(@EugenioFinardi)
“Lei pensa che io sia in Africa
a combattere la povertà
e, infatti, la combatto
ma la mia guerra è qua.
Lei pensa che io sia in Africa
a combattere la povertà
e infatti la combatto
ma la mia Africa è qua“
[da La Storia di Franco, di Eugenio Finardi]
Il mio pensiero su Eugenio Finardi non ve l’ho mai nascosto. Non è mai cambiato nel tempo anche se, ad un certo punto, agli albori della pubblicazione di “Fibrillante” (gennaio 2014) ero rimasto un po’ deluso dalle melodie alquanto seriose dell’album , ben lontane dalle canzoni “blues – rock” alle quali mi aveva abituato, soprattutto dopo aver avuto la fortuna di riascoltarne e filmarne alcune in una versione unplugged
…nel corso di una delle mie precedenti “vite”…
Per questa ragione quando è uscito il disco mi sono limitato a pubblicarne il relativo comunicato stampa, confidando ad amici e parenti, che non riuscivo ad espremire un parere chiaro sul nuovo lavoro di inediti che, tra le altre cose, arrivava dopo lunghi anni di assenza artistica. Ho sempre ritenuto Finardi un artista coerente a se stesso disposto a vivere dimensioni parallele alla musica… quando privo di messaggi da trasmettere agli altri …almeno è questa l’idea che mi sono fatto di lui in questi anni … chiedo venia se sto sbagliando…
Era come se avesse in qualche modo deluso le mie aspettative senza rendermi conto che stavo ingnorando la ferma convinzione, più volte espressa dal sottoscritto, che esiste un disco adatto ad ogni condizione che s’anima all’interno della “scatola delle emozioni” che ciascuno di noi ha in dotazione.
E stato così, che all’improvviso, il suo disco m’è arrivato. Una botta che muove a condizione nuova il mio personale parere sul suo nuovo disco e ha creato l’urgenza di raccontarvela, ad ogni costo.
“Fibrillante“ arriva quindici anni dopo “Accadueo” e in questo arco di tempo, sono convinto che il poeta che si è impossessato dell’artista abbia trovato arricchimento dal silenzio. Inteso il silenzio come lo spazio di gioco dello spirito.
Un tempo lungo o relativamente breve nel quale il tempo ha imparato a rallentare e alla fine del disco t’accorgi che ha trovato la formula per arrestarsi, non pienamente conscio che intorno è già capitato di tutto.
Eugenio Finardi ama definirlo un disco di testimonianza a metà strada tra la sua “fibrillazione atriale” e le storie di gente che sente molto vicino a lui, “storie rovesciate di chi, ogni giorno, prova a combattere contro orgogli e pregiudizi” (Fausto Pellegrini) e mi trova così concorde su questo concetto che ho preferito riportarvi le sue parole.
“Fibrillante” è una lotta contro il liberismo che ti regala, di contro, una libertà diversa che accende la speranza e la voglia di rialzare la testa, tenuto conto, che per rialzarla è fondamentale capire prima cosa significa vivere, veramente, sul fondo. Per questa ragione la rinascita può arrivare solo dal basso mentre prova a fuggire dalla propria condizione di inferiorità….
L’ultimo brano, poi, è un vademecum , messo in chiave jazz, sulla condizione economica del nostro paese ed ha per titolo la frase /intenzione pronunciata, oramai, da un italiano su tre “Me ne vado“.
La speranza che mi sento di esprimere è che “Eugenio Finardi” decida di non andarsene mai più via continuando, le sue parole, ad essere quella naturale fibrillazione dell’umana immaginazione. Ci sono persone che hanno una forte e lucida immaginazione e la loro capacità di sperare è il motore che le muove. Ed Eugenio Finardi è tra di esse.
Questa la tracklist dell’album “Fibrillante“:
1. Aspettando // 2. Come Savonarola // 3. Lei s’illumina // 4. Cadere sognare // 5. La storia di Franco // 6. Fibrillante // 7. Le donne piangono in macchina // 8. Fortefragile // 9. Moderato // 10. Me ne vado.
Il disco, prodotto da Max Casacci (Subsonica) nello studio Adromeda di Torino, è stato realizzato con l’ausilio di altri artisti e ospiti: Manuel Agnelli degli Afterhours, due membri dei Perturbazione (Gigi Giancursi e Tommaso Cerasuolo), il pianista e compositore ex-PFM Vittorio Cosma e Patrizio Fariselli degli Area. [Fonte Wikipedia]
“Cosa rimane di te
io mi sento così forte e fragile
io mi sento così forte e fragile
di fronte a te“
[da Fortefragile, di Eugenio Finardi]
di Giovanni Pirri