- Dettagli
- Pubblicato Friday, 06 March 2015 10:00
“Midnight Club” di Giorgio Borroni è un racconto horror in audiolibro recensito quest’oggi da LetteraturaHorror.it. Acquista "Midnight Club"
Cosa succederebbe se Fight Club e Arthur Rimbaud si incontrassero per qualche congiuntura astrale? Il risultato molto probabilmente sarebbe Midnight Club di Giorgio Borroni. Solo che Dez, il protagonista del racconto, non fa né a pugni né tanto meno crea opere letterarie o artistiche: la sua specialità sono (o meglio erano) gli psico-ologrammi, creazioni di luce e musica filtrati da uno speciale visore, e si guadagna da vivere con incontri clandestini che, sebbene non implichino scontri fisici nel vero senso della parola, sono tanto o forse più dolorosi di un diretto preso in piena faccia.
Dez appartiene al gruppo ormai sparuto dei Melancotech, una sorta di versione futurista dei “poeti maledetti” dediti alle droghe e all’assenzio, o meglio al synthab, la versione sintetica del famigerato distillato.
Il protagonista si muove in un futuro freddo e asettico, in cui la misura della decadenza generale è data dalla scarsa considerazione per l’Arte: sono i violenti infatti a spadroneggiare, i cosiddetti Moderntech, talmente poco inclini a qualsiasi velleità artistica da mandare all’aria la mostra organizzata da Dez, che verrà però salvato da quello che diventerà il suo “manager”, Art-come-Arte, figura poco raccomandabile che si conforma alla perfezione al clima decadente dell’opera.
Sappiamo solo che l’artista (se fallito a maggior ragione) non può fare molta strada in un’epoca del genere: l’unica speranza, dato che ormai la versione hi-tech della “fata verde” non ha più alcun effetto sull’ispirazione, è affidarsi alle droghe di ultima generazione. Gli effetti però saranno devastanti.
Questo racconto di Borroni è pervaso da un pessimismo generale che fa presagire il peggio per il protagonista, e lascia con l’amaro in bocca introducendo la figura di una bambina che non ha nulla dell’innocenza che le dovrebbe essere propria. Non resta altro che sperare che il futuro a cui stiamo andando incontro non sia davvero così.
Chiara Borloni