questa favoletta per bambini grandi e con grandi problemi a conservare la lucidità, a mantenere l'attenzione, a discernere fantasia e realtà. A tagliare con un coltello da burro, senza farsi male, perché i cerotti sono finiti e per gli antibiotici ci vuole la prescrizione medica, luce e oscurità: da prendere, spalmare sul pane, dividire. Il boccone buono a noi, quello avvelenato al nostro nemico. Con la mela maledetta di Adamo ed Eva, mentre il veleno del serpente ancora circolava nella polpa fresca e croccante, l'avo delle sorelle Soffici ha fatto barattoli e barattoli di marmellata. Diciamo così... Marmellata maledetta, che ha nutrito generazioni di italiani disoccupati, scandali finanziari al vetriolo, antipatie mortali, industrie facoltose costruite sulle bestemmie dei diseredati. Ne parlano in tivù, e la tivù può fare miracoli: i trucchi a quintali, le luci giuste, i toni distaccati dei giornalisti di uno Studio Aperto a caso. Nel mondo dello spettacolo, tutto è il contrario di tutto. Sembra bello quel che disgusta, è libero chi meriterebbe il carcere, la marmellata Soffici – assieme al fango, insieme al letame – macchia il tricolore come una colpa (e una polpa) eterna che è scambiata per pittoresca. Fa parte di noi. Ormai, l'Italia va così. Quindi perché cambiare? Anche la famiglia è un'industria, ma senza le luci dei riflettori a rischiarare i coni d'ombra. In questo buio anonimo, tribolato da apparizioni e spezzato da scossoni frequenti, vivono come animaletti randagi le sorelle Soffici - frutto reale di quella mentalità alienante, estranea, in un mondo di vasetti di marmellata in vetro e con elegante tappo d'alluminio, pieni di dolcificanti e solo con la promessa vaga e ingannatrice della frutta di stagione. Dopo grosse magagne, arresti evitati, furberie lasciate in eredità ai posteri, qualcosa doveva pure andare storto. Sono andate e nate storte le due figlie del Signor Soffici. Veronica e Cecilia sono due adolescenti belle e rotte che fanno parte dell'altro lato del mondo. Le definiscono con un generico “sfortunate”, per non chiamarle “minorate mentali”, “da manicomio”. Le buone maniere prima di tutto; anche dell'onestà. Soprattutto di quella. E, onestamente, Veronica odia il padre debole, la matrigna petulante, il sapore della confettura di pesche, quel dottore dai lineamenti da topo – Anton – che sta portando alla morte il povero papà e seducendo la civettuola consorte. Ama la nonna, i libri e sua sorella. Tre cose e basta, ma con tutto il suo malandato e semplicissimo cuore. In un'estate di scandali e rivelazioni, nasce e si conclude la loro bislacca storia. Una breve odissea familiare che vedi sfrecciare nel tunnel degli orrori, o forse in quello dei baci. Perché anche i mostri sono capaci di tenerezze.





