<< Vedi >>, D. assume l'espressione furtiva di chi cerca complicità, << è che ho bisogno di avere delle relazioni extraterapeutiche >>. << Extra... coniugali >>, lo correggo pro forma. << No, no, extraterapeutiche >>, ripete lui convinto, << ma sì, hai capito cosa intendo... >> e fa l'occhiolino. Certo, bello mio, però è la giustificazione che ti scrivi sul libretto a interessarmi.
<< Con mia moglie è finita da un pezzo. Condividiamo la vita di tutti i giorni, la casa, gli amici. Abbiamo un figlio piccolo da crescere, è un impegno, una responsabilità. Insomma, cerchiamo di far funzionare le cose anche se tra noi non c'è più niente dal punto di vista dei sentimenti. Così, dato che non me la sento di affrontare una separazione, trovo che sia normale avere altre storie >>. Sarei curioso di sapere il parere della moglie, al riguardo. << Questo voglio dire >>, prosegue: << c'e un sesso coniugale che è terapeutico, perché fa bene a me come a lei, ci fa sentire una coppia nonostante la distanza che ormai ci separa, e un sesso extraterapeutico che è necessario per sentirsi vivi... >>. << Per sentirsi vivi, naturale... >>.
Non ne faccio una questione di morale, ci mancherebbe, ma di etichette categoriali. Ogni cosa ha il proprio nome, e spesso anche più di uno. Dipende quale fa più comodo scegliere per confermare a se stessi, prima che agli altri, di essere nel giusto.