Italia batte Stati Uniti. Non in cucina. Non nell’eleganza nel vestire. Non nel fare all’amore. Italia batte Stati Uniti sul campo delle serie tv. Really? What the fuck is going on with the world today? Abbiamo appena superato un’estate anomala di un anno anomalo di un mondo anomalo, tutto può succedere. Persino quello che nessuno si sarebbe aspettato mai. Se Gomorra – La serie non ha nulla da invidiare ai prodotti di maggiore qualità della serialità americana in onda su HBO e AMC, anche sul campo delle serie “commerciali” l’Italia può dire la sua. La prova?
Partiamo dalla Spagna. Che c’entra la Spagna? Un attimo e ci arrivo. In Spagna nel 2011 hanno realizzato la serie Polseres vermelles, che non ho visto ma che pare abbia ricevuto parecchi consensi, al punto che in tanti nel resto del mondo si sono attivati per rubare l’idea vincente agli spagnoli. Tempo una manciata di anni e sia in Italia che negli USA hanno realizzato i loro adattamenti. Non è una novità per entrambi i paesi. Noi italiani, e con noi italiani intendo quei bruttoni di Mediaset, hanno ad esempio già adattato una serie spagnola per dar vita a I Cesaroni. Che bella mossa, vamos! Per fortuna, le cose sono andate meglio con il remake di Polseres vermelles, diventato da noi Braccialetti rossi, una serie che ha saputo conquistarmi episodio dopo episodio, nonostante il mio enorme scetticismo iniziale. Sebbene, va detto, il finale di stagione è stata la classica roba in stile Rai clamorosa e ha fatto un po’ perdere di valore al tutto, ma va beh, chiudiamo un occhio. Considerata l’ostica tematica trattata, ovvero un gruppetto di ragazzini malati di cancro, il rischio che si cadesse nel patetico era altissimo e ogni tanto la serie ci cade pure. Eppure, per essere un prodotto Rai, sono rimasto piacevolmente sorpreso. E ho scoperto che Laura Chiatti sa recitare!
Sì, insomma, più o meno...
Se l’Italia per una volta è arrivata prima, la risposta americana non si è fatta attendere troppo. A poco tempo di distanza, anche negli USA hanno realizzato una loro versione di Polseres vermelles e a produrla c’ha pensato nientepopodimenoche Steven Spielberg, un furbacchione che ha subito fiutato l’affare. Così è nata Red Band Society, la nuova serie tv appena partita in patria su Fox e io ho iniziato a seguirla con lo stesso scetticismo con cui mi ero approcciato a Braccialetti rossi. In questo caso i miei pregiudizi erano dovuti, oltre alla produzione di Spielberg che in tv è quasi sempre sinonimo di disastro – si vedano Falling Skies, Terra Nova e Under the Dome – al fatto che avevo già seguito la versione italiana e quindi mi aspettavo una sterile replica.
Al di là della tematica ormai abusata e dell’effetto deja vu provocato dalla visione di Braccialetti rossi, così come delle altre serie sopra citate, c’è un problema, con questo Red Band Society. C’è qualcosa che manca. Mancano le vere emozioni. La serie Rai a volte poteva essere esagerata nel suo essere melodrammatica, ma noi italiani siamo fatti così. Ci piace esagerare, ué ué. Red Band Society invece è freddo, asettico come una stanza d’ospedale. Vero che la serie è ambientata proprio in un ospedale, però così si esagera. L’ospedale di Braccialetti rossi aveva il pregio di costituire un mondo a parte, con delle regole e un linguaggio propri. Il motto “Watanka!” qui è invece assente, almeno nella puntata pilota. Può sembrare solo un piccolo particolare, ma non lo è e chissà se arriverà nei prossimi episodi. Era un elemento fondamentale per sentirsi in sintonia con i personaggi. Una volta iniziata la serie Braccialetti rossi, si entrava dentro quelle mura e sembrava di stare al fianco dei protagonisti, tutti molto più coinvolgenti e “vivi” rispetto alle smorte controparti americane. Il protagonista principale Leo, in particolare, nonostante gli attori siano fisicamente quasi identici, ha perso tantissimo in carisma. Quello italiano era un leader, questo americano è solo un bimbominkia.
Male anche Cris, la fighetta anoressica del gruppo, che passa dall’interpretazione sofferta di Aurora Ruffino al volto inespressivo di Ciara Bravo, una che starebbe a suo agio in una serie Disney più che dentro un ospedale.
Quanto al tizio simpa di turno, si è passati dal cazzaro napoletano Toni al tipo di colore fissato con il sesso interpretato dal giovane rapper Astro uscito da X Factor America.
Non hanno subito invece enormi differenze i personaggi di Vale e del “comatoso” Rocco, che erano piuttosto fastidiosi già nella versione italiana e lo sono pure in questo remake USA.
Il personaggio più cambiato è invece Davide. Davide nella versione americana è diventato… una ragazza. WTF? Il calciatore Davide si è tramutato in Zoe Levin, attrice già vista in Palo Alto di Gia Coppola, nonché la più promettente del cast della serie americana.
"Hey Davide, sei diventata più... gnocca durante la notte."
Vari cambiamenti li possiamo assistere anche tra i personaggi minori. Per esempio, anziché la primaria di chirurgia qui il ruolo della “stronza” di turno viene indossato dall’infermiera Octavia Spencer, in un ruolo che ricalca molto quello della nazi Miranda Bailey di Grey’s Anatomy. Visto che siamo dalle parti di Hollywood, tutto naturalmente è inoltre diventato più bello e scintillante, quanto artificiale, e così il ruolo del dottore vicino alla pensione interpretato da Andrea Tidona, con tutto il rispetto certo non un Adone…
…sì è trasformato nella versione statunitense nel giovane dottore figo di turno, interpretato da Dave Annable, pessimo attore già avvistato in 666 Park Avenue.
A differenza di quest’ultima serie, subito cancellata, Red Band Society potrebbe trasformarsi in un successo, perché la storia dei ragazzini malati di cancro è un cavallo vincente su cui puntare e inoltre perché, nonostante gli ascolti del pilot non siano stati fenomenali, sembra un adattamento perfetto per il pubblico americano. Il problema è proprio quello. È tutto troppo americano, nel senso di finto, di pulitino e di costruito. Io, per una volta, almeno a giudicare dal primo episodio preferisco l’Italia. Su tutto, tranne su un aspetto. La colonna sonora di Red Band Society con Brian Eno, Who, Clash, Stealers Wheel, Sleater Kinney e Coldplay è molto meglio di quella di Braccialetti rossi con Vasco, Laura Pausini, Il Cile, Francesco Facchinetti, Emis Killa ed Emma. Musica a parte, questa volta Italians do it better. Ai em sorri ammericani.