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Quello che ci tocca leggere in questi giorni è particolarmente rivoltante e vergognoso, soprattutto se a dire certe cose è un rappresentante importante come il presidente della Repubblica Italiana.
In un’intervista Napolitano rievoca il suo passato macchiato di errori e dall’impulso della gioventù
"Il sentiero della mia vita è un processo passato attraverso prove ed errori. Sono partito dagli ideali che in gioventù ho sposato - più che per scelta ideologica - per impulso morale e sensibilità sociale".
Non possiamo che essere d’accordo nell’affermare che la sensibilità morale e sociale che svolsero i carri armati sovietici quando entrarono a Budapest nei confronti della popolazione magiara fu un atto umanitario e di lodevole democrazia, come adesso l’Italia ha compiuto nei confronti della popolazione libica e nell’omicidio di Gheddafi.
Ma il trasformismo del personaggio supera ogni aspetto quando afferma che
"Innanzitutto fu una tragedia, anche per il Pci, un errore grave e clamoroso del gruppo dirigente, a partire da Togliatti. Poi, anche prima che si ammettesse l’errore, si comprese la lezione: per cui, quando nel 1968 (Togliatti era già deceduto da 4 anni) ebbe luogo l’intervento armato dell’Urss e degli altri paesi del blocco sovietico in Cecoslovacchia, il Pci ufficialmente si schierò contro quell’intervento".
Un errore di Togliatti, lui afferma, una tragedia applaudita e sostenuta da tutti i dirigenti politici dell’epoca compreso lo stesso Napolitano che non afferma, però, il suo distacco da quegli eventi rimanendo nel generico e continuando ad ammettere "…in cui ero membro attivo di un Partito Comunista che non era un partito stalinista come molti altri in quanto aveva una fondamentale matrice antifascista e democratica e comprendeva forti componenti liberali…"