E ripenso a tutti quei regali inconsapevoli.
Quelli che non sai di fare, quelli senza un ringraziamento.
Gli ombrelli sui treni lasciati agli sconosciuti che schicchignosi li avranno toccati con due dita, chissà di chi era, però poi fa sempre comodo.
Agli orecchini d'oro e alla chincaglieria di ogni fattura, provenienza e valore, sparsi ai casuali disaccessoriati bisognosi di stile di tutto il mondo.
Alle svariate monetine o fogli usciti dalle tasche in maniera più o meno naturale, e nel caso, speriamo servano per le medicine.
Ai libri prestati sapendo che mai torneranno nella mia libreria, un po' spiacente visto che uso rileggere il già letto, ed una libreria piena di confusione testimonia una certa ricchezza.
Ai dischi di quella musica che tanto amo da doverla condividere anche a costo di diventare un pirata per riaverla, perché non acquisto due volte la stessa cosa.
Al mio giubbino di nappa morbidissimo, dato con leggerezza che tanto "restituisco subito" e ancora mi brucia non averlo nell'armadio.
Ai miei occhiali da sole, acquistati su OceanDrive a Miami in un maggio troppo caldo per essere vero, e lasciati a chi occhi credeva di avere e mai più vedranno.
Alle tante notti insonni di pensieri e preoccupazioni, irrisolvibili di giorno da una legione di soldati, figuriamoci di notte in solitaria.
Ai pasti saltati per fare e impegnarsi nell'inutile. Fossero serviti a dimagrire, nemmeno quello, solo consumo.
Ai sorrisi, falsi, forzati, veri, sinceri, di rossetto pittati, con i denti in vista e le rughe ai lati del naso e sotto gli occhi, che senza, non mi riconoscerebbero.
Ma sopra ogni altro regalo ho dato tanto inestimabile tempo.
Mai restituito.
Mai pagato.
Mai buttato.
D.
[ph. Daniela Pelagalli; Millenium Parck, Chicago, 2013]
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