Relitti navali...utili agli archeologi
di Pierluigi Montalbano
Il Mediterraneo è da sempre una risorsa affidabile per tutte le popolazioni che si affacciano sulle sue coste. Fin dal Neolitico, i viaggi per l'ossidiana costituirono un banco di prova per avviare mercati di scambio per tecnologie, uomini e merci. Genti lontane s'incontrarono e le contaminazioni culturali consentirono una rapida evoluzione nel modo di vivere delle comunità. Le novità attecchirono con facilità in quei luoghi dove gli approdi offrivano una serie di garanzie per indigeni e nuovi arrivati. Certamente i primi approdi furono fondati laddove acqua potabile e ricchezza di risorse locali costituivano un'esca formidabile per i naviganti. Verso il III Millennio a.C. questi traffici si ampliarono notevolmente grazie ai prospector che cercavano metalli, soprattutto rame e oro. In questo periodo assistiamo a un progresso culturale senza precedenti, e i centri nei quali si scambia subiscono uno sviluppo demografico che porterà alla formazione di nuove attività, non più strettamente legate alla produzione agricola o alla pastorizia. E' l'epoca dei primi villaggi fortificati, delle sepolture monumentalizzate dei defunti, della divisione in classi gerarchiche, delle guerre per il predominio sui territori floridi e sul controllo delle rotte navali. Ben presto si giungerà alle classi dominanti nelle quali occorrono alcuni specialisti: sacerdoti, capitribù, maestri d'ascia, fabbri, scriba ed esperti in guarigioni con le erbe. E' l'alba della civiltà del Bronzo, un'epoca nella quale i grandi imperi domineranno sulla Terra.
E' in questo periodo che le merci e gli uomini circolano per mare senza preoccuparsi delle distanze, e visto che il legno non si conserva nell'acqua (a causa di microrganismi che polverizzano le materie organiche), ciò che gli archeologi possono esaminare si riduce al contenuto delle barche che si inabissarono, i cosiddetti relitti navali.
Nell'immagine il relitto di Ulu Burun (Sud Turchia) affondato nel 1350 a.C.
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