Anche se Tabu era un’opera diversa, insomma: sceneggiatura, recitazione, ci siamo capiti, ritengo che possa esserci un collegamento concreto con Redemption. Anzi, il link non è per nulla concreto, ciò che li lega è un mood impalpabile che si può catalogare attraverso ampi contenitori quali nostalgia, malinconia, intimità, senza però concordare appieno, forse perché i tasti che sfiora Gomes sono troppo reconditi e appartenenti al regno dell’indescrivibile. Non è un film che cattura emotivamente, sia chiaro, ma la capacità di aleggiare in una dimensione appartata ci fa cogliere una bellezza primordiale, quella dell’infanzia, dell’indimenticato primo amore, della paternità, delle nozze, con il nugolo di paure connesse. È doveroso evidenziare però che quanto appena detto sgorga dall’attuazione di un procedimento filmico dove l’immagine contraddice la narrazione, infatti ciò che vediamo non corrisponde per filo e per segno alla voce over, soprattutto la parte berlusconiana che contempla anche la visione di Mussolini zigzaga in altri nascondigli dell’ieri, ma è proprio qua che sta il pregio capitale di Redemption, il suo essere ramingo, l’evenemenzialità del personale, l’immergersi nel Fiume del Tempo (cit.), la raccolta dei frammenti disparati e la restituzione organica ed unitaria di un flusso penetrante che stringe a sé temi di importanza cogente nel cinema: la forza che ha di richiamare un vissuto, la sua potenza falsificante, la connivenza con la politica che, miracolosamente, con Redemption assume una sfumatura più umana.
Anche se Tabu era un’opera diversa, insomma: sceneggiatura, recitazione, ci siamo capiti, ritengo che possa esserci un collegamento concreto con Redemption. Anzi, il link non è per nulla concreto, ciò che li lega è un mood impalpabile che si può catalogare attraverso ampi contenitori quali nostalgia, malinconia, intimità, senza però concordare appieno, forse perché i tasti che sfiora Gomes sono troppo reconditi e appartenenti al regno dell’indescrivibile. Non è un film che cattura emotivamente, sia chiaro, ma la capacità di aleggiare in una dimensione appartata ci fa cogliere una bellezza primordiale, quella dell’infanzia, dell’indimenticato primo amore, della paternità, delle nozze, con il nugolo di paure connesse. È doveroso evidenziare però che quanto appena detto sgorga dall’attuazione di un procedimento filmico dove l’immagine contraddice la narrazione, infatti ciò che vediamo non corrisponde per filo e per segno alla voce over, soprattutto la parte berlusconiana che contempla anche la visione di Mussolini zigzaga in altri nascondigli dell’ieri, ma è proprio qua che sta il pregio capitale di Redemption, il suo essere ramingo, l’evenemenzialità del personale, l’immergersi nel Fiume del Tempo (cit.), la raccolta dei frammenti disparati e la restituzione organica ed unitaria di un flusso penetrante che stringe a sé temi di importanza cogente nel cinema: la forza che ha di richiamare un vissuto, la sua potenza falsificante, la connivenza con la politica che, miracolosamente, con Redemption assume una sfumatura più umana.
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