Remember Kenya / "Debora Addio" / Riletture

Creato il 09 ottobre 2012 da Marianna06

  

In un Kenya anni ’70, Josua,il giovane protagonista di questa storia, lacerato da molteplici contraddizioni, a causa del  carattere ombroso e della sua personalità irrequieta, e ostaggio di persone disoneste, abbandona, dall’oggi al domani, la scuola che frequenta, anche se non ignora i   grossi sacrifici  della famiglia per dargli un’istruzione, e si reca a Nairobi, la capitale, in cerca di lavoro.

Il miraggio della città, com’è prevedibile, è per lui più forte di ogni discorso ragionevole di sua madre, che non vorrebbe che partisse.

E le luci metropolitane ,di cui ha solo sentito narrare nei racconti degli adulti, lo attirano più che le mosche sul miele.

Grazie a fortunose coincidenze riesce, tuttavia, in pochissimo tempo, a trovare un’accettabile sistemazione. Soprattutto quella che si definisce una sistemazione onesta.

 E incontra, il nostro Josua, anche una bella ragazza di cui s’innamora ricambiato.

Debora è il suo nome e con lei  Josua sogna di costruire assieme un avvenire e , naturalmente, una famiglia.

Ma le contraddizioni che Josua porta con sé da sempre, oltre che a minare nel giro di poco tempo l’intesa, e quindi il rapporto tra i due innamorati, rendono, cosa ancora più grave,  il giovane vittima di un errore che poi, purtroppo, gli sarà fatale per l’intera vita.

Questo romanzo breve, per altro di lettura agevole, intende esemplificare gli squilibri prodotti dallo sfaldamento dell’assetto tribale in un Paese come ,appunto, il Kenya e dall’irruzione incontrollata e incontrollabile del consumismo occidentale che, manco a dirlo, riesce a fare le sue vittime proprio perché cade su di un “terreno” che più ingenuo e sprovveduto  di così non potrebbe essere.

E noi, che quegli anni li abbiamo vissuti, e anche oltrepassati da un bel po’, non possiamo non convenire con il messaggio lanciato, specie se guardiamo  all’oggi dell’Africa.

Un’Africa (e non solo in Kenya) nei cui contesti è arrivata successivamente, insieme alla modernità malintesa, anche la peste dell’aids che, sommata a siccità ricorrenti, a carestie e a malattie endemiche, già presenti di suo, lascia certo poco margine al sorriso.

E poi ci sono, ancora oggi, le guerre e, il male dei mali, la corruzione dei politici, difficilissima da scrollarsi di dosso.

Le reiterate guerre seminano morte tanto da far pensare,anche se così non è, che le vite umane in Africa valgano meno che uno zero.

La corruzione, invece, ancora peggio, è pari ad una “mignatta”, quella del  cosiddetto cerusico di una volta che, con la scusa di fare stare meglio il malato, intanto lo dissanguava.

Infatti è notizia di ieri che, proprio in tema di morti, a ritmo crescente per le più assurde controversie, e sopratutto di corruzione, in Liberia, paese già martoriato da una lunga guerra e da una dittatura abbastanza recente, Leymah Gbowee,la scrittrice, di cui tutti abbiamo letto “Grande sia il nostro potere”, premio Nobel per la Pace insieme a Ellen Johnson Sirleaf, la Presidente donna dell’attuale Liberia, ha alzato la voce per denunciare l’ immobilismo nel suo Paese dopo tante  parole e tante promesse della classe politica in sella.

Ecco, allora, oggi come ieri,  che c’è ancora tanto da fare per convogliare in Africa solo il positivo della  cosiddetta modernità e del progresso.

Di questo occorre profonda consapevolezza da parte loro e nostra.

Leggere “Debora addio”  può essere  ,e per me  lo è stato, lo spunto per un confronto,che fa comprendere, guardando al passato, l’impegno attuale, necessario e indispensabile, in primis degli stessi africani, e poi di coloro che amano l’Africa, perché le cose necessariamente cambino e, magari anche piuttosto in fretta.

E’ un libro che non si trova in libreria,perché facente parte della collana di Jambo Africa,quella voluta, anni addietro, da p.John Bonzanino e scritto da p. Giovanni Tebaldi (IMC).

Missionari entrambi decisamente innamorati dell’Africa.

Perché essere missionari è anche questo. Raccontare in presa diretta il vissuto quotidiano  del contesto in cui si spende la propria esistenza generosamente per amore dei fratelli meno fortunati.

E non è mai assistenzialismo o profitto personale. Quelle, siatene pur certi, sono modalità che appartengono ad altri mondi.

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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