L’ordinanza n. 27008/2013 della Corte di Cassazione ha precisato che la Pubblica Amministrazione deve motivare l’attribuzione della nuova rendita catastale difforme rispetto ai dati forniti dal contribuente. La pena è la nullità della richiesta.
La Cassazione ha analizzato un caso in cui le motivazioni a origine dell’atto impositivo non indicavano i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della decisione dell’amministrazione. Di qui la sentenza, che respinge il ricorso dell’Agenzia del territorio che aveva variato la rendita di un immobile di Mestre adibito a propria sede a seguito di lavori di ristrutturazione (in principio era una banca).
La Cassazione ha evidenziato: “Sussiste un obbligo dell’Amministrazione di sorreggere con adeguata motivazione ogni atto con cui accerti un quid di fiscalmente rilevante”. Nel caso in cui l’amministrazione operi su dati forniti dal contribuente o comunque già definiti fra le parti, non occorre alcuna motivazione.
Per quanto riguarda l’attribuzione di una rendita catastale per “stima diretta”, l’ammontare della rendita medesima discende dal valore attribuito al bene, osserva la suprema Corte.
“La mera indicazione di una diversa valutazione rispetto a quella proposta dal contribuente costituisce quindi il dispositivo dell’atto e non la motivazione”, che deve invece mettere in chiaro i criteri e gli elementi che determinano la mancata accettazione delle indicazioni del contribuente.