“Well, Frodo” said Aragorn at last. “I fear that the burden is laid upon you. You are the Bearer appointed by the Council. Your own way you alone can choose. In this matter I cannot advise you. I am not Gandalf, and though I have tried to bear his part, I do not know what design or hope he had for this hour, if indeed he had any. Most likely it seems that if he were here now the choice would still wait on you.”
Neppure il futuro re dunque può ordinare a Frodo ciò che deve fare.
Non a caso le razze buone che si uniscono per combattere l’ombra del potere assoluto sono chiamate “I Popoli Liberi”. The Free People equivale perciò a The Good People. Il bene s’identifica con la libertà.
Il famoso concetto di “Recovery” enunciato da Tolkien in On Fairy-stories, è ancora una volta espressione dell’anarchismo evangelico di Tolkien.
“Recovery” significa guardare le cose come se fosse la prima volta, togliendo loro quella patina di banalità che l’abitudine vi ha steso sopra. L’abitudine deriva dall’appropriazione, ciò che è troppo nostro, ciò che conosciamo troppo bene, non ci attira più. “Recovery” vuol dire allontanare da sé il mondo, spropriarsi delle cose per amarle di più: ciò che è libero è più bello da contemplare.
L’idea stessa di magia come elemento capace di aumentare le virtù dell’uomo o di distorcerne la mente viene rifiutata dall’autore.
La fiaba The Lord of the Rings conta sulla magia per creare meraviglia, stupore, divertimento nel lettore, ma alla magia l’autore non si affida mai troppo. I suoi personaggi devono rimanere attivi, veri, umani. La fiaba di Tolkien parla sempre e soprattutto dell’uomo, delle sue virtù e delle sue debolezze.
Alla rarefazione dei motivi fiabeschi, The Lord of the Rings oppone la tecnica della subcreazione; s’impossessa del modello della quest solo per dimostrare che - al termine della ricerca - non può esservi vero “ritorno” poiché la quest stessa ha costituito un’esperienza formativa eccezionale per il cercatore, tale da farne un individuo diverso da quello che era alla partenza; si serve dei personaggi tradizionali della fiaba popolare ma li traspone in senso moderno, arricchendoli di contenuto umano; si conclude con il tradizionale lieto fine ma esso non è un vero lieto fine, bensì una conclusione malinconica, crepuscolare e una vittoria parziale.
Ogni nuovo uomo ha una nuova lotta da intraprendere singolarmente e l’impegno non deve mai essere tralasciato:
“I wish it need not have happened in my time” said Frodo. “So do I “, said Gandalf, “and so do all who live to see such times. But that is not for them to decide. All we have to decide is what to do with the time that is given us.”
The Lord of the Rings presenta eroi fiabeschi accanto ad eroi del mito e spesso ne intreccia i motivi caratteristici.
L’eroe della fiaba tolkiniana porta a compimento la sua quest incoraggiandoci a lottare per sopravvivere e per fare comunque il nostro dovere ma non ci promette favolosi matrimoni con principesse, fantastiche eredità e successo personale. Ci promette invece la gioia pacata che nasce dalla consapevolezza di aver fatto sempre il proprio dovere e la maturità che deriva dalla complessa ricerca etica portata a termine.
Per quanto riguarda la magia, essa viene accettata solo come mezzo per rendere più ricca e vivace la storia, ma non si permette mai ch’essa soffochi l’operato dei personaggi. La magia è usata in modo da lasciar spazio alla libera volontà, all’intraprendenza, al coraggio dei personaggi. Essa costituisce un ostacolo periglioso o un aiuto sul cammino dei protagonisti, ma solo il coraggioso impegno individuale (“the burden is laid upon you”) o la solidarietà del gruppo (“the hobbits must stick together”) possono portare a compimento l’impresa principale del libro.
continua…
