Per i primi dieci anni della mia vita, la cura della mia persona è stata affidata a una donna così completamente impermeabile ai segreti della cosmesi da avere in seguito sviluppato la tremebonda abitudine di riporre le biro colorate che trova in giro per casa nel mio beauty case.
(No, mamma, la Stabilo non fa le matite degli occhi. Ti dico di no.)
Per anni, con la beata incoscienza e la fiducia cieca di cui solo i bambini sono capaci, ho messo la mia preziosa testolina nelle mani (singolarmente votate alla pettinatura delle orecchiette infantili) di una che, l’unica volta che ha provato a farsi un brushing, è finita mezza isterica con una spazzola tonda completamente inglobata tra i capelli, a minacciare di tagliarsi alla radice la ciocca incriminata.
(State tranquilli, ha due sorelle che le vogliono bene e l’hanno costretta a lasciar giù le forbici e farsi disincastrare manualmente)
Il problema di mia madre –eh, avercene di problemi così– è che è bella. Bella nel senso più canonico del termine, bella come da bambina ti immagini siano belle le principesse: gli occhi azzurri, i capelli lisci e lunghi e biondi, il naso dritto, le labbra carnose, la pelle uniforme, il sorriso brillante, gli zigomi zigomosi. Bella, e soprattutto regalmente, totalmente, sinceramente disinteressata al proprio aspetto esteriore.
Non così tu, invece. A te l’aspetto esteriore importa eccome.
Insomma, tu hai sei anni, e tua madre è bella. Lo vedi che è bella, soprattutto se la compari alle mamme delle tue amichette, che hanno i capelli stratinti e rigidi di lacca, la faccia color fanghiglia e la matita nera che sbava nella piega dell’occhio. Tua madre è bella, e sei bella anche tu, a sei anni, sei biondina e liscia e ben proporzionata. Covi un malcelato senso di superiorità estetica. Ti illudi sarà sempre così.
(In tutto questo, è un bene che a tua madre non interessi la cosmesi, perché dentro di lei cova latente una passione astratta per gli ombretti turchesi e i rossetti arancioni, oltre che alcune idee piuttosto singolari sulla tecnica ottimale di applicazione del mascara)
Poi però gli anni passano, e tua madre continua a essere bella, ma tu entri nella fase tragica della pubertà, perdendo nel giro di sei mesi tutto il capitale di bellezza su cui avevi fatto affidamento fino ad allora. Ti senti un mostro, e rinnegando la bambina spocchiosa che eri corri come attirata da una forza irresistibile verso i pochi, improbabili prodotti di bellezza asserragliati nell’armadietto del bagno in striminzita rappresentanza dell’universo beauty.
Essi sono: un mascara talmente vecchio da rappresentare l’equivalente oftalmico della caprese a base di pomodoro ammuffito, una matita per gli occhi grigiazzurra che puzza di Germania Est lontano un miglio, un inspiegabile quanto audace correttore color mogano.
Ci aggiungi una matita nera granulosissima che hai trovato in una rivista, e un surreale stick brillantinoso profumato all’arancia (te l’ha regalato una tua compagna di classe che evidentemente ti odia, accompagnandolo con un profumo alla vaniglia che ti ha scatenato istinti omicidi e senso d’inadeguatezza, in parti uguali), annuisci grave e scappi in camera tua, dove la luce fa schifo e non hai uno specchio di dimensioni plausibili e soprattutto, essendo l’argomento in casa tua appena meno discusso della fisica nucleare, non hai la più pallida idea di quello che intendi fare.
Ma sei determinata, ah se sei determinata.
Hai fatto la tua scelta.
(continua)
- Ciao, sono la sua mamma in versione adolescente.
Qui non sembra, ma sono anche intelligente.