E come diceva Paolo Conte “perché in Ciampi, a distanza d’anni di musiche e di parole si continui a inciampare. È un fatto fisico, di pelle, di rabbie mai sciolte”
“Reinciampando – atto primo” è un po’ la testimonianza del lavoro fatto da Giuseppe De Grassi – spesso solo contro tutti – per far “inciampare in Ciampi” una serie di musicisti che, magari, Piero Ciampi neanche lo conoscevano; testimonianza concretizzatasi in due memorabili concerti romani, il primo al Teatro Argentina, il secondo al Teatro Brancaccio, rispettivamente nel 1990 e nel 1997.
Un duro lavoro, spesso misconosciuto (se non ostacolato) per far cantare Ciampi ancora una volta e da nomi come Lucio Dalla, Nada, Renato Zero, Franco Califano, Paola Turci & Toquinho, Enzo Gragnaniello… per far reinventare Ciampi, su poesie e testi sparsi grazie a nomi quali Umberto Bindi, Grazia Di Michele, Pacifico, Vinicio Capossela, Claudio Lolli.
Oggi, ripubblicato a distanza di quasi di una generazione, resta ancora estremamente vitale ed emozionante e il vero cultore del genere non può non accorgersi di come attorno a tutto questo lavoro siano nate tante iniziative simili ma mai uguali. Mai nessuna con l’incoscienza e la genialità di ciò che propone questo progetto.
Il grande viaggio storico e musicale fatto negli anni da De Grassi (dal 1982, addirittura) è racchiuso in questo disco e nell’atto secondo che seguirà.
Testimonianza di un percorso intrapreso spesso con l’indispensabile collaborazione e vigilanza di Luigi Piergiovanni della Interbeat Records e sempre con infinita passione, umiltà, esaltazione, coerenza e certezza… ingredienti fondamentali che comunque ritroviamo in tutti i lavori fatti da De Grassi su Ciampi, dalla ripubblicazione antologica, agli inediti, alla letteratura, al cinema. Non importa di quanti avvoltoi siano giunti dopo ad approfittarsi di tutto questo.
Eccolo: l’omaggio più spericolato, sincero, puro a forse l’unico che aveva “tutte le carte in regola per essere un artista”, prodotto e confezionato, da due artisti drop-out, ma così incoscienti da voler pubblicare ancora una volta un testamento unico e inimitabile.
Piero Ciampi nacque al numero 12 di via Pelletier nel quartiere Pontino di Livorno. Un quartiere popolare abitato da sempre da piccoli mercanti e portuali. Commerciante di pelli era anche il padre di Piero, che nacque dal secondo matrimonio.
A Livorno suona il contrabbasso (strumento imparato a suonare da autodidatta) in piccoli complessini della zona. Ma l’inquietudine e l’insoddisfazione crescevano e così nel 1957, senza una lira in tasca, passò da Genova, dove incontrò Reverberi e dove nacque l’amicizia con il pittore Federico Sirigu, per poi andare a Parigi. Qui si arrangiava cantando per poche lire le sue poesie, magari scritte poche ore prima in una birreria. Spesso non aveva neppure i soldi per mangiare ma si fece conoscere in alcuni ambienti parigini dove lo chiamavano “l’italianó”; qui conobbe Louis-Ferdinand Céline e divenne estimatore di Georges Brassens.
Se la vita professionale si rivela difficile, non diversa è quella personale e affettiva. Gli anni ’70 sono anni di viaggi: Svezia, Spagna, Inghilterra, Irlanda, forse addirittura Giappone. Scappa senza dire niente a nessuno. Così come scappano le sue donne: Moira, irlandese, che dopo meno di un anno di matrimonio si allontana portandosi via Stefano, il loro figlio nato nel 1963; e Gabriella che gli dà anche lei una figlia.
Anni dopo, nella canzone Ha tutte le carte in regola, Ciampi canterà: «Ha amato tanto due donne, erano belle, bionde, alte, snelle. Ma per lui non esistono più».
Unica compagna fedele e sempre più inseparabile resta la bottiglia. Morì a Roma il 19 gennaio 1980 per un cancro alla gola, assistito dal suo medico, anche lui cantautore: Mimmo Locasciulli (che per ricordare l’amico incise, anni dopo, una delle canzoni di Ciampi: Tu no).