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Referendum

Creato il 12 gennaio 2011 da Renzomazzetti

Antonio Gramsci.Gli operai metallurgici devono oggi, per referendum, approvare o respingere la mozione votata dal congresso della loro federazione. Non è difficile prevedere l’esito di questa consultazione delle maestranze di fabbrica: la forma del referendum è squisitamente democratica e antirivoluzionaria; serve a valorizzare le masse amorfe della popolazione e a schiacciare le avanguardie che dirigono e danno una coscienza politica a queste masse. L’avanguardia del proletariato non deve quindi demoralizzarsi e decomporsi per queste risultanze del movimento rivoluzionario. La sua qualità di avanguardia sarà anzi documentata dalla forza d”animo e dalla capacità politica che essa riuscirà ad esprimere: i gruppi operai che sono stati a capo del movimento, in questi giorni, hanno misurato esattamente il loro potere d’azione e le forze di resistenza passiva che esistono in mezzo alle masse? Hanno acquistato consapevolezza della loro missione storica? Hanno acquistato consapevolezza delle debolezze intime che pur si sono rivelate nella compagine della classe operaia, debolezze che non sono individuali, che non intaccano la valutazione dello spirito rivoluzionario del proletariato nell’attuale periodo storico, ma che sono rintracciabili nei rapporti generali di organizzazione professionale? Hanno fatto coscienza attiva e operante della esperienza attraversata? Si sono abituati a identificare i sentimenti più riposti che fanno vibrare l’animo popolare e i sentimenti negativi, le forze di inibizione che immobilizzano e logorano gli slanci più generosi e audaci? La capacità politica dell’avanguardia proletaria ( e quindi la reale capacità rivoluzionaria della classe operaia italiana ) risulterà dagli atteggiamenti che nasceranno dall’odierno referendum. Molti pericoli minacciano la classe operaia: questi pericoli non sono esterni, sono specialmente interni. Il pericolo maggiore è la mancanza di “spirito di adattamento” alle circostanze superiori, di adattamento critico, di adattamento cosciente e volontario, che non può e non deve essere confuso con l’opportunismo. La mancanza di questo spirito di adattamento conduce essa invece all’opportunismo, o, ciò che vale lo stesso, al trionfo degli opportunisti in mezzo alle masse, al mantenimento delle gerarchie che hanno portato all’attuale conclusione il movimento rivoluzionario. L’avanguardia proletaria bisogna consideri e valuti gli avvenimenti svoltisi, non alla stregua dei suoi desideri, delle sue passioni, della sua volontà, ma obbiettivamente, come dati esterni da sottoporre al giudizio politico, e come movimento storico passibile di prolungamenti e di sviluppi coscienti. Da un punto di vista meramente obbiettivo la classe operaia può registrare un gigantesco passo avanti. La classe operaia, come massa guidata e disciplinata nella fabbrica dai suoi rappresentanti diretti, ha dimostrato di essere in grado di autogovernarsi industrialmente e politicamente. Da questo fatto, che è elementare per i rivoluzionari comunisti, sono scaturite conseguenze di una importanza sociale incalcolabile. Le classi medie della popolazione hanno messo a confronto la forza del proletariato e la insufficienza della classe industriale… I capi del movimento proletario si basano sulle “masse”, ci domandano per l’azione il consenso preventivo delle masse, procedendo alla consultazione nelle forme e nel tempo che essi hanno scelto: un movimento rivoluzionario non può invece fondarsi che sull’avanguardia proletaria, e deve essere condotto senza consultazione preventiva, senza apparato di assemblee rappresentative. La rivoluzione è come la guerra: deve essere minuziosamente preparata da uno stato maggiore operaio, così come la guerra viene preparata dallo stato maggiore dell’esercito: le assemblee non possono che ratificare il già avvenuto, esaltare i successi, punire implacabilmente gli insuccessi. E’ compito dell’avanguardia proletaria tener sempre desto nelle masse lo spirito rivoluzionario, creare la condizione in cui le masse siano predisposte all’azione, in cui le masse rispondano immediatamente alle parole d’ordine rivoluzionarie. Allo stesso modo i nazionalisti e gli imperialisti tentano, con la loro predicazione sfrenata di vanità patriottica e di odio contro gli stranieri, di creare la condizione in cui le folle approvino una guerra già concertata dallo stato maggiore dell’esercito e della diplomazia. Nessuna guerra scoppierebbe se per dichiararla si interrogasse preventivamente il popolo: i parlamentari approvano le guerre perché le sanno già decise inesorabilmente, perché sanno di essere inesorabilmente spazzati via se si oppongono. Allo stesso modo: nessun movimento rivoluzionario verrà decretato da una assemblea nazionale operaia: convocare l’assemblea significa già confessare la propria incredulità, e quindi significa esercitare una pressione pregiudiziale. L’avanguardia proletaria, che oggi è disillusa e minaccia disgregarsi, deve domandare a se stessa se di questa situazione non sia essa stessa responsabile. E’ un fatto che non esiste nel seno della Confederazione Generale del Lavoro una opposizione rivoluzionaria organizzata e accentrata in modo da poter esercitare un controllo sugli uffici direttivi e da essere in grado non solo di sostituire un uomo con un altro uomo, ma un metodo con un altro metodo, un fine con un altro fine, una volontà con un’altra volontà. Poiché questa situazione è reale, poiché a mutarla non giovano i lamenti, gli improperi, le maledizioni, ma occorre lavoro tenace e paziente di organizzazione e di preparazione, è necessario che i gruppi operai che sono stati a capo delle masse accettino la realtà così come è, per modificarla efficacemente; occorre che mantengano la massa unita e compatta intorno ai loro programmi e alle loro parole d’ordine, occorre che si rendano capaci di esprimere dal loro seno uno stato maggiore energico, che sappia con intelligenza e audacia condurre una grande azione di masse. Oggi siamo al referendum: il risultato che esso darà non deve essere cagione di smarrimento e di disgregazione, ma invece monito per una attività più serrata, più disciplinata, meglio organizzata: l’emancipazione del proletariato non è opera di poco conto e di uomini da poco; solo chi, nel maggiore disinganno generale, sa mantenere il cuore saldo e la volontà affilata come una spada, può essere ritenuto un lottatore della classe operaia, può essere chiamato un rivoluzionario. -Antonio Gramsci- (da “Avanti!” : Capacità politica, settembre 1920).

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POVERA MACCHINA MORTA

Eri nella fatica assillante

che nella massacrante cadenza

ottenebrava il cervello

e affiacchiva le membra.

Al ritmo della catena di montaggio

nella fabbrica prigione

vegetavi invecchiando

e alla sera avevi già sonno

prima del “Carosello”.

Ma il tuo era un altro mondo

non quello illuso pari a te stesso

che inerme subivi inconscio

la violenza, il sopruso, l’inganno.

Mai diventasti uomo.

Neppure alla tua morte

lasciasti una briciola di conoscenza

del tuo stato di essere

ché ti videro spegnere a poco a poco

senza fare alcuna domanda,

senza chiederti nessun perché.

Ed ora giaci povera macchina

povera macchina morta

senza un grido, senza un guaito.

    - Renzo Mazzetti -

    (dedicata al crumiro)

 

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