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Recensioni: Johar - Il mio nome è Khan.

Creato il 22 gennaio 2011 da Enricobo2
Con questo lavoro il regista Karan Johar dimostra che la cinematografia indiana può affrontare efficacemente temi contemporanei e difficili che, anche se apparentemente trattati con ingenuità o con un apparentemente esagerato tono melodrammatico, sanno prendere anche gli spettatori scafati e pretenziosi. Io me lo sono visto nella versione completa di oltre tre ore, che alla fine non pesano e mi è sembrato un buon film. Certo ci sono tutti gli ingredienti facili per una platea di bocca buona. Come si sa è facile far piangere con bambini che muoiono, amori impossibili che si realizzano, handicap che consentono attraverso la volontà di arrivare comunque. La critica lo ha demolito rifacendosi al fatto che essendo stato costruito con tutti gli ingredienti per piacere ad una platea mondiale, il risultato, benché perfetto tecnicamente, sia piaciuto poco agli indiani per la scarsità di ingredienti bolliwoodiani e abbia lasciato freddo il disincantato occidente con un mix retrò troppo semplice e sorpassato da decenni.
Un film apparentemente facile quindi, che riprende il filone alla Forrest Gump, anche se con qualche fresca strizzata d'occhio all'ammiccamento bolliwoodiano e molto bravo Shah Rukh Khan, famosissimo attore del subcontinente, che interpreta in modo magistrale l'autistico Rizvan (comunque non deve essere difficile interpretare questa sindrome, perchè tutti quelli che ci provano lo fanno in modo convincente da Hoffman a Marcoré). Ripeto un buon film di cui vi allego il trailer e che vi esorto a vedere. Tutto il finale ruota sulle aspettative e le speranze che hanno accompagnato l'elezione di Obama. Ma quel tempo è già passato, infatti negli Stati Uniti (ma anche in Italia) il film è stato un flop completo avendo incassato in tutto solo 4 milioni di dollari, ma pare che ormai gli americani siano oltre il presidente abbronzato, pochissimo inclini a parlare di tolleranza e, ben influenzato dai prossimi governanti, qualcuno ricominci a sparare sui loro politici. Il messaggio del film è lontanissimo dal loro sentire del momento e forse, purtroppo, anche dal nostro.
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