Quando si lavora come psicologi, viene a volte da chiedersi quanto le difficoltà dei nostri pazienti siano oggi legate alla complessità delle relazioni sociali. Sentirsi compresi ed ascoltati per qualcuno sembra essere solo uno spazio da conquistare in seduta: ma quanti poi davvero riescono a relazionarsi con i familiari o con gli amici, attraverso una vera comunicazione e non un semplice rapporto di superficie e di convenienza?
A volte ci si sente più soli in compagnia di amici "da uscita del weekend", che magari quando si è effettivamente da soli. La comunicazione in questi casi diventa puro monologo collettivo davanti ad una cena al ristorante o ad un caffè al bar.
Ma mi viene da pensare che come impedimento ad una relazione amicale più profonda, non è vero che è il tempo che manca...
Questo articolo riportato da "Abbiamo sempre meno amici. Colpa del lavoro e di internet", tratto in data 24-06-2006 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi
http://www.opsonline.it/index.php?m=show&id;=6066 ci da qualche dato:
"L'immagine è quella di un cerchio che si stringe. "La cerchia delle amicizie si sta riducendo sempre più" avverte l'American Sociological Review. I dati raccolti negli Stati Uniti vent'anni fa stridono con quelli odierni. Nel 1985 ogni individuo intervistato dichiarava di avere tre amici, ovvero "persone con cui discutere argomenti importanti e profondi".
Oggi la media è scesa a due. Una persona su quattro - fra le 1500 intervistate nel 2005 - rovistando nella propria memoria non è riuscita a trovare nemmeno il nome di un amico: nessuno con cui si sia confidato negli ultimi sei mesi. In Italia la situazione è meno drammatica, ma il fenomeno si sta estendendo soprattutto al nord e tra le donne. Nel nostro Paese fino a 25 anni di età lo spazio per frequentare persone affini si mantiene intatto. Ma a partire dai 30 anni il lavoro inizia a prendere il sopravvento e il numero di amici subisce un tracollo che non si risolleva neanche con la pensione.
Il lavoro che fagocita gran parte della giornata e internet che rosicchia il resto sono fra le cause dell'isolamento degli individui, spiegano Lynn Smith-Lovin e Robert Wilson. I due sociologi della Duke University hanno portato a termine l'ultima tappa di una ricerca iniziata oltre vent'anni fa. "La cerchia delle amicizie che si restringe non è l'unico fenomeno che abbiamo notato" spiegano i due ricercatori. "Quando serve un confidente, lo si trova sempre più spesso fra i familiari". L'ultimo bastione della fiducia rimangono le mura domestiche.
"Ci rifugiamo all'interno di comunità protette, che mantengono alte le barriere con il mondo esterno" spiega Marco D'Avenia, che insegna filosofia morale all'università pontificia Santa Croce. L'anno scorso, nel convegno da lui organizzato con il titolo di aristotelica memoria "La necessità dell'amicizia", vennero diffusi dati allarmanti: solo il 23 per cento degli italiani si sente soddisfatto delle proprie relazioni, mentre il 15,7 per cento è apertamente insoddisfatto dei legami affettivi che intrattiene. Le società occidentali, secondo D'Avenia, sono il "terzo mondo delle relazioni": "Le ultime riflessioni che abbiamo fatto sull'amicizia risalgono ad Aristotele e Cicerone. Ora siamo finiti in una condizione di analfabetismo".
La sintassi dei rapporti con gli altri vede la fiducia come primo elemento. Segue l'affetto non a scopo sessuale e infine la frequentazione, il punto debole di una società in cui il tempo è diventato un bene assai scarso, e quindi prezioso quanto il denaro. Tra due amici la comunicatività segue regole consolidate, che passano attraverso la mimica facciale, o anche attraverso il silenzio.
"Un altro segnale della nostra difficoltà - prosegue D'Avenia - sta nel confondere spesso l'amicizia con l'intersoggettività, cioé con un legame superficiale in cui non mettiamo in gioco nulla di noi stessi. O nello scambiarla per un'affiliazione politica, come quella dei camerati, dei compagni o dei sodali di partito". Eppure se ogni uomo si ritrova prima o poi a dover dipendere dagli altri, e se Aristotele nell'Etica Nicomachea sostiene che "Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici", una ragione deve esserci senz'altro. "L'amico è lo specchio in cui ci riflettiamo e possiamo conoscere noi stessi" spiega D'Avenia. "L'identità personale si può acquisire solo in un rapporto a due".
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