Il venerdì da queste parti non è tale se non porta la firma di Lino Vuotto. Anche oggi – che sono in Sardegna a godermi una settimana di relax con la mia famiglia e degli amici intervallato da qualche ora di lavoro notturno – Lino c’è. E vi dirò di più: a proposito di regali inattesi lui questa sera me ne ha fatto uno. Abbiamo cenato in un agriturismo sardo consigliatomi proprio da Lino. Ne approfitto per dirgli grazie pubblicamente per la cena a Sa Burgia di Villasimius. Ma questa è un’altra storia. In questo post si parla sempre di New York… e di regali inattesi.
I piccoli gesti riescono ad avere un enorme potere naturale. Un regalo inatteso, un complimento spontaneo sono capaci di provocare emozioni alle volte indimenticabili anche senza cambiare il mondo.
Brian Emerick non ha fatto nulla di straordinario. Un piccolo video (facile, lui è filmaker), 2 minuti e mezzo con 150 foto, una ogni secondo. Il suo omaggio, il suo atto d’amore verso new York dove ha trascorso 12 giorni di vacanza. Lo ha messo in rete e la rete lo ha premiato, il video ha fatto il giro del mondo ed ha conquistato anche la home dell’Huffington Post; che lo ha ringraziato a nome dei newyorchesi.
Le immagini, le foto, hanno un grande potere. Per chi le guarda e per chi le fa. A New York ho comprato la mia prima reflex, una Nikon; stiamo parlando dell’era predigitale, si usavano rullini e diapositive. Allora si andava dall’Ebreo, dicevano avesse i prezzi migliori. A me sembravano tutti uguali, però vuoi mettere raccontarlo poi.
Quella Nikon è in un cassetto, irreparabile, ma guai a chi me la tocca. Da lei è partita una delle passioni della mia vita, immortalare cose e persone, momenti e emozioni. Inutile dire che New York è tra i soggetti più presenti nel mio archivio (scusate, nel casino fatto di foto ammucchiate e file sparsi per il computer; meglio essere onesti).
Big apple è fotogenica, punto e basta. E capisco Brian. Sei sul Brooklyn Bridge e cerchi l’angolo, la prospettiva, l’incrocio. Sei su un grattacielo e giochi con i profili oppure con i gialli dei taxi giù in strada. Aspetti il tramonto per esaltare i colori delle luci delle insegne. Se poi è autunno ed entri in Central Park con la reflex il dito inizia a martellare come fa Tippete in Bambi: uno spettacolo.
Come detto in casa ne ho parecchie di foto. Una però gira quasi in autonomia. Ogni tanto la sposto, so che c’è. Per un certo tempo è stata anche in auto. Me l’ha regalata Alessandro, l’ha fatta lui. Con il tempo è un po’ sbiadita, ma non importa. Ci siamo io e Paola, seduti. Una vetrata dietro di noi e dietro la vetrata la distesa di Manhattan. Gennaio 2000. L’ultima volta che sono salito sulle Torri Gemelle.
Quando la guardo penso due cose: poteva essere l’11 Settembre, poteva toccare anche a noi. E mi viene un brivido.
La seconda? Rest in Peace, rigorosamente con accento yankee.
Lino Vuotto